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Antica Corte Pallavicina: i rossi più adatti al culatello

Antica Corte Pallavicina: i rossi più adatti al culatello

In un pomeriggio estivo, nel salotto della Corte Pallavicina a Polesine Parmense (Parma), incontro Massimo Spigaroli, ben disposto a raccontarmi in breve la storia della sua famiglia. Scopro così che il bisnonno era mezzadro di Giuseppe Verdi, “il Maestro”, ma anche ricco fattore e appassionato agronomo e ampelografo. Già all’epoca allevatore di maiali, è lì che Spigaroli impara l’arte della norcineria. Nel 1905 divenne affittuario dell’Antica Corte Pallavicina e degli annessi terreni. L’intera famiglia –11 i figli – allevava maiali e gestiva il podere, che trovandosi sul crocevia tra Cremona e Parma piano piano divenne importante e di riferimento. Nel 1920 la famiglia intraprese anche la via della ristorazione, posizionando in riva al Po una “vecchia stazione del tram” in legno. L’idea ebbe molto successo tanto che di lì a poco venne sistemata un’altra baracca, più a sud: lì si vendevano salumi e prodotti della terra che la famiglia coltivava.

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L'antico edificio ospita anche il ristorante Al cavallino bianco

Dopo le vicissitudini della Seconda guerra mondiale e del Dopoguerra, nel 1961 con molti sacrifici la famiglia avvia il ristorante Al cavallino bianco, la cui origine trae spunto dalle baracche in cui venivano venduti i prodotti della terra e i salumi della famiglia. Nel 1990 gli Spigaroli si trovano nella condizione di acquisire la proprietà dell’Antica Corte Pallavicina: Massimo e Luciano, innati gourmet, attratti dalla bellezza e funzionalità delle grandi cantine della Corte, decidono di farne il fulcro di un turismo enogastronomico di qualità. Ristrutturano dunque l’edificio del 1400, con grande rispetto verso l’originale struttura.

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La famiglia Spigaroli è nota anche per la produzione dei suoi pregiati culatelli da maiale di razza nera

Non è tutto. Anzi. Intraprendono una ricerca storica che culmina con la reintroduzione del maiale nero che, incrociato con quello endemico, con l’impiego dei sali di Salsomaggiore, è foriero del miglior culatello artigianale possibile. Ma presto si accorgono che pane e companatico non sono sufficienti alla quadratura del cerchio: manca il vino! Cominciano così a studiare l’origine dei vitigni indigeni, con l’intento riuscire a produrre un valido vino di pianura, rispettoso della tradizione locale; il primo passo è l’evoluzione di un antico nettare del posto, lo storico Fortana. Ne consegue la produzione di vini adatti ad accompagnare i prodotti del territorio: l’anello mancante, appunto; ossia nettari semplici e immediati (questo richiedono i grandi salumi), magari pétillant o frizzanti, morbidi se non amabili, tendenzialmente rossi o rosati, profumanti di fiori e piccoli frutti, freschi di acidità più che caldi di alcol, gradevoli, sgrassanti e beverini. A completare il quadro, sta la riscoperta di altri antichi vitigni autoctoni pressoché scomparsi, quali: Tarmarina rossa e nera, Basmen Pas, Berzemino e Spavetta.

Oggi ormai l’azienda dei fratelli Spigaroli, in parte al servizio delle cucina del Cavallino bianco, spazia a 360 gradi su tutta la produzione tipica della Bassa Padana; dai campi arrivano: mais, pioppi, uva, verdure, varietà di frutta a rischio di estinzione; dagli allevamenti: maiali, bovini di razza bianca della valle del Po, oche, anatre e polli. E poi, appunto la vitivinicoltura, con rossi di territorio chiamati: Strologo, Tamburen, Fortana, Fortanella e Rosso del Motto.

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© Riproduzione riservata - 15/07/2011

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