Dall’albero alla botte. Tutto quello che c’è da sapere
Chi fu il primo popolo a capire come costruire una botte per il vino? I primi usi del barile di legno sembrano risalire all’epoca degli Etruschi, verso la fine del V secolo a.C., ma furono i Galli della Gallia Cisalpina che ne moltiplicarono e diffusero il suo uso. In Francia quindi si è sviluppata l’arte del “passaggio” e maturazione del vino in botte di legno che tutti conosciamo con l’ormai universalmente noto nome di barrique.
Un elemento cruciale: la qualità del legno
La qualità del prodotto finale, come per il vino, dipende dalla qualità della materia prima: barrique di pregio non si possono fare con legno scadente. Le migliori essenze si ottengono dalla quercus sessiflora e dalla quercus peduncolata di circa 180-240 anni. Se la pianta è più giovane non ha il legno sufficientemente maturo, se è più vecchia ha le fibre non sufficientemente elastiche. Il tronco deve essere diritto, di grana fitta, senza nodi o spuntoni. Le condizioni ideali di crescita sono un terreno magro, sabbioso, e un clima con precipitazioni deboli e bassa temperatura media. Tutte caratteristiche pedoclimatiche che calzano a pennello con quelle del Massiccio centrale francese, soprattutto nella zona di Allier e nella sottozona di Tronçais (estesa su soli 12,5 ettari); non sono male anche i legni dei Vosgi.
Ci vogliono 18-30 mesi di stagionatura
Dopo aver selezionato e abbattuto la pianta migliore è necessario sottoporre il legno a un lento processo di essiccamento e stagionatura, in quanto il fusto fresco è per il 50% composto di acqua; livello che va abbattuto almeno del 15%. Questo processo richiede diversi anni, con le tavole accatastate all’aria aperta. Queste cataste sono sollevate dal suolo per prevenirne il marciume e disposte con orientamento nord-sud per una migliore circolazione dell’aria. Nonostante ciò il legno non si essicca uniformemente: le tavole nella parte alta si asciugano più rapidamente di quelle della parte inferiore, ragion per cui le cataste vengono ribaltate almeno una volta l’anno. Idealmente la stagionatura si protrae per un periodo di 18-30 mesi. Durante tale lasso di tempo non solo il legno si asciuga, ma subisce anche una profonda evoluzione biochimica che ne affina aroma e gusto.
Quante barrique si producono da un albero?
Da una buona quercia si ricavano in media 2 barrique. Solo il 20% del legno di una pianta viene usato per la produzione dei carati; il restante 80% viene adibito ad altri usi. Il tronco viene letteralmente spaccato in quattro parti lungo la linea della vena, quindi dai quarti vengono rimossi prima il cuore e poi corteccia e cambio; dal rimanente si ricavano delle tavole di 3-4 cm di spessore che in seguito diventeranno le doghe. Dopo la fase di essiccamento e stagionatura, le tavole vengono tagliate alla misura finale. Una barrique è composta in media di 28-32 doghe, mentre ogni fondo è costituito da 7-9 mezze doghe. La capacità volumetrica dei piccoli fusti bordolesi – leggermente slanciati – è di 225 litri, mentre quella dei borgognoni – appena più tozzi e panciuti – è di 228 litri.
Tostatura e assemblaggio dei legni
Passiamo alla fabbricazione: come costruire una botte. La fabbricazione vera e propria da parte del bottaio comincia con la scelta delle doghe ricavate dalle tavole stagionate. Per agevolare la fase di “curvatura”, le doghe dovranno avere il bordo longitudinale esterno leggermente arrotondato e quello interno un poco rastremato. Le doghe vengono assemblate una a una sul cerchio di assemblaggio, formando la rosa che poi diventerà la forma finale del fusto. Terminata questa fase, segue il delicato momento della curvatura: le doghe vengono poste attorno a un piccolo braciere alimentato da trucioli, subendo il cosiddetto processo di tostatura, nel corso del quale il bottaio ne bagna la parte interna battendole con dei sacchi bagnati.
