Cosa succede in Oltrepò Pavese

Cosa succede in Oltrepò Pavese

L’areale più importante della Lombardia dal punto di vista quantitativo ha ancora tanti obiettivi da raggiungere e potenzialità inespresse. Non è un caso che due big del vino italiano, recentemente, siano venuti proprio qui a fare acquisti e investimenti. Ci sono poi i mercati esteri da coltivare o la più vicina, ma difficile, piazza di Milano, da conquistare. Quali prospettive per il vino dell’Oltrepò Pavese?

Senza uscire dal suo territorio, esclusivamente con i suoi soli vini, si potrebbe riempire integralmente un’intera carta di un ristorante, dall’aperitivo al dessert, passando praticamente per tutte le tipologie esistenti, potendo scegliere da un notevolissimo album di varietà, sia autoctone che internazionali. Le sue incantevoli colline, che hanno ben poco da invidiare a comprensori ben più quotati e gettonati, si trovano a due passi da Milano, capitale di tante cose, non ultimo anche di un’offerta ristorativa come probabilmente non si è mai vista in nessun’altra città italiana. Storicamente è una delle patrie più importanti in Europa, per ettari vitati, di uno dei vitigni più nobili e con i quali migliaia di viticoltori vogliono prima o poi confrontarsi.
Potremmo andare avanti per un bel po’ ad elencare le peculiarità che contraddistinguono l’Oltrepò Pavese del vino: per alcuni un‘eterna promessa, per altri solo il polmone quantitativo più importante della Lombardia. Per i più attenti, in realtà, uno scrigno di territori, storie e tradizioni, che forse ha ancora bisogno del racconto giusto per fargli trovare le luci della ribalta come meriterebbe e ultimamente ha attirato l’attenzioni di due big del mondo del vino italiano.

Il 2023, un anno impegnativo in vigna

«È stato un anno sfidante per noi, sotto molti punti di vista», ci spiega Gilda Fugazza, produttrice e presidentessa del Consorzio Tutela Oltrepò Pavese, che ci ha dedicato un po’ del suo tempo per fare il punto della situazione di un territorio che custodisce al suo interno 13.500 ettari vitati, 7 denominazioni – 6 Doc e 1 Docg – e che produce mediamente ogni anno, compresi i vini Igt, 75 milioni di bottiglie, pari a circa il 65% della produzione lombarda. Un dedalo di varietà che vede in cima Croatina (3.900 ha), Barbera (3.000 ha), Pinot nero (2.800 ha), Riesling (1.500 ha) e Moscato (500), ma che vede al tempo stesso la presenza di tantissimi altri vitigni, sia autoctoni che internazionali.
«Il problema della siccità e delle temperature anomale, soprattutto dopo agosto, ci ha ormai portato ad affermare che dobbiamo cambiare qualcosa». Bisogna, secondo Gilda Fugazza, cominciare a rendersi conto con i fatti e non solo a parole, che i cambiamenti climatici impongono un’accelerazione sul fronte dell’innovazione in vigna. «Le buone pratiche hanno bisogno di innovazione. Ci vuole un’attenzione maggiore alla tutela delle fasi fenologiche. Dobbiamo probabilmente imparare a potare in modo diverso perché abbiamo bisogno di maggior copertura fogliare. E abbiamo bisogno di andare più in alto, il nostro territorio può farlo, perché lì dove ci sono climi diversi, abbiamo terreni diversi che magari sopportano maggiormente la siccità».

La lenta, ma continua, crescita della Docg

Tante tipologie, per alcuni troppe, secondo Gilda Fugazza non sono in realtà un limite, ma anzi una risorsa. «È un’opportunità in più, anche se è più complicato da comunicare. Non ritengo sia uno svantaggio, siamo d’altronde un’area composta da 13.500 ettari, quindi dico ben venga che ci siano tante tipologie, altrimenti se ne avessimo una avremmo poi un problema in caso di problemi di mercato. Vanno valutate le dimensioni del nostro territorio». E a proposito di tipologie l’unica Docg presente, quella dedicata al Metodo Classico da Pinot nero (l’Oltrepò Pavese è l’area al mondo più estesa per questa varietà dopo la Borgogna e la Champagne) negli ultimi anni, sebbene su numeri ancora inespressi rispetto al potenziale effettivo, sta crescendo di anno in anno. Nel 2023 il Consorzio prevede un ulteriore aumento del 20% rispetto alle attuali 520 mila bottiglie prodotte, che già nel 2021 erano aumentate a doppia cifra.

Le bollicine, un’opportunità da sfruttare

«Le bollicine vivono un’esplosione di consensi e anche noi con la nostra Docg ne beneficiamo, anche se con numeri non molto grandi. Sono comunque aumentati i produttori che hanno deciso di stare all’interno dell’alveo della Docg. Le bollicine piacciono ai giovani e non rappresentano una tipologia solo per esperti». L’offerta di Metodo Classico, in effetti, è ampia in Oltrepò, anche rimanendo all’interno della sola Docg. Gli esempi da citare sarebbero molti: ci piace evidenziare le bollicine prodotte da Conte Vistarino, nome intimamente legato al Pinot nero dato che il Conte Augusto Giorgi di Vistarino fu il primo a importarlo qui dalla Francia.
Il Metodo Classico Docg Dosaggio Zero 1865 è dedicato alla sua memoria. Il disciplinare, inoltre, prevede anche la tipologia Cruasé, nata nel 2009 e che, nel suo nome, fonde “cru” e “rosé”, indicando, quindi, l’universo rosa delle bollicine ottenute con il Pinot Nero. L’Oltrepò Pavese Docg Pinot nero Spumante Rosé Cruasé di Mazzolino è certamente un ottimo rappresentante di questa particolare tipologia che è ancora oggi una nicchia all’interno della variegata offerta di Metodo Classico rosé presente nel territorio.

