Il food design è tornato alla ribalta grazie ai pasticceri. Prevede la modifica di colore e consistenza del cibo, abbinamenti creativi e un bel servizio nel piatto. Ma esiste fin dai tempi degli antichi Egizi (anche se non lo chiamavano così).
Un nuovo termine si aggira nel mondo della cucina – nulla di nuovo, la cucina è in continuo divenire per fortuna: food design. Molti lo citano, molti ne hanno paura, molti non sanno proprio cosa sia. Alcuni si lamentano che è in inglese e si immaginano traduzioni in lingua italiana: però food design è chiaro a tutti.
Food design: definizione in tre concetti
Ma cosa vuol dire esattamente? E questa, sia chiaro, è la mia opinione, altri non saranno d’accordo. Sostanzialmente tre cose:
#1 modificare colore, texture ecc. degli alimenti, ovviamente rispetto a quelli che siamo abituati a vedere, che quindi consideriamo “normali”.
#2 abbinarli in modo nuovo e creativo, anche ispirandosi alla cucina degli altri (nota bene: evitate il termine etnico, ché se ha senso dire che la cucina mongola è etnica, forse, forse, dire che lo sono quella svedese o irlandese fa un po’ ridere).
#3 posizionarli nel piatto in “bella” maniera, che è concetto meno personale e astratto di quando sembri, nel senso che deve piacere al target di pubblico per il quale un ristorante lavora.
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Il piatto pieno è sempre meglio?
Tutti i reazionari della cucina, e sa il cielo quanti ce ne sono, odiano il termine food design e questo approccio alla cucina. Sono vittime di una diffusa sindrome che dice che più il piatto è pieno, meglio è. Una sindrome causata dalla storica povertà che ci portiamo dietro, anche se la fame, per fortuna, è finita: oggi il problema è il sovrappeso dilagante. E ovviamente se riempi un piatto di più che abbondante comfort food, quello che tutti amano – pasta al pomodoro, o zuppa di cipolle, o risotto giallo – come sistemarlo è l’ultimo dei problemi.
Il bello diventa automaticamente buono
Io il termine non lo odio, per nulla. Ma per un particolare motivo: che si è sempre fatto così, da millenni. Cucinare, in prima battuta, è stato rendere commestibili ingredienti che di base non lo erano (di farina o patata cruda non si sa che fare). in seconda battuta, sanificare, perché il cibo con i suoi germi e parassiti è sempre stato un grande killer, solo cuocerlo li ammazzava.
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