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Belisario: quei rossi vestiti di bianco

23 Novembre 2010 Roger Sesto
Qual è il vostro cavallo di razza? «Un po’ tutti i nostri bianchi», ci spiega Roberto Potentini, direttore ed enologo della cooperativa Belisario di Matelica, «sono da invecchiamento; certo, uno su tutti, il Verdicchio di Matelica Cambrugiano Riserva. Nel luglio del 2009 organizzammo una verticale dei nostri Verdicchio di punta, Cambrugiano, Vigneti del Cerro, Vigneti Belisario, con annate dal 2008 sino al 1988: è grazie a queste operazioni che si vuol (di)mostrare ciò che possiamo offrire rispetto ai nuovi competitors. Per ora non abbiamo annate vecchie ufficialmente a listino, però noi usciamo già molto tardi. Ma vari ristoranti regionali hanno delle vecchie annate del nostro Cambrugiano». Quali le annate di questo vino, ancora serbate in cantina, che ritenete più esclusive? «La 1988 – la prima riserva, il primo Verdicchio criomacerato, unico, forse irripetibile; la 1995, dalla grande mineralità, frutto di un’ossidazione complessa sposata a freschezza; la 2003, dal naso più elegante e dalla beva salina, fresca minerale. In ogni caso in cantina abbiamo uno storico di tutte le annate dei nostri vini!». Fu questa anomala cooperativa, con 180 soci conferitori di vigna e titolare di 100 dei 300 ettari vitati su cui può contare, a gettare le basi nel 1988 per la futura Docg Verdicchio di Matelica Riserva: «La nostra passione», riprende Potentini, «è di ottenere vini rossi ‘vestiti di bianco’, così da esaltare il nostro genius loci; nettari estremi, potenti ma eleganti, bevibili ma di lungo corso, costituiti da una sommatoria di aromi primari, odori secondari, profumi terziari. Il Verdicchio per noi è questo». Ma il segreto della longevità dei vostri Verdicchio? «In effetti, la nostra è l’unica valle marchigiana disposta da Nord a Sud, il che favorisce un clima continentale quanto a escursioni termiche e mediterraneo quanto a irradiazione solare; in questo modo la vite di notte ‘dorme’, ma durante il giorno produce tanti zuccheri e acidi; inoltre il freddo invernale impedisce lo sviluppo successivo di molti grappoli. Il sole del periodo aprile-ottobre fa il resto in termini di concentrazione di estratto secco. La trasformazione di un uva del genere, se ben condotta, non può che condurre a un vino di grande corpo, complesso, lungo in bocca e nel tempo». .

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