Vuoto di potere #2

Vuoto di potere #2

Siccome ci pare incredibile, lo scriviamo qui a chiare lettere, stampate su carta a futura memoria: dallo scorso aprile, quando denunciavamo il pericolo del vuoto di potere, non è successo pressoché nulla. Abbiamo un nuovo ministro alle Politiche agricole, ma non è arrivata nemmeno la firma per le nomine dei componenti del Comitato Doc, l’organo che gestisce (gestiva?) le Denominazioni italiane, designazione che alcuni tre mesi fa davano per fatta. Sembra un incubo ma non lo è, tutto è fermo, e se non fosse che il settore vitivinicolo è il nostro pane, dovremmo onestamente aggiungere che questo è il minore dei mali, dato che il Paese sta vivendo una crisi politico-istituzionale senza precedenti dal Dopoguerra ad oggi.

Dobbiamo creare valore

Ma se il Paese langue, le aziende sono tutt’altro che ferme, come evidenziano le ricerche presentate da Federvini all’assemblea del 22 maggio. Il dinamismo imprenditoriale che ci contraddistingue, però, rischia di risultare insufficiente. Prendiamo l’export, ad esempio. I tassi di crescita sono più bassi rispetto a 10 anni fa. I vini fermi, che rappresentano il 70% delle vendite, rallentano. Solo gli spumanti hanno triplicato le performance all’estero. Ciò che lascia perplessi è la scarsa attitudine nostrana alla creazione del valore: il prezzo medio è tra i meno brillanti tra i principali Paesi produttori, e il Prosecco, che domina, non si distingue certo per valore, quanto per quantità. Se scoppiasse questa festosa bolla delle bollicine, ci sarebbe da tremare.

Le difficoltà delle piccole medie aziende

Gli studi sui basilari delle aziende ci dicono che la redditività nel comparto è superiore a quella di tutti gli altri settori (automotive, abbigliamento, arredamento). Poi, scavando, scopriamo che le piccole e medie aziende, ovvero il tessuto della viticoltura italiana, non guadagnano abbastanza per remunerare adeguatamente l’imprenditore, che sostanzialmente sopravvive per restituire il denaro alle banche.
Osservazione interessante. Immaginiamo gli effetti di tassi di interesse fuori controllo, per via di scellerate politiche economiche. Continuerebbero a resistere o perirebbero schiacciate dal debito? Al momento, non ci sono politiche, non esistendo un ministro, ma forse è meglio così rispetto all’avvento di un promotore di idee infiamma-spread.

Ha senso abolire il Comitato tutela vini Doc?

Nel vuoto però si creano zone grigie in cui sguazzano i burocrati. Torniamo al Comitato tutela vini Doc, ad esempio. Da tempo alcuni operatori ne denunciano l’anacronismo o il malfunzionamento. Ad esempio, per cambiare una virgola in un disciplinare di produzione, si devono sentire troppi pareri in una giostra interminabile. Qualcuno, nella zona grigia, potrebbe lavorare per chi auspica una sua abolizione o sostanziale revisione. Certo, alla fine si dovrà passare per un Decreto, un ministro, una commissione parlamentare, ma intanto si simula la realtà virtuale della sua inesistenza. Fantascienza, e forse il tema non è tra i più pressanti, ma è un esempio per riflettere sui pericolosi movimenti che si possono registrare nell’apparente stallo.

Parliamone a VinoVip al Forte

È tempo quindi di ritrovarsi a parlare dei fondamentali, di economia, finanza, futuro come stiamo per fare a Forte dei Marmi, in occasione di VinoVip 2018, dove opportunamente concluderemo la giornata con una grande degustazione alla Capannina, per alleviare le preoccupazioni e cantare insieme “Sapore di mare”. Sapore di sale. Speriamo non troppo, per non rovinarci la festa. Per info: vinovipalforte.it

L’editoriale di Alessandro Torcoli è tratto da Civiltà del bere 3/2018. Per leggere la rivista, acquistala sul nostro store (anche in digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com

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© Riproduzione riservata - 14/06/2018

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