Oltrepò terra di conquista e investimenti

Nel 2023 c’è stata una campagna acquisti in Oltrepò Pavese come non si vedeva da tempo. La franciacortina Berlucchi ad agosto ha annunciato l’acquisizione di Vigne Olcru della famiglia Brambilla in Valle Versa, che si estende su circa 8 ettari, poi a settembre è stato un altro colosso del vino italiano, la veneta Masi, quotata in Borsa, a prendersi tenuta Casa Re, 13 ettari e un agriturismo annesso, di proprietà della famiglia Casati (closing previsto a gennaio 2024).
Come interpretare queste acquisizioni “esterne” in territorio oltrepadano? «Con grande soddisfazione», è convinta ancora Gilda Fugazza. «Sono due big del mondo del vino che hanno molte conoscenze e possibilità. Se hanno scelto l’Oltrepò Pavese significa che ci credono. È come se qualcuno di importante ci avesse dato un giudizio positivo. Io lo leggo così. Inoltre sia Berlucchi che Masi hanno una penetrazione dei mercati e un’ampiezza commerciale  molto importante che farà conoscere enormemente il marchio Oltrepò Pavese. Sono, quindi, tutte notizie positive».

Focus sull’estero ma anche su… Milano

A proposito di mercati, anche l’export ha rappresentato per il Consorzio un obiettivo da seguire con particolare attenzione. «Le nostre esportazioni hanno ancora molto spazio ed era giusto negli ultimi anni farsi conoscere di più. Abbiamo cercato di individuare alcuni Paesi dove c’erano già alcune aziende: Usa, Giappone, UK ad esempio. Era necessario farlo perché c’è ampio margine». Questo non significa, secondo la presidentessa, mettere in secondo piano la promozione anche in casa propria, a partire da Milano, tanto vicina come distanza, quanto non così facile da conquistare. «È solo a un’ora da noi, ma allo stesso tempo è una delle città più complicate dove proporre vino. Milano è la città della comunicazione, quindi qualsiasi cosa fatta bene qui ha un enorme amplificazione. Ma non siamo solo noi ad avere questo problema».

La comunicazione funziona se il territorio agisce insieme

La comunicazione, quindi, tema spesso affrontato da molti Consorzi, soprattutto in questo periodo, e leva fondamentale per dare una spinta ad un intero territorio. «Abbiamo cercato di collaborare tutti insieme in questi anni, noi, la Camera di Commercio, le Strade del Vino. Ogni ente ha promosso il territorio lavorando insieme e chiedendo la presenza di degli altri in modo che tutti gli eventi avessero il massimo della diffusione». L’unione fa la forza, quindi, sia che si produca un salame o un vino o si promuova un borgo di collina o montagna.
Un esempio vincente, secondo Gilda Fugazza, è stato il Giro d’Italia, che due anni fece tappa a Stradella. «Ci siamo messi tutti insieme e i 35 chilometri del percorso all’interno delle nostre colline hanno portato vantaggio a tutto il territorio, oltre che al vino. Abbiamo chiesto e ottenuto che venissero mantenuti i cartelli del percorso. Se si riesce a lavorare su queste cose unendo le forze i risultati poi si moltiplicano».

Le sfide del futuro: innovazione, ricerca e ancora comunicazione

Il mandato di Gilda Fugazza nel 2024 termina e secondo a presidentessa è vitale presidiare alcuni aspetti, a partire ancora una volta dalla comunicazione. «Ogni anno bisogna fare qualcosa di diverso per aumentare la conoscenza del nostro territorio. Il primo anno la nostra interfaccia non sapeva dov’era l’Oltrepò Pavese e con la cartina in mano glielo abbiamo spiegato durante le degustazioni. Un anno fa abbiamo presentato le perle dell’Oltrepò, cioè le nostre denominazioni, quest’anno ci siamo focalizzati su vini territoriali e il Pinot nero. In futuro bisogna portare avanti questo discorso per far sì che le carte dei vini di Milano, ad esempio, abbiamo sempre più vini del nostro territorio nelle loro carte».
Ci sono poi la ricerca e l’innovazione in vigna, che secondo la Fugazza bisogna portare avanti con partnership con le Università: «Bisogna esplorare il mondo delle buone pratiche da usare in vigna, a partire dall’uso, ad esempio, dei droni nei trattamenti. C’è poi tutto l’universo delle varietà resistenti, dei Piwi. Insomma, il mondo cambia, il clima cambia, dobbiamo attrezzarci per affrontarlo».

Foto di apertura: © L. Rota ed elaborazione grafica di © V. Fovi

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© Riproduzione riservata - 17/01/2024

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