Scienze Scienze Riccardo Oldani

Con la stampa 3D il cibo diventa digitale

Con la stampa 3D il cibo diventa digitale

Da una ventina d’anni la stampa in 3D degli alimenti cerca una sua strada per conquistare il grande pubblico. Con risultati non esaltanti. Ora, in una fase di sviluppo che possiamo ancora definire iniziale, questa tecnologia cerca una nuova strada, legata a una nutrizione equilibrata e al preciso controllo delle quantità.

La stampa 3D, o manifattura additiva, chiamata così perché realizza oggetti depositando strati di materiale uno sopra l’altro, è una tecnologia ormai matura a ogni livello produttivo. Nelle industrie è stata usata per anni per lo sviluppo di prototipi, ma ora si è perfezionata a tal punto da consentire la produzione di piccole serie di prodotti o componenti in tutti i materiali, dalla plastica alla ceramica, dai metalli al cemento. I settori che la utilizzano sono soprattutto quello aeronautico e automobilistico, l’industria orafa, quella dell’arredo e della moda. Perfino l’edilizia.

Cucina additiva

Da tempo si parla anche di stampa 3D per l’alimentare. I primi esperimenti risalgono agli inizi del Duemila e furono condotti negli Stati Uniti. La Columbia University, per esempio, già nel 2005 aveva realizzato, nel suo Creative Machines Lab, una stampante in grado di produrre piatti perfettamente commestibili. Negli anni abbiamo assistito a molti sviluppi. Nel 2015 fu proposta sul mercato, con un notevole battage pubblicitario, Foodini, stampante 3D in grado di gestire diversi ingredienti e di comporli in ricette secondo l’estro degli chef.
Il ristorante stellato La Enoteca di Barcellona, del maestro Paco Pérez, fu il primo a utilizzarla, attirando anche l’attenzione della BBC, che inviò una sua troupe per vederla in funzione (il servizio è ancora visibile online, qui). Nel 2014 Barilla aveva ideato un concorso per ideare nuovi formati di pasta utilizzando la stampa 3D. Ne erano scaturite tre proposte che però non hanno avuto un seguito a livello di produzione. Ma questi sono solo due esempi di tanti che se ne potrebbero citare.

Promesse non mantenute

Nonostante le premesse e le promesse, però, non si è mai verificata una grande diffusione della stampa 3D in ambito gastronomico. Il motivo probabilmente è anche legato ai limiti fisici dello strumento. Per essere estruso dagli ugelli della stampante il preparato alimentare utilizzato deve avere una consistenza fluida. Per questo motivo le stampanti 3D per il food sono state finora utilizzate soprattutto per realizzare mousse o comunque pietanze dalla consistenza morbida, che possono essere anche piacevoli, ma con le quali non si può costruire un menu completo.

Esperimenti in pasticceria

Altri esperimenti riguardano impasti per prodotti lievitati o da forno, a anche per i pancake. Mentre qualche caso di successo si è avuto nel mondo della pasticceria. Un esempio è la Patiss3 dell’azienda francese Digital Pâtisserie, che stampa tartellette rigide da farcire con un composto in polvere che si solidifica dopo la deposizione ed è pronto per essere mangiato. Il software su cui si basa il funzionamento della macchina, necessario per rendere digitale, e quindi intellegibile alla stampante, il disegno del prodotto da realizzare, è stato sviluppato in collaborazione con l’Università di Troyes. Un’altra iniziativa è quella dello Sugar Lab di Los Angeles, che produce dolci, cioccolatini e decorazioni in zucchero di grande bellezza estetica e di buon successo commerciale (a questo link si può vedere un video che illustra la tecnologia).

Una nuova idea in arrivo

Non è un caso, quindi, se ora un gruppo di studiosi della Columbia University abbia pensato proprio a un’applicazione in pasticceria per immaginare un ulteriore sviluppo della stampa 3D alimentare. Ne è nato un nuovo concetto di produzione in linea, che alla stampa additiva aggiunge anche una tecnica di cottura laser per produrre in serie monoporzioni alimentari. Il primo caso sviluppato riguarda una torta, anzi una fetta di torta, costituita da sette ingredienti, tra cui burro di arachidi, marmellata di fragole, Nutella, pure di banana, gelatina alla ciliegia e un impasto per una sfoglia croccante che costituisce la struttura della fetta (l’illustrazione mostra lo schema di produzione).

stampa 3D cibo
Schema della torta sviluppata dagli studiosi della Columbia University che unisce stampa 3D e cottura laser: a) il prodotto finale; b) sezione che mostra l’interno; c) modello 3D; d) sezione virtuale che mostra i vari strati di deposizione degli ingredienti, che sono 1) pasta cracker Graham; 2) burro di arachidi; 3) marmellata di fragole; 4) Nutella; 5) purea di banana; 6) coulis di ciliegia; 7) glassa

Ingredienti tradizionali

Gli studiosi della Columbia hanno sviluppato il processo (illustrato in un articolo sulla rivista Science Food) non tanto per raggiungere volumi di produzione industriale, ma per dimostrare due aspetti. Il primo è che la stampa 3D degli alimenti si può realizzare con normali prodotti sul mercato, perché tutti gli ingredienti arrivano da un negozio di vicinato. Il secondo, e più importante, è che la gestione della ricetta, interamente affidata a un software, consente un controllo del dosaggio degli ingredienti preciso al milligrammo. Con alcuni vantaggi sostanziali, tra cui la costanza e ripetibilità della ricetta ma, soprattutto, il preciso monitoraggio delle calorie, dei grassi e degli zuccheri.

Vantaggi per l’alimentazione e l’ambiente

Ed è proprio in questa direzione che gli esperti vedono il possibile sviluppo della stampa 3D nel mondo alimentare. La fase di lavorazione degli ingredienti, in ogni ricetta, sostengono i ricercatori, altera i loro valori nutritivi, spesso privandoli di sostanze importanti per la nostra salute, come folati, tiammine o vitamina C, che invece la stampa 3D conserverebbe. Il loro processo, inoltre, potrebbe rendere più appetibili alimenti morbidi per tutte le persone che soffrono di disturbi della deglutizione o altri problemi digestivi. E poi la stampa 3D del cibo sarebbe anche più ecosostenibile, con un migliore controllo delle quantità e riduzione degli sprechi.
Tutte belle cose, insomma. Anche se, a pensarci bene, difficilmente potranno decretare il successo e la diffusione su larga scala di questa tecnologia. Prima che in ogni cucina italiana entri una stampante, ci vorrà ancora molto, ma molto tempo.

Foto di apertura: cioccolatini ricoperti a forma di fragola realizzati con tecniche di stampa 3D dallo Sugar Lab di Los Angeles

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© Riproduzione riservata - 21/06/2023

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