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Doc Lago di Caldaro: tre interpretazioni della zona classica  

Doc Lago di Caldaro: tre interpretazioni della zona classica  

Le scelte agronomiche ed enologiche di Cantina Kaltern, Manincor e Klosterhof, tra i maggiori protagonisti del territorio, che hanno deciso di puntare sul potenziale della Schiava, uva autoctona che sta ritornando in auge per la sua beva rinfrescante, poco alcolica e moderna

Come vi abbiamo già raccontato nell’articolo uscito la scorsa settimana, oggi si punta alla valorizzazione dell’area storica del distretto del Lago di Caldaro, valutando anche l’introduzione di un’Uga (Unità geografica aggiuntiva), che dovrebbe chiamarsi Spiegel (specchio in italiano) all’interno della macro denominazione Alto Adige Doc. L’obiettivo è sottolineare l’identità culturale e geografica della zona classica, ovvero i vigneti più vicini al bacino lacustre, che si riflettono direttamente nelle sue acque. Tra le aziende maggiormente impegnate in questa direzione ci sono Cantina Kaltern, Manincor e Klosterhof, che hanno scelto di investire sulla Schiava, vino contemporaneo, che incontra il piacere dei consumatori alla ricerca di rossi dalla beva rinfrescante, poco strutturati e dalla gradazione alcolica bassa.

Thomas Scarizuola, enologo di Cantina Kaltern

Le sperimentazioni di Cantina Kaltern

Dopo la fusione con Erste+Neue nel 2016, Cantina Kaltern è la più grande cooperativa dell’Alto Adige. Fondata nel 1900 a Caldaro, produce un terzo della Doc (circa 350.000 bottiglie su un totale di 3,5 milioni). Dei 430 ettari complessivi, 59 sono nella Doc, di cui uno a biologico. «Il lago di Caldaro Doc», racconta l’enologo Thomas Scarizuola, «è il vino più sentito sia in azienda sia in paese, è la nostra tradizione ed è parte del quotidiano. Ma è un vino di cuore più che di numeri». Scarizuola sta sperimentando sulla Schiava, vinificando separatamente, provando ad aggiungere i raspi per dare più profondità. Un cru in edizione limitata è una delle idee per il futuro. Il loro Classico Superiore Quintessenz 2023, da vigne tra i 30 e i 70 anni, affinato in cemento e botti grandi, è fruttato, elegante e offre una beva fresca e piacevole, seppur non troppo leggera.

Caldaro Cantine
Kassian Goess Enzenberg di Manincor

L’evoluzione di Manincor

Quando il conte Michael Goëss-Enzenberg decide di trasferirsi con la famiglia nella residenza storica di Manincor a Caldaro nel 1991, trova solo vigne di Schiava. Nel 1996 fonda l’azienda e esce con la prima annata di Classico Superiore Der Keil. Dei 52 ettari, 40 sono a Caldaro e 12 a Terlano e l’azienda è biodinamica dal 2006. Ad oggi producono una sola etichetta di Lago di Caldaro, che rappresenta il 6% del totale delle 400.000 bottiglie. «Credo molto nel potenziale della Schiava a Caldaro», commenta il figlio Kassian, «penso che si possa lavorare ancora per aumentare la qualità e il percepito. È un vino moderno, che piace, eppure non c’è molta richiesta, probabilmente perché è poco conosciuto fuori dall’Alto Adige, ma negli Usa, per esempio, funziona bene». Tornato in Manincor dopo 10 anni di altre esperienze formative, Kassian prenderà le redini aziendali nel 2026, a 30 anni, sempre coadiuvato dai genitori. Abbiamo assaggiato il Classico Superiore Der Keil 2024, da un cru situato a 250 metri di vigne a pergola centenarie su suoli calcarei e argillo-sabbiosi che affina 8 mesi in botte grande. Pur essendo giovane, i sentori fruttati con cenni di erbe alpine sono fragranti mentre il sorso è succulento, dai tannini fini e dalla beva epicurea.

Hannes Andergassen di Klosterhof

L’identità secondo Klosterhof

«La Schiava a Caldaro», afferma il trentasettenne Hannes Andergassen di Klosterhof, azienda di 5 ettari e 35.000 bottiglie prodotte, «rappresenta la nostra storia, la nostra identità. Abbiamo lavorato molto per alzare il livello e continuiamo a innovare». Hannes ha piantato un vigneto sperimentale con 10 varietà, convinto che occorra selezionare differenti cloni di Schiava, ma anche altri vitigni compatibili, come si faceva un tempo. Hannes lavora senza solforosa, partendo da un pied de cuve. Nei nuovi vigneti ha sostituito il portainnesto e spinge la comunità a riflettere anche su questo tema, in ragione del cambiamento climatico. Inoltre ha iniziato a piantare più fitto per valutare cosa comporta la competizione tra piante più vicine.

Scelte fondamentali in vigna e cantina

«È fondamentale individuare il momento esatto per vendemmiare», spiega il produttore, «perché bisogna avere l’acidità giusta, elemento che di prassi è debole nella Schiava. Così si può imbottigliare dopo, lasciando un tempo di sosta sui lieviti e in legno, che aiuta il vino a evolvere anche dopo qualche anno, andando oltre il consumo d’annata». Un esempio chiaro della sua filosofia è il Caldaro Classico Plantaditsch 2022, da una vigna messa a dimora dal bisnonno, con viti di 90 anni e altre più giovani, perché ogni generazione (Hannes è la quarta) ha piantato Schiava in questo cru. Il vino, con un 10% di uva intera, affina in grandi tini di legno per 8 mesi. Colpisce all’assaggio non solo per i fragranti e tipici sentori di frutta rossa e floreali, ma anche per succosità, freschezza, vena sapida e il sorso più profondo, che spinge alla beva.

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