La chiave del successo di un marchio (vinicolo)
Quali sono i fattori che determinano maggiormente il successo a lungo termine di un brand vinicolo?
Alla domanda rispondono Giovanni Geddes da Filicaja (amministratore delegato Frescobaldi, Masseto e Ornellaia), Piero Mastroberardino (produttore e ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Foggia), Mike Veseth (economista, autore della newsletter The Wine Economist). Il quesito della settimana è stato proposto ai candidati Masters of wine (Esame di teoria, paper 3 – business, 2014).
Giovanni Geddes da Filicaja
Caro Alessandro, mi dai veramente poco tempo per risponderti, perciò la mia risposta sarà abbastanza concisa e si riferirà piuttosto ai brand di alto livello. Io sono sempre stato convinto ed ho sempre lavorato per creare valore ai brand di mia gestione. In tutte le categorie di prodotto ci sono dei valori che vengono costruiti in modo diverso secondo i settori.
Al centro le persone
Nel settore del vino di alto ed altissimo valore si deve partire da una chiara visione di dove vogliamo arrivare e del posizionamento dei vini che faranno parte del brand. Possibilmente con una visione a piramide dove il vino top è quello che farà da ombrello (di immagine) agli altri vini. Il territorio, la qualità intrinseca del prodotto, la bellezza del luogo, l’impegno e la dedizione al proprio lavoro e per i collaboratori sono fattori essenziali, in quanto le persone stesse diventano messaggeri e promotori. La denominazione può essere un fattore di riconoscimento, ma anche di appiattimento del valore.
Qualità totale e cura dei dettagli
La gestione del vigneto e della trasformazione da uva a vino e tutta la fase dell’invecchiamento debbono essere gestite con massima attenzione, con grande rispetto della natura e pensando sempre alla sostenibilità di tutti i processi. La creazione del valore, che comincia dal prodotto, deve continuare incrementando la qualità totale attorno al brand. Questo significa che essa non è soltanto nel vino, ma in tutto ciò che si fa in azienda a partire dal packaging, per arrivare al rapporto con il pubblico, con le persone che lavorano con noi, con i nostri importatori e agenti, alla qualità della nostra informazione e anche estetica di tutto quello che avviene in azienda e in tutte le presentazioni. Tutto questo significa una accurata pianificazione del business, delle aree e delle attività da svolgere, che debbono essere in linea con la strategia complessiva.
Il ruolo della comunicazione
La comunicazione è cruciale. In quello che è definito “fine wine” ha un ruolo centrale, ma deve essere molto mirata e attenta, e può essere anche aspirazionale, cioè quella che colpisce un target più vasto di quello dei potenziali acquirenti, ma che frequentano lo stesso giro e riconoscono nel vino un gesto importante nei loro confronti. Infine, nel mondo del vino c’è bisogno di tempo e, forse, anche di un pizzico di fortuna, ma questa non è pianificabile.
Piero Mastroberardino
Nel tratteggiare brevemente i fattori che più di altri contribuiscono al successo di un brand del vino – tralasciando deliberatamente quelli che seguono un approccio più empatico che reale – partirei dalla coerenza del posizionamento strategico, in stretta connessione con la solidità o credibilità del medesimo. Provo, negli spazi angusti di questo contributo, a declinare tali requisiti basilari analizzando, a contrario, ciò che li allontana da standard accettabili.
Ricerca della distinzione, contro gli stereotipi
La sfida più rilevante, in un comparto produttivo che tende a conformare fortemente i processi di comunicazione attorno a stereotipi fin troppo ricorrenti, consiste nella capacità di mantenere attorno al marchio un’immagine che sia percepita come distintiva. Riuscire a vestire la marca di caratteri di forte differenziazione rispetto alla norma dei concorrenti rappresenta la più importante assicurazione contro i rischi da “oceano rosso”, ovvero quegli spazi competitivi ad elevata congestione di offerte similari, definiti in base ai medesimi fattori identificativi, che finiscono per tramutarsi in luoghi comuni (il vino buono si fa in vigna, ne produco poco e non mi basta a soddisfare la richiesta, il territorio prima di tutto, siamo un’azienda storica, …). Quello spazio dell’arena competitiva, essendo il più frequentato ed omogeneo, alimenta una rincorsa alla price competition che contribuisce negativamente alla creazione di valore nella filiera.
