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Campania Stories, evoluzioni d’Irpinia

6 Giugno 2023 Matteo Forlì
Campania Stories, evoluzioni d’Irpinia

Battezzata a Gesualdo l’ottava edizione di Campania Stories tra assaggi di nuove (e vecchie) annate e racconti del territorio. Con la lente di ingrandimento sulla regione ospitante, culla di Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo.

Annate svelate, elogi alla cooperazione e quel sano fermento, tra stili e nuovi interpreti, che lasciano immaginare un futuro laborioso e radioso. Campania Stories 2023 è un collage di novità, racconti e assaggi sullo stato dell’arte dei vini campani. Con un accento in particolare sull’Irpinia, ospite dell’ottava edizione della manifestazione nata (proprio qui) come evoluzione di Anteprima Taurasi.
Evoluzione appunto. Come quella che sta vivendo l’area vinicola irpina, ormai consapevole della qualità e della direzione dei suoi bianchi, sempre più a suo agio negli abiti rubino dei rossi più giovani e spensierati, ma anche un po’ incagliata nell’appiccicosa tradizione dei suoi vini più importanti, in alcuni casi epigoni di uno stile un po’ severo e un tantino impolverato.

Parola d’ordine cooperazione

Sinfonie di una comunione d’intenti e arie di commozione al Castello di Gesualdo (Avellino), dimora del Principe Carlo Gesualdo, riconosciuto madrigalista e raffinato musicista, durante la conferenza di benvenuto al gruppo di giornalisti, esperti e degustatori nazionali e internazionali.
«Qualità, riconoscimento e maggiore percezione sui mercati», sono le parole d’ordine per una Regione «che sta facendo importanti passi collettivi in avanti, nel comune obiettivo di posizionare il brand Campania a livello nazionale e internazionale», hanno ripetuto l’assessore regionale dell’Agricoltura Nicola Caputo, Francesco Martusciello di Assoenologi Campania e Arturo Erbaggio, vicepresidente del Consorzio vini d’Irpinia.
Una coesione reale”, ribadisce la presidente del Consorzio Vini d’Irpinia, Teresa Bruno, nel suo messaggio. E la vocazione alla sinergia travalica anche i confini e lega i territori del vino, come dimostra la presenza di Generazione Vulture; un seme da cui potranno germogliare collaborazioni con la Basilicata.

Un mercato con margini di crescita

La Campania del vino – certificano i dati del 2018 (gli ultimi disponibili) – produce 1,37 milioni di ettolitri, il 2,53% del totale nazionale. I 26 mila ettari di vigneto parlano prevalentemente l’idioma di Aglianico, Casavecchia e Piedirosso tra i vitigni bacca nera; Falanghina, Fiano, Greco, Pallagrello Bianco a buccia bianca. Ma i dialetti delle varietà autoctone sono più di 100. Le Cantine imbottigliatrici censite sono circa 450 e la bilancia produttiva smentisce, almeno a livello quantitativo, la riconosciuta inclinazione bianchista: rossi e rosati rappresentano infatti il 54% del totale regionale (753 mila ettolitri), i bianchi solo, si fa per dire, il 46%.
Altri due dati danno la misura dei margini di crescita enologica. Il peso delle denominazioni protette è infatti ancora considerevolmente basso: 254 mila ettolitri Dop (cioè le 19 Doc e Docg sommate, circa il 20% del totale) e 118 mila ettolitri Igp (in totale 10 con una fetta del 9%). E infine il valore stimato dell’economia regionale del settore, 72 milioni di euro (di cui 60 milioni derivanti dalla trasformazione diretta in vino) cioè il 2,4% del totale italiano; una percentuale che rapportata con quella sulla superficie vitata (il 4% del totale italiano) si traduce in un prezzo medio di vendita inferiore alla media nazionale.

Irpinia, “scapigliata” ma determinata

Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo, tre delle quattro Docg regionali (la quarta è l’Aglianico del Taburno) sono le gemme che fanno dell’Irpinia il cuore enologico della Campania. I fiumi Sabato e Calore, che nascono dal Monte Terminio, spaccano le Docg irpine in modo quasi perfetto disegnando la vallata dei bianchi – Greco e Fiano – e il versante dei rossi – culla del Taurasi – con le uniche eccezioni degli “ambo-produttivi” Lapio e Montefalcione. Sono luoghi che racchiudono un’identità affascinante fatta di colline sormontate da borghi incantevoli, fazzoletti di vigne e un miscuglio di climi, uve, stili che danno vita a una produzione ridotta quanto affascinante. Una terra scapigliata e piovosa, rustica e rigorosa.
«Così ostinata e determinata, ma capace di esprimere prodotti di grandissima qualità e di farlo grazie a un territorio che è la sintesi di queste eccellenze», per dirla con le parole della presidente del Consorzio, Teresa Bruno.

Avvenire in evoluzione

Ci convivono grandi realtà storiche e vigneron autoctoni, piantati e cresciuti qui. È una zona che negli anni ha saputo, dovuto, cambiare. Col nuovo millennio il calo del prezzo delle uve ha decurtato i coltivatori, e trasformato i più cocciuti da conferitori in produttori diretti. Il risultato è un nuovo movimento, con le facce fresche di un’altra generazione. Questa mite rivoluzione sta imbottigliando col tempo nuove idee. Fatte di vini bianchi non più solo giovani ma capaci di esprimersi col passare del tempo; frutto di selezioni in vigna, sintesi di cru, sfumature di una moltitudine di terroir e figli di soste più lunghe in cantina.
Una distinzione che ha arricchito le possibilità espressive di Fiano di Avellino e Greco di Tufo, come gli assaggi delle ultime bottiglie in commercio hanno decisamente sottolineato. Così come evidente è la crescita qualitativa dei rossi “figli di un dio minore”. L’Aglianico, declinato tra Irpinia Doc e Campi Taurasini Doc, mostra sempre di più il potenziale delle sue versioni “semplici”, meno estratte o calcate dal legno. Chissà che non sia un esempio sul quale lo spigoloso, esigente e aristocratico Taurasi, pur sempre capace di regalare sorsi inebrianti, debba iniziare a riflettere.

Foto di apertura: Campania Stories 2023 si è svolta al Castello di Gesualdo, in provincia di Avellino

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