Scienze Scienze Jessica Bordoni

Appassimento in pianta o in fruttaio? Questo è il dilemma

Appassimento in pianta o in fruttaio? Questo è il dilemma

La domanda è più che mai attuale: l’appassimento in pianta può aiutarci a fronteggiare il cambiamento climatico? Il Gruppo Tecnico Masi prova a rispondere con un progetto di ricerca mirato, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università di Milano. “Masi Expertise AppaXXImento: fruttaio o vigneto”, presentato lo scorso 10 aprile a Vinitaly al XXIV Seminario Tecnico Masi.

Sullo sfondo del global warming

A chiarire meglio la prospettiva è Raffaele Boscaini, coordinatore generale del Gruppo Tecnico Masi. «Per essere pronti a fronteggiare le possibili necessità future legate al global warming, è necessario cominciare a lavorare oggi. In questi ultimi anni gli autunni si dimostrano sempre più lunghi e miti e i cosiddetti fenomeni estremi o “fuori norma” come la grandine, l’eccesso di pioggia, le alte temperature, sono sempre più frequenti. Partendo da queste constatazioni il Gruppo Tecnico Masi ha compiuto uno studio sul tema-chiave dell’appassimento, valutando i vantaggi e i limiti della sovramaturazione delle uve in pianta, anziché nel tradizionale fruttaio».

C’è maturità e maturità delle uve

Durante il convegno, il professor Lucio Brancadoro dell’Università degli Studi di Milano ha sottolineato come il concetto di maturità delle uve al momento della raccolta debba essere declinato al plurale: «La maturità tecnologica si riferisce al contenuto di zuccheri e acidi presenti dei mosti, mentre con maturità fenolica si intende quella relativa ai valori in antociani e tannini. Ci sono poi la maturità aromatica, cellulare, viticola, enologica e così via». Tanto più i livelli dei diversi tipi di maturità sono omogenei tra loro, tanto maggiore risulta la qualità dei vini prodotti. «Alle nostre latitudini, i mutamenti climatici in atto rendono sempre più difficile portare le uve a una maturità omogenea tra le differenti componenti e il nostro obiettivo è capire se, grazie all’appassimento, sia possibile raggiungere questo risultato».

 

XXIX Seminario Tecnico Masi

Il Gruppo Tecnico Masi

 

Alla prova Corvina, Refosco e Sangiovese

L’enologo Andrea Dal Cin entra nel dettaglio della sperimentazione: «Abbiamo scelto di valutare il processo di appassimento in pianta mediante lo schiacciamento del rachide. La pizzicatura è stata svolta manualmente con delle speciali pinze, schiacciando il rachide del grappolo a circa 1,5-2 centimetri di distanza dalla sua inserzione sul tralcio. Sono stati coinvolti tre diversi vitigni : la Corvina, il Refosco e il Sangiovese. In tutto tre ettari per ciascuna delle tre “tesi”: la Corvina negli appezzamenti di Tenuta Canova a Colà di Lazise, nel Veronese; il Refosco sui terreni di Strà del Milione, in provincia di Udine; e il Sangiovese che cresce nel Podere del Bell’Ovile a Cinigiano, in Maremma. Le parcelle sperimentali sono state individuate su appezzamenti omogenei di 10-15 anni di età in equilibrio vegetativo e produttivo, con una carica di 60 mila gemme per ettaro e produzioni oscillanti tra i 110 e 120 quintali».

La doppia possibilità di appassimento

Al raggiungimento del grado di maturazione si è provveduto allo schiacciamento del rachide su alcune piante, mentre per un altro gruppo di viti l’uva è stata raccolta, deposta in cassette e collocata in fruttaio (Corvina e Refosco) oppure pigiata fresca senza subire alcun tipo di test di appassimento (Sangiovese). «La durata dell’appassimento, di circa 30 giorni, è stato determinata dal raggiungimento dei 14,5 gradi di alcool potenziale delle uve», precisa Andrea Dal Cin. «A Lazise la Corvina è stata pizzicata il 26 settembre 2016 e raccolta dopo circa un mese, il 25 ottobre 2016, mentre in Friuli il Refosco è stato pizzicato il 26 settembre 2016 e raccolto il 27 ottobre 2016. In Toscana, infine, lo schiacciamento del rachide è stato effettuato nella settimana dal 5 all’11 settembre, mentre la raccolta dell’uva fresca il 12 settembre».

