Le Cantine che hanno fatto l’Italia: Rivera
Se è già di per sé difficile per una nuova e piccola azienda vinicola trovare oggi sbocchi commerciali all’estero, figuriamoci che cosa doveva essere mezzo secolo fa, a maggior ragione trattandosi di un’azienda del Sud d’Italia. «Non solo all’estero», puntualizza Carlo de Corato della Rivera di Andria. «Per una realtà pugliese nei primi anni Cinquanta era difficile addirittura vendere anche in Italia».
Una Cantina giovane, fondata nel 1950 da suo padre Sebastiano, ma che già vantava tradizioni vitivinicole perché nonno Giuseppe aveva acquistato la vasta tenuta ai primi del Novecento piantandovi viti, olivi e grano. «Mio padre», racconta Carlo, «fondò l’azienda vinicola Rivera spinto dal desiderio di valorizzare l’enorme potenziale vitivinicolo della zona di Castel del Monte. La vecchia cantina fu ristrutturata, i vigneti rinnovati e si cominciarono a produrre vini di qualità adottando le tecniche più avanzate dell’epoca. Il successo non si fece attendere e Rivera divenne ben presto il principale punto di riferimento dell’enologia pugliese e l’autentico motore della sua rinascita».
Qualche anno dopo iniziarono le prime timide esportazioni, dirette soprattutto verso i Paesi europei dove maggiore era la concentrazione di immigrati italiani: Svizzera, Germania e Belgio. All’epoca la gamma dei prodotti comprendeva appena quattro vini, tra cui un rosato, il primo in assoluto a essere stato prodotto da Rivera e in pratica il vino che ha fatto conoscere al pubblico l’azienda. Nel 1958 arrivò finalmente il debutto sul mercato americano. Carlo de Corato lo ricorda così: «Fu grazie a un oriundo pugliese, proprietario di una catena di ristoranti in vari Stati degli Usa (Illinois, New
York, Florida e Texas), che riuscimmo a introdurre i nostri vini, seppure con piccoli quantitativi. Nella mia tesi di laurea in Economia, dal titolo “La conquista di un mercato estero da parte di un’azienda vinicola”, riporto anche il dato di questa prima spedizione: 855 casse. Tra questi vini anche il Rosso Stravecchio, la Riserva che oggi si chiama Il Falcone. Purtroppo quella esperienza ebbe un epilogo tragico perché un giorno, di ritorno negli Usa, questa persona morì in un disastro aereo. In ogni caso, il rapporto di collaborazione andò avanti con gli eredi per qualche anno ancora ma nel 1964 la distribuzione dei nostri vini fu affidata alla società Giordano di New York».
Dopo la laurea alla Bocconi, Carlo de Corato affianca il padre nella conduzione dell’azienda, ma per vari anni i rapporti con l’export sono mantenuti prevalentemente per via epistolare; i viaggi all’estero sono rari. «Ricordo che il mio primo viaggio di lavoro fuori d’Italia», dice, «fu in occasione del battesimo americano di Civiltà del bere quando insieme ad altri produttori guidati da Pino Khail andammo, a metà degli anni Settanta, a presentare i nostri vini a New York. Per noi, piccola azienda poco conosciuta, era un vero e proprio evento l’essere affiancati da nomi importanti della viticoltura toscana, piemontese e veneta. Del resto, Khail fi n da allora puntava sempre al massimo quando organizzava questo genere di iniziative. Già in quella occasione la Rivera ne ebbe un benefi cio di immagine, considerato che i vini pugliesi erano poco conosciuti e con una fama decisamente scadente».
Carlo de Corato ama ricordare anche un altro episodio, accaduto stavolta in Canada nei primi anni Ottanta, sempre durante gli eventi organizzati da Civiltà del bere. «Un giorno Vinicio Ortolani, già addetto commerciale dell’ambasciata italiana a Ottawa e grande appassionato di vino nonché dinamico promotore di iniziative per la diffusione dei nostri prodotti, accompagnò il gruppo di produttori a cena nella residenza dell’ambasciatore Francesco Paolo Fulci. Durante le presentazioni, un signore sentendo il nome De Corato mi dice: “Ma io conosco la sua famiglia!”. Era l’ambasciatore Carlo Perrone Capano, originario di Andria. Per me fu un’emozione: mi sembrò di essere a casa!».
La tenace ricerca della qualità spinse nei primi anni Ottanta la Rivera, condotta ormai da Carlo, verso una innovazione ardita: introdurre nei propri vigneti varietà nobili a bacca bianca provenienti da altre regioni, quali il Sauvignon e lo Chardonnay. Il lungo e paziente lavoro che ne seguì fu premiato con l’inclusione di tali varietà nel disciplinare di produzione della Doc Castel del Monte. Dopo l’ingresso di suo figlio Sebastiano, la Rivera ha rinnovato il proprio impegno con dinamicità e con un deciso orientamento al mercato, puntando sulla valorizzazione delle varietà autoctone per ottenere vini di grande pregio e carattere, testimoni dei profumi e dei sapori della terra di Puglia.
Negli ultimi anni le esportazioni sono state dirette in molti Paesi europei ed extraeuropei. «Confesso che esistono sempre le difficoltà a fare accettare vini provenienti da regioni meno conosciute, come la Puglia appunto. Nonostante questo però la nostra presenza è abbastanza diffusa e la quota di export supera oggi il 40%. In particolare, stiamo curando molto il Canada, che ci sta dando ottime soddisfazioni nelle province del Québec, Ontario e British Columbia, ed anche in Giappone abbiamo buoni riscontri. Quest’anno, sembra incredibile, nonostante il disastro di Fukushima, l’importatore giapponese ha incrementato gli ordini».
E per quanto riguarda le piazze emergenti? «Qui il discorso è più difficile», risponde De Corato, «perché tutti ne parlano ma occorre distinguere due diversi tipi di mercati: uno di bassissimo prezzo e l’altro di fascia alta. Ebbene, con il primo noi non siamo in grado di competere per ovvie ragioni, mentre nel secondo caso notiamo come i consumatori che non hanno problemi di spesa preferiscano comprare i grandi marchi più noti. Di conseguenza, le aziende meno conosciute, come la nostra, hanno difficoltà a inserirsi. Anche a livello distributivo sussistono, a mio avviso, difficoltà: da una parte gli importatori male organizzati e dall’altra quelli invece bene organizzati, che però sono pochi e già carichi di mandati di distribuzione. Comunque, qualche tentativo lo stiamo facendo, e tra i vari Paesi che stiamo esplorando c’è anche il Brasile».
1950 Sebastiano de Corato fonda l’azienda vinicola Rivera.
1955 Prime esportazioni in Svizzera, Germania e Belgio, Paesi a forte immigrazione italiana.
1958 I vini Rivera vengono distribuiti per la prima volta negli Stati Uniti.
1961 Lo stand Rivera alla fiera di Milano.
1975-76 Primi viaggi di lavoro negli Stati Uniti di Carlo de Corato.
2010 La quota di export supera il 40%.
OGGI Export: 42% – Bottiglie più esportate: Il Falcone Castel del Monte Riserva Doc, Preludio n. 1 Chardonnay Castel del Monte Doc – Primi mercati: Germania, Usa, Giappone, Svizzera e Canada.
Tag: Carlo de Corato, Rivera© Riproduzione riservata - 21/09/2011