Aux armes! Alla guerra della civiltà

Aux armes! Alla guerra della civiltà

Di tutte le guerre del vino che ci ha tramandato la storia, quella che rischiamo di combattere ora è la più dura e la più profonda. È un attacco alla nostra civiltà e, se dovesse passare la linea del proibizionismo, minerebbe il senso di questa Europa. 

Sono state molte le guerre del vino all’interno di singoli Paesi, come quella nella regione della Champagne in Francia, per deciderne i confini legali; o tra nazioni europee, come quella che nel Midi vide rivoltarsi i vigneron francesi contro le cisterne italiane. Esiste un utile libro di Mike Veseth Wine Wars che ne racconta molte. Tutte queste guerriglie furono provocate – come sempre – da motivazioni economiche. Mai sinora ci siamo trovati davanti a una guerra di civiltà come quella che potrebbe, ma siamo convinti di no, esplodere in seno all’Europa e che vede contrapposte le istanze proibizionistiche di Paesi afflitti dalla piaga dell’alcolismo, supportate da allarmi dell’Organizzazione mondiale della sanità (che ha inserito l’alcol, come le carni rosse d’altronde, nella lista degli alimenti cancerogeni) e le resistenze dei Paesi produttori di vino, mediterranei, Italia in testa. Mancano al voto sul piano anticancro del Parlamento europeo (il famigerato Beating Cancer Plan), e probabilmente ne conoscerete gli esiti quando leggerete.

Bisogna impedire la demonizzazione del vino

Se però malauguratamente il fronte italiano, compatto come non mai con tutte le voci pubbliche e di categoria indignate, dovesse soccombere e quindi se dovesse passare il principio di demonizzazione del vino, preso nel vortice di qualsiasi prodotto alcolico, dalla vodka in giù, e di qualsiasi stile di consumo, dal binge-drinking (la bevuta compulsiva per ubriacarsi in fretta, non col vino ovviamente) in giù, decontestualizzato dalla nostra cultura e alimentazione, allora pensiamo che sia giusto prendere le armi e lottare per la battaglia del vino, non una delle tante, ma quella definitiva.

Una questione di civiltà, non solo del bere

Non siamo soliti usare toni drammatici. Ma avallare il principio di sradicamento del vino dalla nostra cultura e quotidianità significa stroncare le basi della nostra civiltà. Non quella del bere, anche quella ovviamente, ma la civiltà europea-mediterranea, e ripercorrendo la genesi del concetto, della civiltà tutta. Civiltà, cives, citoyen, sentirsi cittadini di un mondo del quale, in larga misura, condividiamo abitudini e consumi. Siamo stati così bravi – o forse anche prepotenti, ma è così – ad ammaliare il mondo con i simboli della nostra civiltà; dalla moda al cibo al vino. In Asia, in Africa, in Sudamerica il modello, anche gastronomico, che abbiamo proposto o imposto è ammirato. In Cina, in Giappone, in Australia e ovviamente dove abbiamo sradicato culture, come nelle Americhe, il vino è apprezzato, uno status symbol. Viene considerato una manifestazione di prestigio, educazione, cultura e, ancora, di civiltà.

Il vino non è soltanto alcol

Qualcuno vorrebbe che smettesse di esserlo. I valori che porta con sé non sono più validi, annientati dall’elemento alcol, come se il vino fosse solo “alcol”, e non anche cultura, terroir, storia, geografia, antropologia. Il piacere che ne trae chi – la maggior parte di noi – ne gode responsabilmente è deprecabile, non va incoraggiato in alcun modo. Da qui la proposta di etichette deterrenti e un taglio alle iniziative promozionali (ricordiamo, ad esempio, che in alcuni Paesi è vietato pubblicizzare il vino). Questo porterebbe a un taglio delle risorse comunitarie concordate in questi anni per la crescita delle esportazioni vinicole, che come è noto hanno sostenuto il sistema economico in decenni di riduzione dei consumi interni.

Ci sveglieremo da questo incubo

Se passa questa mentalità proibizionista, c’è da interrogarsi sul significato dell’Europa. Come potremo noi – milioni di cultori moderati e professionisti del vino – riconoscerci in un’Europa che sogna lo sradicamento della vite e del suo prodotto più nobile? Ma ci sveglieremo presto e capiremo che è stato solo un incubo, ci auguriamo. Altrimenti siamo pronti alla peggiore tra tutte le guerre del vino passate alla storia.

Foto di apertura: © Papafox – Pixabay

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© Riproduzione riservata - 11/02/2022

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