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Comitato Conegliano e Valdobbiadene: gli intenti in un Manifesto

4 Settembre 2025 Civiltà del bere Veneto
Comitato Conegliano e Valdobbiadene: gli intenti in un Manifesto

Nata un anno fa, l’associazione ha messo per iscritto gli impegni di difesa e valorizzazione dell’area storico-geografica della Docg. Tra gli obiettivi, la partecipazione attiva al dialogo tra i Consorzi del Prosecco per valorizzare le differenze reciproche e rafforzare la comunicazione delle singole identità

Prima della pausa estiva, avevamo dedicato un articolo a Un’alleanza “ribelle” nella galassia del Prosecco. L’atto finale della “rivolta” è la presentazione ufficiale di un Manifesto per il futuro del Conegliano Valdobbiadene, diffuso a fine luglio dal Comitato Conegliano e Valdobbiadene.
Nato un anno fa dopo il successo del convegno tecnico di Farra di Soligo, oggi il Comitato ha deciso di mettere per iscritto la sua riflessione sulle prospettive per la Docg. Come si legge nel comunicato diffuso a mezzo stampa, il Manifesto si propone come una vera e propria dichiarazione di intenti per la difesa e la valorizzazione della zona geografica storica di Conegliano e Valdobbiadene.

Paesaggio, storia, identità

Queste le parole del coordinatore Maurizio Favrel: «Non abbiamo scritto questo Manifesto per aggiungere un’altra voce al rumore. Lo abbiamo scritto perché oggi è necessario tracciare un confine netto tra chi crede che il territorio sia solo uno sfondo e chi sa che è sostanza, storia, carattere, non solo un nome da proteggere, ma un’identità da riconoscere. Un’identità che si è formata nel tempo, sulle colline, nei libri, nel lavoro, nei nomi delle persone e delle famiglie. Questo Manifesto è il nostro punto fermo, non per chiudere, ma per aprire un dialogo chiaro, libero da ambiguità e scorciatoie. Chi parla di questo territorio d’ora in poi dovrà farlo con la stessa precisione con cui è stato costruito. Chi lo rappresenta, lo deve conoscere. E chi lo consuma, ha il diritto di sapere esattamente da dove viene ciò che beve».

Rivendicazioni e distinguo

Gli fa eco Stefano Pola, vice-coordinatore del Comitato, che ricorda alcuni fatti chiave. «Siamo la terra dei ciglioni e dei terrazzamenti inerbiti, dei suoli nati dal mare, dei boschi e dei corsi d’acqua, dei sentieri e delle colline scolpite dal tempo e dal lavoro dei viticoltori. Qui è nata la prima Strada del Vino nel 1966, la prima Confraternita non religiosa nel 1946 ed il primo Istituto enologico d’Italia nel 1876, il Cerletti, tuttora punto di riferimento nella formazione enologica e nella ricerca». Per i promotori del Comitato, oggi questa identità radicata appare sempre più confusa a causa di storytelling approssimativi, quando non fuorvianti. «Non possiamo accettare che si usino espressioni generiche come “Le Colline del Prosecco” per indicare un territorio che ha un nome preciso e riconosciuto. Né possiamo tollerare che immagini e simboli del Conegliano Valdobbiadene vengano associati a prodotti diversi, generando confusione nei consumatori. Non possiamo accettare che vi siano commistioni di interessi, magari anche in conflitto fra loro, quando devono essere prese decisioni che riguardano la Denominazione. È un territorio che abbiamo ereditato. Lo abbiamo reso sostanza. E oggi lo rivendichiamo».

Impegni e obiettivi

Dalla teoria alla pratica: “Il Comitato si impegna a giungere ad un unico nome riconducibile e spendibile per contraddistinguere il prodotto che dall’area geografica prende il suo nome, il Conegliano Valdobbiadene Prosecco. Intende inoltre partecipare attivamente al dialogo tra i Consorzi che condividono nel nome della Denominazione d’origine la parola Prosecco, per valorizzare le differenze reciproche e rafforzare la comunicazione delle singole identità”. In cima alla lista degli obiettivi concreti c’è anche la tutela dell’autenticità del prodotto, attraverso il contrasto sistematico di ogni uso improprio o fuorviante della Denominazione, anche mediante segnalazioni agli organi competenti. E, ancora, il Comitato si impegna a sostenere studi e progetti di ricerca, in collaborazione con la Scuola Enologica Cerletti e il polo universitario di Conegliano.  

Una chiamata collettiva

«Ci auguriamo che questo Manifesto diventi una traccia chiara, una serie di paletti condivisi, da cui non si potrà prescindere nelle future decisioni che riguardano la Denominazione», conclude il coordinatore Maurizio Favrel. Mentre Francesco Drusian, vice-coordinatore del Comitato, è ancora più netto: «Per qualcuno saranno le solite frasi sulla salvaguardia dell’identità, sulla tutela delle nostre colline. Ma se siamo qui a ribadirle è perché, ancor oggi, ci sono persone, anche con ruoli decisionali, che sembrano dimenticare che la priorità va alla Denominazione, non agli interessi personali o a logiche di comodo».

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