Come costruire una botte
Va detto per inciso che, poiché la costruzione di una barrique è frutto di una specifica commessa da parte del vigneron, sarà quest’ultimo a decidere il livello di tostatura gradito, con una notevole incidenza sul profilo organolettico del vino posto in affinamento. Mentre il legno si ammorbidisce per la combinazione di calore e umidità, l’artigiano spinge il cerchio nel modo più stretto possibile e progressivamente stringe le estremità delle doghe, non ancora unite tra loro, con l’ausilio di un cavo d’acciaio azionato da un verricello. Il carato si avvia a prendere la sua tradizionale forma non appena le estremità delle doghe sono giunte a contatto. Prima di rilasciare il verricello viene installato un secondo cerchio chiamato “stampo”. Le due estremità vengono quindi lavorate con l’esecuzione meccanica della ugnatura (taglio obliquo fatto per ottenere un attacco angolare) e della scanalatura o solco, entro il quale andrà fissato il fondo.
Manca solo il fondo
Per la creazione di quest’ultimo, come detto, si impiegano da 6 a 9 mezze doghe; tra ciascuna di queste viene inserita una striscia di giunco o vimini appiattito, fissata nella sua lunghezza da una serie di perni o caviglie di legno. Queste strisce di giunco rendono i fondi del carato perfettamente stagni e a prova di marcimento. Successivamente, con l’ausilio di un compasso, il bottaio traccia la forma definitiva dei fondi e li taglia con la sega. Il primo dei due fondi viene installato con facilità grazie a qualche colpo di martello, per il secondo occorre fare ricorso a speciali attrezzature.
Per testare la tenuta stagna
Concluso anche questo stadio di lavorazione, si pratica il foro per la spina sulla doga ritenuta più adatta, in genera la più larga, per passare poi alla prova di tenuta stagna riempiendo il fusto di acqua bollente – ed eventualmente aria compressa – e facendolo quindi rotolare in ogni direzione. Dopo questo fondamentale test, si rimpiazzano gli iniziali cerchi “di lavorazione” con dei nuovi cerchi definitivi, quindi si passa il barile sotto una levigatrice per ragioni estetiche e, se è il caso, si aggiunge, fissandola opportunamente, una mezza doga di traverso sul fondo posteriore per rendere più robusta la botticella.
Perché scegliere l’affinamento in legno
Scopo della maturazione di un vino in barrique è accrescere la qualità dello stesso, favorendone la stabilizzazione naturale, la rifinitura dell’equilibrio gustativo e la valorizzazione del profumo. La botte di legno agisce in due modi: favorisce una lenta micro-ossigenazione naturale e arricchisce il vino sotto il profilo olfattivo grazie a uno scambio odoroso tra quest’ultimo e l’essenza legnosa impiegata. Da alcuni studi è emerso che annualmente raggiungono il vino elevato in barrique tra i 5 e i 40 mg/l di ossigeno.
I vantaggi della micro-ossigenazione
Tale lenta penetrazione favorisce la fuoriuscita dell’anidride carbonica residuale ancora presente nel nettare di Bacco e di conseguenza conduce a una più rapida decantazione delle particelle fini ancora in sospensione nel vino nuovo. Ma l’aspetto più rilevante è un altro: durante il passaggio dell’ossigeno al vino attraverso i pori del legno, particolari composti chiamati ellagitannini funzionano da catalizzatori di reazioni chimiche, accelerando la combinazione tra antociani e tannini, con una conseguente maggior stabilizzazione degli stessi.
Foto: Tonnellerie François Frères – S. Chapuis
Tag: affinamento in legno, barrique, botteTratto da Civiltà del bere 1/2017. Per continuare a leggere l’articolo acquista il numero sul nostro store (anche in digitale!) o scrivi a store@civiltadelbere.com
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