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Feudo Arancio, la rinascita di Hedonis Riserva

Feudo Arancio, la rinascita di Hedonis Riserva

Il rosso da Nero d’Avola dell’azienda siciliana del Gruppo Mezzacorona si rinnova nel packaging e nella filosofia produttiva. Solo le uve dei migliori vigneti di Sambuca danno vita a questo rosso ricco ed elegante. Dopo le novità dei freschi Tinchitè Bianco e Rosé, a breve uscirà il passito Hekate rivisitato.

Non è una novità assoluta, ma è una novità importante per l’azienda che lo produce e per i consumatori. Dopo cinque anni di gestazione è arrivato, infatti, sul mercato il nuovo Hedonis Riserva, fiore all’occhiello della siciliana Feudo Arancio . Si tratta di un’emblematica espressione del vitigno principe a bacca rossa dell’isola: il Nero d’Avola. Uscito per la prima volta nel 2008 con la vendemmia 2005, Hedonis Riserva è stato oggetto di un profondo restyling che ha interessato non solo il packaging, ma soprattutto la filosofia produttiva tendente al miglioramento della qualità del vino.

 

La bottiglia di Hedonis Riserva

 

Obiettivo: valorizzare le uve autoctone

«Da anni Feudo Arancio affina le proprie tecniche di coltivazione per permettere alle uve autoctone presenti nei nostri vigneti di Sambuca di Sicilia e di Acate di esprimersi al meglio e raggiungere vertici qualitativi d’eccellenza», spiega Davide Semenzato, brand ambassador del Gruppo Mezzacorona, che controlla il marchio siciliano. Ed ecco che per produrre Hedonis sono stati selezionati vigneti con orientamento ovest-est su terreni ricchi e leggermente argillosi.Vendemmiate di norma verso la metà di settembre, le uve Nero d’Avola destinate a questo vino sono oggetto di una doppia fase di lavorazione.

Due le fasi di lavorazione

Una prima parte è sottoposta a fermentazione e macerazione alcolica per circa 15-18 giorni con ripetuti rimontaggi per estrarre il colore e la componente tannica. Dopo la malolattica il vino matura in barrique nuove di rovere francese e americano per 18-20 mesi. La seconda parte è sottoposta ad appassimento in cella, con controllo della temperatura e umidità, per circa 40-45 giorni fino alla perdita di circa il 40% del peso. Dopo fermentazione e macerazione alcolica di circa 15 giorni, il vino ottenuto dall’appassimento viene conservato in acciaio per 18-20 mesi. Alla fine della maturazione il 50% del vino che ha sostato in barrique viene unito con il 50% di vino ottenuto da appassimento creando così un connubio aromatico distintivo, ricco ed elegante.

 

La barricaia

 

Un vino versatile e piacevole

Il risultato è un vino dal profilo aromatico ampio. Si va dalle note di frutta rossa appassita, alle spezie dolci, fino a vaniglia, mandorla e tabacco. In bocca ha una struttura possente ma vellutata, con tannini morbidi e dolci. Hedonis Riserva è indicato per un ampio ventaglio di abbinamenti gastronomici, che vanno dai sughi ricchi e speziati alle carni rosse alla griglia fino ai pesci al forno e naturalmente ai formaggi a pasta dura stagionati.

Restyling anche per Hekate, passito naturale

Feudo Arancio ha in serbo anche un’altra novità, sempre in ambito restyling, che interesserà presto un altro vino top aziendale. Si tratta del passito naturale Hekate, prodotto da Moscato d’Alessandria, Grillo e Inzolia. Le uve sono raccolte dopo attenta selezione in vigna, fermentate per 10 giorni cui segue la maturazione del mosto sui lieviti per 5 mesi. Vino da dessert e meditazione, Hekate sprigiona aromi fruttati e spiccatamente tropicali con un finale agrumato. Per questo vino, oltre a una nuova etichetta, cambierà anche il formato che passerà da 500 ml a 375 ml. L’uscita sul mercato è prevista nei prossimi mesi.

Le uve in appassimento per il passito Hekate

750 ettari per due tenute modello

Grazie a questi vini che rappresentano i fiori all’occhiello dell’azienda, così come agli altri appartenenti alle varie linee (tradizionali, autoctoni, da vitigni internazionali, ecc.), in pochi anni Feudo Arancio si è affermata come una delle più importanti realtà della vitivinicoltura siciliana. Nel 2001 l’acquisizione di terreni a Sambuca di Sicilia (Agrigento) e nel 2002 ad Acate (Ragusa) hanno prodotto una superficie vitata di circa 750 ettari, tra le più estese dell’isola. Due tenute modello lungo le ventilate coste meridionali dove sono coltivate varietà autoctone e internazionali. Le cantine sono costruite secondo la tradizionale struttura del baglio siciliano. La produzione annua è di circa 6 milioni di bottiglie distribuite in 60 Paesi.

La nuova linea Tinchitè

Per quanto riguarda l’andamento commerciale, «stiamo vendendo molto bene in Italia e anche all’estero», continua Semenzato, «dove cerchiamo di valorizzare al massimo la Sicilia nel suo insieme. In quest’ottica si inseriscono le recenti uscite di due vini leggermente frizzanti prodotti nei vigneti di Acate: Tinchitè Bianco (da uve Grillo) e Tinchitè Rosé (Frappato). Vini da vendemmia leggermente anticipata con i quali abbiamo inteso far degustare la Sicilia in maniera più fresca e vivace».

Vini che nascono in un contesto unico

Feudo Arancio va orgoglioso non soltanto dei propri vini, ma anche del contesto in cui questi nascono. «Intanto occorre dire», aggiunge Semenzato, «che siamo stati la prima Cantina in Italia a ottenere nel 2002 la certificazione EMAS 2, Eco-Management and Audit Scheme, strumento volontario creato dall’Unione Europea per la gestione e certificazione ambientale. Grazie a un sistema di miglioramento continuo sull’intero ciclo produttivo, certificato UNI-EN-ISO 14001, realizziamo infatti un modello di viticoltura amica e guardiana dell’ambiente».

L’impegno per la sostenibilità

Dalla riduzione dei trattamenti chimici alla produzione in proprio di energia elettrica, dalla costituzione di ben sette laghi artificiali per l’approvvigionamento idrico fino alla minuziosa raccolta differenziata per il riciclaggio dei rifiuti. Sono queste le linee che da tempo l’azienda siciliana ha intrapreso nell’ambito della sostenibilità. Un’azione che si ricollega al “Bilancio di Sostenibilità” del Gruppo Mezzacorona. Questa è la prima azienda del settore vitivinicolo a pubblicarlo rispettando lo standard GRI (Global Reporting Initiative), seguendo l’esempio di altre imprese della ristorazione e del food.

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 5/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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© Riproduzione riservata - 12/11/2018

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