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Giodo: il vino di (e non solo fatto da) Carlo Ferrini

Giodo: il vino di (e non solo fatto da) Carlo Ferrini

Montalcino (Giodo) ed Etna (Alberelli di Giodo): sono questi i due luoghi scelti dall’enologo toscano per le etichette “di famiglia”. Assaggiamo Carricante, Nerello Mascalese e Sangiovese in più versioni.

Toscano è toscano, non c’è che dire: Carlo Ferrini ne ha per tutti. Racconta in pillole i suoi oltre 40 anni di attività, in tutta Italia; talvolta lascia in sospeso un commento, abbassa lo sguardo e sussurra «no, lasciamo perdere, questo non lo posso dire». Di sicuro, ne ha viste di mode passare e sa fare autocritica, che per un enologo di fama non è ovvio. Si dispiace, ad esempio, di aver esagerato con le barrique e le concentrazioni, quando il mercato cercava quello stile. La figlia Bianca, presente al pranzo nel centro di Milano, si occupa dell’azienda di famiglia e non è al riparo dai lazzi paterni, ma sa difendersi con sguardi eloquenti. Lui, sotto gli iconici baffi, sorride.

Carlo Ferrini alla degustazione di Milano

Giodo, tutta la passione di Carlo Ferrini per il Sangiovese

Giodo (nel nome un omaggio ai genitori Giovanna e Donatello) è un piccolo podere a Montalcino, acquistato nel 2009, con cantina di vinificazione ultimata nel 2021 e una casa colonica ristrutturata. Sei ettari di vigna, che non sono pochi nel mondo del Brunello. Si trova tra Sant’Angelo in Colle e Sant’Antimo. Agli inizi del Duemila, Carlo Ferrini cercava il suo angolo in Toscana, finché non è cascato in un luogo meraviglioso, tre ettari di vigna nascosti in dieci di bosco. Vi pianta i migliori cloni di Sangiovese sperimentati nel Chianti Classico «e ci ho messo tutto ciò che potevo sapere di Sangiovese», tiene a rimarcare.
«Quando dopo 43 anni di vinificazioni per gli altri e solo per gli altri, ho pensato a una vigna», ricorda, «sono partito naturalmente pensando al mio primo grande amore, il Sangiovese». Dopo qualche anno, però, e numerosi viaggi in Sicilia e sull’Etna per seguire le attività dei clienti, non resiste al fascino del vulcano e dei suoi vitigni autoctoni, Nerello Mascalese e Carricante.

Al ristorante Pellico 9, interno all’hotel Hyatt di Milano, assaggiamo i vini di entrambe le tenute, in diverse annate scelte anche tra quelle che qualcuno definisce “piccole”, per rendersi conto del potenziale di certe bottiglie.

La degustazione

Alberelli di Giodo, Sicilia Carricante Doc 2021

Vinificazione in acciaio, un anno di affinamento bottiglia.
È giovane e scalpitante, dall’intensa nota di iodio, cui segue l’albicocca fresca. In bocca vibrante e profondo.

Alberelli di Giodo, Sicilia Nerello Mascalese Doc 2018

Nasce in contrada Passopisciaro, tra i 700 a 1.000 metri.
«Non è un Etna Doc», spiega Carlo Ferrini, «perché un terzo della vigna, a mille metri, è fuori dalla Denominazione…» ed è uno di quei casi in cui sospira, abbassa lo sguardo e sussurra «no, lasciamo perdere, questo non lo posso dire». Il vino è di grande espressività, sa di spezie, incenso, prugna matura. In bocca la trama del tannino è nobile, ottima l’acidità. «Perdonatemi se ho scelto la discussa 2018, annata piccola. Ma l’ho portata apposta». Ha fatto bene. 

Alberelli di Giodo, Sicilia Nerello Mascalese Doc 2020

Annata importante, si sente subito dall’ampiezza del profumo e dallo spessore del tessuto gustativo. Al naso propone spezie dolci, nota fumé ancora intensa, fragole, suggestioni orientali. Il frutto in bocca è ancora fresco, ha tannino deciso e notevole lunghezza.
«L’Etna è il mio secondo amore», ammette Ferrini, «da quando mi sono trovato dinanzi a quel terreno, alla lava, ad alberelli di 50-70 anni, con due grappoli per pianta: monumenti».

La Quinta, Toscana Rosso Igt 2018

Un Brunello, o forse un Rosso di Montalcino al quale manca «il pezzo di carta», sostiene Ferrini. È a Montalcino, ma fuori dalla Denominazione, ed è un vigneto giovane. Ma è un bel vino: al naso è delicato con scorza d’arancia, ciliegia matura, spezie dolci. In bocca ha la verve ilcinese, tannino astringente, tocco di liquirizia, profondità e finezza.

La Quinta, Toscana Rosso Igt 2020

Anche a Montalcino la 20 è in tono maggiore rispetto alla 18. Intense le spezie, il succo di amarena, la mora matura. Il palato è disteso, il tannino smussato, il frutto vivace e profondo. Succoso.

Giodo, Brunello di Montalcino Docg 2015

Un grande Brunello, ampio, possente, ma anche caldo e avvolgente. Si sentono la marasca, le spezie dolci, prugna matura, tabacchi. Al palato è rotondo, pieno, con tannino setoso, retrogusto di cuoio e tostature, twist finalissimo leggermente verde che dona freschezza e aiuta la beva.  

Giodo, Brunello di Montalcino Docg 2016

Versione di Brunello con turbo, maturo, con note di marmellata di amarena e altri frutti rossi, ricchezza di spezie, lunghezza sul finale.

Giodo, Brunello di Montalcino Docg 2018

Frutto rosso davvero brillante, spettro ampio, al palato sfoggia un tannino preciso, è molto persistente, elegante. Molto contemporaneo. La nuova annata, già criticata da alcuni, potrebbe riservare piacevoli sorprese. Commenta Ferrini, senza farsi sconti: «È la classica annata buona. È lo studente che viaggia tra il 7 e l’8. Se lo sostieni un po’ arriva al 9. Difficilmente al 10».

Foto di apertura: Giodo si estende su sei ettari di vigna a Montalcino, tra Sant’Angelo in Colle e Sant’Antimo

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© Riproduzione riservata - 07/11/2022

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