Serve autenticità, non storie prese in prestito
Alcuni di questi caratteri, tuttavia, recuperano una concreta valenza comunicativa quando riescono a superare la soglia del rumore in forza di una spiccata credibilità o auto-evidenza. Così, non basta affermare che un brand ha storia se questa è vantata sulla base di informazioni precarie e non documentate, o su storie altrui incamerate nella propria per protendere l’asse dei tempi verso il passato. Né è sufficiente proclamare il senso di attaccamento al territorio se le condotte non sono coerenti con gli annunci, se i propri sforzi e investimenti si dimostrano divergenti rispetto all’area di produzione nella quale si ricerca identificazione, o se la gamma dei prodotti svela orientamenti verso vini privi di un reale radicamento territoriale.
Bisogna cercare zone inesplorate
Dunque, la definizione che propongo per l’individuazione dei fattori critici di successo di un brand del vino scaturisce dall’esame di ciò che sospinge l’impresa fuori da aree del tipo “oceano blu”, che frena cioè la ricerca di vuoti d’offerta, di zone inesplorate, oltreconfine, relegando la marca entro spazi competitivi già intensamente presidiati.
Non è semplice, in un mondo classico come il vino, ove tanti sentieri sono stati già battuti. E forse questo è ciò che più affascina nella formulazione di una strategia in questo comparto.
Per tutto il resto c’è… la creatività e l’inesauribile vis imprenditiva degli uomini del vino.
Mike Veseth
Tolstoj nell’incipit di Anna Karenina ha scritto che tutte le famiglie felici sono uguali, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Questa intuizione può essere applicata ai marchi vinicoli di successo e senza successo? Forse è una storia un po’ troppo lunga, ma provo a spiegarmi in breve.
Il successo è armonia con il consumatore
Il successo di un marchio vinicolo, in realtà, non riguarda davvero il prodotto in sé, ma le persone che lo acquistano e lo bevono. Colpisce la nota armoniosa che risuona in un particolare gruppo di consumatori e stabilisce una connessione duratura. Dal momento che le persone differiscono in molti modi (il loro gusto nel vino è solo uno dei fattori), ha senso che anche le marche di vino di successo siano disponibili in molti tipi e stili diversi. Barefoot Cellars di Gallo, uno dei marchi commerciali di maggior successo negli Stati Uniti, ci dice di lasciarci andare ed essere felici. Non pensare troppo a questa cosa del vino. Le etichette degli artisti di Chateau Mouton-Rothschild, d’altra parte, parlano di alta cultura e ispirazione. I vini e i marchi non potrebbero essere più diversi. Entrambi durano.
Il problema dell’insuccesso non è la qualità
La particolarità dei marchi del vino senza successo è che non sembrano stabilire una connessione umana. Forse il vino è cattivo, ma questo raramente è il vero problema. Forse sono troppo egocentrici o ingenerosi. Forse c’è dissonanza cognitiva tra ciò che viene detto e ciò che sta pensando l’acquirente. Forse adesso è il momento giusto.
Pensa a una famiglia infelice che conosci (non la tua, spero) e capirai perché alcuni marchi di vino falliscono.
Tag: Frescobaldi, Giovanni Geddes da Filicaja, La Terza Pagina, marchio, marchio vinicolo, Masseto, Mastroberardino, Mike Veseth, Ornellaia, Piero Mastroberardino, the wine economistLa Terza Pagina, storica newsletter di Civiltà del bere, cambia volto.
La “nuova” Terza Pagina sarà dedicata alla cultura del vino e ospiterà opinioni su temi di ampio respiro. Tutto parte da una domanda che il direttore Alessandro Torcoli rivolge a professionisti di fama internazionale. Lo scopo è quello di animare il dibattito attorno a questioni importanti o curiose, per cui, dopo aver letto che cosa ne pensano gli esperti coinvolti, puoi contribuire ad alimentare il dibattito scrivendoci qui.
Per restare aggiornato iscriviti alla newsletter.
© Riproduzione riservata - 26/06/2020