Blend nella birra. Nelle Fiandre Flemish red e Oud Bruin
La pratica dei blend nella birra non è molto diffusa, ma riveste un’importanza fondamentale in alcuni stili classici, poco conosciuti dal grande pubblico, custoditi dai birrai belgi. Come le “Rosse di Fiandra”, chiamate spesso, con termine anglosassone, Flemish red (mentre in patria sono definite Vlaams rood). Tipiche delle Fiandre Occidentali, hanno la loro più famosa rappresentante nella Rodenbach. Sono birre a fermentazione mista, in cui la prima parte avviene in fermentatori in acciaio e viene innescata da un inoculo di un ceppo selezionato di Saccharomyces cerevisiae, come per le moderne birre ad alta fermentazione.
I maturatori di 150 anni
A valle della fermentazione primaria, invece, il percorso diventa decisamente differente. La birra viene trasferita in grosse vasche (foeders) di legno di quercia: nel birrificio Rodenbach sono ben 294, che contengono centinaia di ettolitri e che possono avere più di 150 anni. In questi antichi maturatori (molto simili a quelli in cui, nell’Ottocento, venivano prodotte le londinesi Porter) avviene una “contaminazione” da parte di batteri lattici, brettanomiceti e soprattutto batteri acetici, che nel profilo organolettico del prodotto finito sono forse i più significativi. Prima di essere imbottigliata la birra invecchiata viene assemblata con quella giovane, che ha il compito di ammorbidire il carattere acetico.
Grand cru dalle Fiandre
Nella Rodenbach Grand Cru, vero e proprio canone dello stile, vengono miscelati un terzo di birra giovane e due terzi di invecchiata due anni in botte: il risultato è di grande fascino. Il colore vinoso (da cui l’uso del termine “rosso”, normalmente deprecato, in ambito birrario) preannuncia un prodotto di grande carattere, dove gli evidenti sentori acetici sono bilanciati dalla morbidezza dei cereali e da una base dolce, caramellata, data dai malti speciali.
Nelle Fiandre Orientali le Oud Bruin
Ci spostiamo nelle vicine Fiandre Orientali, per trovare le cugine “vecchie scure”, Oud Bruin, in lingua locale. Nei pressi della cittadina di Oudenaarde sorge, dal 1679, il birrificio Liefmans: da alcuni anni la sala cottura non è più attiva, il mosto viene trasportato da altri birrifici, e l’azienda si definisce “craft blenders” a sottolineare l’importanza del lavoro di cantina, in queste tipologie, rispetto alla produzione del mosto. Qui non troveremo nessuna botte in legno: la fermentazione primaria avviene in grosse vasche in rame, aperte, e viene innestata da un inoculo che ricorda molto il lievito madre.
Il blend nella birra che sorprende
Raccolto di fermentazione in fermentazione, da decenni, questa “pasta” innesca una fermentazione mista, in cui intervengono principalmente saccaromiceti e batteri lattici. Dopo la fermentazione primaria si passa alla maturazione, in acciaio, che dura da quattro a dodici mesi. Prima dell’imbottigliamento la birra invecchiata è miscelata con birra giovane. L’assaggio, anche in questo caso, sorprende: le note fruttate e maltate si sposano con i sentori evoluti derivanti dal lungo invecchiamento, il contributo batterico rende la birra asciutta, di acidità lattica e grande longevità in cantina.
Tag: birrificio Liefmans, blend della birra, Blend nella birra, Flemish red, Oud Bruin, RodenbachQuesto articolo è tratto da Civiltà del bere 03/2016. Per continuare il viaggio nel blend della birra acquista l’ultimo numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com.
Buona lettura!
© Riproduzione riservata - 19/08/2016