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2015 annata mito da “rettificare”

1 Aprile 2016 Civiltà del bere

di Cesare Pillon

  Dev’essere colpa dei telegiornali, che l’anno scorso, per fare audience, hanno enfatizzato “l’estate più calda del secolo”: sta di fatto che l’opinione pubblica s’è convinta che grazie a quella rovente stagione sono stati prodotti vini di straordinaria qualità. Ci sono cascati perfino gli addetti ai lavori: l’Assoenologi sostiene che il 2015 è stato un anno da incorniciare. Secondo gli enologi, infatti, “dopo Ferragosto provvidenziali precipitazioni e il conseguente abbassamento delle temperature hanno ristabilito le condizioni ideali per il prosieguo del ciclo vegetativo della vite, riportando la turgidità negli acini a condizioni ottimali”. Certo, hanno ammesso, l’irrigazione di soccorso era fondamentale per reagire allo stress idrico e qualche problema provocato dall’eccesso di caldo c’è stato: in settembre, nelle zone dove aveva piovuto troppo poco, la qualità delle uve lasciava effettivamente a desiderare. Certo è però, concludeva l’associazione dei winemakers, che “l’andamento climatico e meteorico ha antagonizzato l’insorgere delle principali ampelopatie della vite. I vigneti, in tutt’Italia, hanno quindi goduto di una insolita sanità, i grappoli si sono presentati sanissimi, nonostante il limitatissimo numero di trattamenti”. Proprio così? E proprio in tutt’Italia?

L'esempio della Toscana

Qualcuno sostiene che non è vero. Con la deliberazione n. 871 del 14 settembre la Regione Toscana racconta infatti tutta un’altra storia: afferma che dopo un mese e mezzo di temperature eccessive che avevano condizionato lo sviluppo delle piante, “le piogge particolarmente intense verificatesi dal 10 agosto in poi in alcune aree del territorio regionale hanno influito negativamente sullo stato fitosanitario della vite, provocando danni all’apparato fogliare e ai grappoli, determinando altresì la comparsa di muffa e marciume acido con conseguente necessità, in determinate situazioni, di anticipazione dei tempi di vendemmia”. E poiché i grappoli raccolti troppo presto, soprattutto quelli a bacca bianca, non erano maturi, le organizzazioni professionali agricole e cooperative si sono affrettate, già in agosto, a chiedere di utilizzare il mosto concentrato rettificato per far raggiungere la gradazione prescritta ai vini a Dop e a Igp. E la Regione l’ha subito concessa, questa autorizzazione.

2015 annata mito? Due domande da farci

Sarebbe troppo facile fare dell’ironia su una Regione che permette di aumentare artificiosamente la gradazione dei mosti in un’annata in cui rischiano d’essere troppo ricchi d’alcol. Meglio limitarsi a due domande di banale buon senso. La prima: se i danni fitosanitari sono stati provocati dal clima solo in determinate zone quasi esclusivamente alle uve bianche, perché l’arricchimento è stato concesso a tutti i vini a Dop e Igp in tutta la regione? La seconda: a nessuno fa piacere bere un vino tratto da grappoli immaturi, ammuffiti o col marciume acido: è giusto consentirne la realizzazione senza mettere il consumatore in grado di distinguerlo da quello fatto con uve sane e mature? Chissà. Il sospetto è che, se si adottasse questa misura, non si arricchirebbe più nessuno.

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