In Italia In Italia Alessandro Torcoli

Storie di vigna. Elisa, il Moscato Infinito e il giorno che le cambiò la vita

Storie di vigna. Elisa, il Moscato Infinito e il giorno che le cambiò la vita

Questa volta, lo ammettiamo, la storia non nasce in una vigna. È più una storia da lounge. Milano, Château Monfort. Lusso cosmopolita. Mi aspettavo di incontrare solo Gianluca Bisol, uno dei prìncipi del Prosecco Superiore Docg, e invece si presenta anche Elisa Dilavanzo, donna che conosciamo da qualche anno, la signora del Fior d’Arancio di Maeli.

L’incontro con Gianluca Bisol ed Elisa Dilavanzo

Una degustazione o un’intervista programmata non raggiungeranno mai le profondità di una conversazione che sgorga spontanea, imprevista, nel momento in cui sbotta il tappo dello spumante. Gianluca stappa la nuova annata del suo Vigneti del Fol, egregio Prosecco “cru”, riempie i calici e si allontana per rispondere a una telefonata. Siamo soli, si fa per dire: al centro della lounge che appare come un teatrino di varietà.

Ben oltre Miss Italia

Elisa viene spesso citata dai media con l’accento posto sul suo passato di finalista a Miss Italia, e anche a Miss Universo, o per aver vinto il concorso “Charme Sommelier”. Eppure a me Elisa Dilavanzo, nei frettolosi incontri di questi mesi, è sempre parsa tutto fuorché una donna di spettacolo, ma piuttosto una rodigina riservata e pensierosa. Ho pensato dunque di rompere il ghiaccio, e di indagare sulla sua storia. Per capire.

Entrare nel mondo del vino

Come è entrata in questo mondo? Era una faccenda di famiglia? «No, per niente. Se ti appassioni al vino e sei un semplice sommelier Ais,  come puoi entrare in questo settore?», mi chiede. E trovo l’interrogativo interessante, considerato il proliferare di corsi e di diplomati che si illudono sia facile inventarsi un mestiere in questo mondo. «Devi vendere! E io mi sono messa a vendere vino. Francese…».

Elisa Dilavanzo

Il destino cambia all’improvviso

In occasione di un appuntamento con il food&beverage manager di un hotel cinque stelle fu messa alla porta («mi spiace, è andato via. Ripassi…»), ma lei caparbiamente attese fino a che non l’accolse il direttore dell’albergo, e il suo destino cambiò. Lei gli spiega per mezz’ora di filato pregi di Borgogna e Champagne. Lui la lascia parlare. Poi le dice: «Guardi, io sono astemio, ma lei è così preparata e entusiasta che vorrei parlarle delle vigne che ho rilevato con un socio».

Comincia l’avventura in vigna

I vigneti si trovano sui Colli Euganei, a Luvigliano di Torreglia (Padova). È la sua terra, e lei non resiste. Vigne vecchie, alcune completamente coperte dalla vegetazione. Elisa stava entrando nel vivo dell’avventura vinicola… ma si doveva occupare di tutto, 18 ore al giorno. Ripulisce il terreno, pota, pianta, e quando va in crisi, perché in fondo non è una tecnica, si fa letteralmente teleguidare dall’enologo, via webcam. Infatti il consulente dell’azienda sta con un piede in Italia e con l’altro in Argentina.

La battaglia per il Moscato Giallo

Questi ha anche l’idea di piantare tutto a Malbec e Petit Verdot… Lei vuole preservare il Moscato Giallo. «Un vino da donne, da non bevitori!» sostiene lui. «Il 90% della popolazione», risponde lei. «Ma in realtà la storia è un’altra». Lei ama quel vitigno. È il “suo”. Ne apprezza la diversità, la sapidità, la complessità. Quando i padroni si rendono conto che dovranno passare anni per incassare i primi “schei” dai rossi che stanno affinando in cantina… gettano la spugna, vogliono vendere. Elisa si presenta all’amico Gianluca Bisol, come sempre, per un saluto al Vinitaly. Ma questa volta non è radiosa come al suo solito. Lei le confida la sua delusione, per questa favola che sta per finire.

Il lieto fine

Gianluca e il fratello Desiderio, enologo che aveva potuto apprezzare la complessità dei vini dei Colli Euganei, ci pensano su. Un giorno chiamano per un’improvvisata in azienda. Lei è in vigna inzaccherata fino alle punte dei capelli. Si sistema al volo, prepara una degustazione centrata sul Moscato Fior d’Arancio. Loro assaggiano, apprezzano ma soprattutto osservano il paesaggio, incantevole. E decidono che l’azienda dev’essere salvata. Gianluca e Desiderio acquistano il 35% delle quota cadauno, Elisa rileva il 29 e cede un 1% simbolico alla ragazza poco più che ventenne che con abnegazione l’aveva sostenuta sino a quel momento. Comincia l’avventura, e il Moscato dei Colli Euganei prende tutte le sue forme: metodo Charmat, ma anche Classico, passito. E secco.

Il Moscato secco Infinito. Da incorniciare

Gianluca è tornato tra noi e nel frattempo, svuotata la bottiglia del suo Prosecco, serve l’Infinito, ossia il Moscato secco di Maeli e di Elisa Dilavanzo (leggi la scheda tecnica). Il vino di cui desidero parlare e per il quale ho cominciato a scrivere questa storia: è un vento che spira da Bisanzio a Venezia e si concentra sulle rocce vulcaniche dei Colli Euganei, conturbante, dorato, con essenza di sandalo e petalo di rosa, frutti tropicali e giardini d’agrumi, arance e limoni. Avvolgente, ma fresco, aromatico ma roccioso e profondo. Un bianco da incorniciare.

Pausa.

A proposito di Miss Italia, dello charme eccetera. «Ma le vedi le mie mani?», mi riscuote Elisa mentre penso all’Infinito, il vino. «Ti sembrano le mani di una signora?». Mani tese, energiche, con un solo sobrio anello al dito. Mani forti. E le ore di lavoro da diciotto son diventate ventiquattro, ma che importa? Elisa sta comunque vivendo il suo sogno. C’è chi si vede principessa, chi velina e chi vignaiola.

 

Leggi le altre storie di vigna di Alessandro Torcoli

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© Riproduzione riservata - 29/01/2017

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