 

Le microvinificazioni in triplo

Anita Boscaini, responsabile controllo qualità del Gruppo Tecnico Masi, ribadisce: «Lo studio è stato effettuato su tre vitigni molto diversi tra loro, espressione di tre differenti terroir. Come si è già detto, per ogni varietà sono stati analizzati un testimone (uva fresca), un trattamento A (appassimento in pianta con schiacciamento del rachide) e un trattamento B (appassimento in fruttaio, ad eccezione del Sangiovese). Successivamente ogni tesi è stata vinificata in triplo utilizzando dei micro fermentini da 100 chilogrammi (75 litri) seguendo il protocollo standard di vinificazione Masi. Abbiamo eseguito dei campionamenti periodici sia in vigneto sia in fruttaio e poi durante la vinificazione confrontando le tesi sia da un punto di vista agronomico (maturità fenologica e glucidica) sia sotto il profilo tecnologico (alcool, zuccheri, acidità, pH)».

I risultati in laboratorio

I dati ottenuti dimostrano come sia l’appassimento in pianta sia in fruttaio sono fortemente influenzati, oltre che dal clima, anche dalle caratteristiche proprie delle varietà. «Più nello specifico, la Corvina che subisce appassimento in pianta raggiunge il grado Babo (ovvero il grado zuccherino) desiderato in maniera simile a quella sottoposta all’appassimento in fruttaio; mentre il Refosco appassito in pianta ha presentato alcune problematicità che non hanno permesso di raggiungere il grado Babo desiderato. In entrambi i casi l’appassimento in pianta ha evidenziato alcune criticità dovute all’insorgenza di muffe in vigneto che hanno costretto ad anticipare il termine dell’appassimento stesso. Per quanto riguarda i parametri legati alla maturità fenolica, invece, il contenuto di antociani risulta superiore nel caso del vino da appassimento in fruttaio sia per la Corvina che per il Refosco».

 

Raffaele Boscaini al Seminario Tecnico Masi 2017

 

Uve di buona qualità con l’appassimento in pianta

«Dopo questo primo anno di sperimentazione», conclude Anita Boscaini,  «possiamo quindi affermare come la tecnica di appassimento in pianta, sebbene presenti alcuni limiti legati al clima (umidità, piogge, vento), se gestita e controllata con cura in vigneto può produrre un uvaggio di buona qualità. È quindi possibile ragionare sull’appassimento in pianta come tecnica innovativa per l’ottenimento di uvaggi adatti a particolari tipologie di vini».

Il tasting comparato

Al confronto sul piano analitico è seguito quello sul piano sensoriale, analizzando le differenze percepibili durante la degustazione dei vini ottenuti da uve appassite in pianta e in fruttaio. «Le microvinificazioni sono state effettuate con il lievito MASY03, frutto della selezione del Gruppo Tecnico Masi con l’Università di Verona», spiega l’enologo Andrea Tella. «Per poter confrontare dei campioni omogenei si è scelto di non far svolgere la fermentazione malolattica a nessuna delle prove». Ecco le considerazioni più rilevanti emerse durante il tasting comparato di Corvina e Refosco

Il Refosco preferisce il fruttaio

Il vino da Corvina appassita in pianta presenta un profilo olfattivo diverso rispetto al campione da uva appassita in fruttaio, mantenendo note più fruttate e speziate fresche. Al palato quello appassito in fruttaio dimostra invece maggiore struttura e morbidezza. Il vino ottenuto da Refosco appassito in pianta mostra caratteristiche di durezza più accentuate e si rivela meno equilibrato, pulito e strutturato rispetto a quello da appassimento in fruttaio. Al momento tale varietà si dimostra quindi poco affine alla tecnica dell’appassimento in pianta.«La strada da fare è ancora lunga e continueremo a lavorare in questa direzione», concude Raffaele Boscaini. «Da questo primo anno di sperimentazione sono emersi spunti molto interessanti su cui impostare le ricerche future».

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© Riproduzione riservata - 21/04/2017

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