Dalla A di Amarone alla B di Brunello, una degustazione esclusiva dell’annata 2010
Amarone della Valpolicella e Brunello di Montalcino; due storie e due esperienze sensoriali molto diverse, ma una vocazione unica a tenere alto nel mondo il nome e il valore del made in Italy enologico.
L’uno ricco di aromi di frutta matura e di spezie, l’altro austero e di grande eleganza. I due grandi vini rossi nazionali si sono confrontati, o meglio raccontati, a tavola a Verona su iniziativa dell’associazione Le Famiglie Storiche, sodalizio costituito nel 2009 tra tredici aziende con l’obiettivo di valorizzare l’identità della Valpolicella e dell’Amarone.
L’incontro tra Veneto e Toscana
L’associazione, attualmente presieduta da Alberto Zenato, riunisce oggi tredici aziende famigliari che da più generazioni producono in continuità: Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato. Insieme a loro, ospiti sulla tavola dell’Antica Bottega del Vino (locale storico nel cuore di Verona proprietà da una decina di anni proprio delle Famiglie), anche tredici produttori di Brunello di Montalcino: Argiano, Biondi Santi, Casanova di Neri, Caprili, Castello Banfi, Col d’Orcia, Le Potazzine, Le Ragnaie, Mastrojanni, Podere Casisano, San Polo, Poggio di Sotto e Val di Cava.
Dalla A alla B: in degustazione 26 grandi rossi del 2010
La degustazione esclusiva dell’annata 2010 denominata “Dalla A alla B” è stata introdotta dal presidente dell’Ais Veneto Marco Aldegheri e dal giornalista Alessandro Regoli, direttore di Winenews. E le ventisei etichette in assaggio hanno messo in evidenza nel bicchiere le grandi capacità dei vitigni che danno origine ad Amarone (Corvina, Rondinella e Molinara soprattutto) e Brunello (Sangiovese) nelle interpretazioni dei singoli produttori non solo delle uve, ma anche del territorio nel suo insieme.
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L’Amarone non è più solo un vino da meditazione
Aldegheri ha smontato lo stereotipo dell’Amarone “rotondo, morbido, alcolico. Non è più questo. «È cresciuto e la preservazione del frutto», ha spiegato il presidente di Ais Veneto, «è l’elemento fondamentale e principale. Spicca poi una speziatura più sofisticata. Oggi è un vino che accompagna bene la cucina e un vino cresce se la cucina del suo territorio cresce!». Una considerazione che ha trovato conferma per i due territori nell’interpretazione di piatti della tradizione (pasta e fagioli con cavolo nero e pane toscano; risotto con Amarone, radicchio e formaggio monte veronese; peposo con polenta morbida) proposti dagli chef Luca Dalla Via, veronese, e Alberto Sabatini, toscano.
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Brunello e Montalcino, legame indissolubile
«Montalcino non sarebbe Montalcino senza il Brunello e viceversa», ha ricordato Regoli. «Un legame che crea la vera essenza di questo grande rosso», ha concluso. Regoli ha poi raccontato come è nato il mito a metà dell’Ottocento, grazie ai nobili Biondi Santi. E siccome 13 Amarone e 13 Brunello forse non bastavano a dare l’idea di cosa sanno dare i territori, il confronto si è concluso con un brindisi a base di Moscadello di Montalcino. Una vendemmia tardiva di uve omonime che rappresenta un altro esempio della tradizione e della territorialità, già noto e citato nelle cronache del Rinascimento.
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