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La vite può combattere il cambiamento climatico

La vite può combattere il cambiamento climatico

Non chiamiamolo semplicemente climate change: l’ambiente comincia a chiedere il conto. E la viticoltura si sta attrezzando per definire strategie utili a difendere le sue peculiarità. Ecco qualche buona pratica per combattere il cambiamento climatico.

È il messaggio emerso dal convegno di sabato scorso a Conegliano durante “Manzoni – incroci di passioni”, incontro dedicato alle sfide della vitivinicoltura moderna (e alle minacce che si trova ad affrontare). L’aumento delle temperature dei mari, in particolare di quelli chiusi come il Mediterraneo, i problemi di desertificazione, lo scioglimento dei ghiacciai sono cambiamenti ambientali. «Le prospettive future dipendono molto dal comportamento umano nei prossimi anni», ha spiegato Vittorio Marletto, dell’Osservatorio clima Arpae Emilia Romagna.

Basta sprechi!

«Se si prenderà sul serio l’accordo di Parigi sul clima assisteremo a un rapido calo delle emissioni di carbonio in atmosfera e il fenomeno dovrebbe smettere di peggiorare. Diversamente le proiezioni dei climatologi con i modelli disponibili sono inquietanti». L’esperto ha prospettato l‘abolizione rapida delle fonti energetiche fossili e la loro sostituzione con le rinnovabili (in particolare l’energia solare o eolica) e la fine dello sperpero di energia a carico dei mezzi di trasporto e degli edifici (motori elettrici e coibentazione dovrebbero diventare la norma).

Tecniche agronomiche per combattere il cambiamento climatico

Per i nostri vitigni autoctoni, ad esempio la Glera, che si sono adattati bene a un certo terroir, la situazione non è rosea. «Sinora, e forse ancora per poco, riusciamo a contrastare gli eventi climatici con particolari interventi agronomici», ha evidenziato Diego Tomasi, del CREA-Ve di Conegliano. «Ad esempio, si può mantenere l’acidità delle uve attraverso tecniche di concimazione azotate e di irrigazione mirate. Si possono conservare gli aromi attraverso tecniche di defogliazione ad hoc, o sopperire a periodi prolungati di stress idrico con scelte più oculate e innovative del portinnesto».

La gestione del suolo

Al contempo, si può gestire il suolo «in modo da conservarne e migliorarne le proprietà dinamiche come il drenaggio anche a fronte di piogge concentrate o, all’opposto, la capacità di accumulo per superare periodi siccitosi», spiega Tomasi. «Soprattutto, una disciplina in via di sviluppo è la valorizzazione della microbiologia del suolo che può aiutare la pianta nei periodi di crisi». Il passo successivo sarà la terapia genica, per silenziare o potenziare alcune caratteristiche nelle varietà, rendendole più adattabili agli eventi estremi.

Quanta CO2 assorbe il vigneto?

Secondo Andrea Pitacco, del Dafnae dell’Università di Padova, capire quanto carbonio può assimilare la vite è strategico per aumentare la resilienza al cambiamento climatico e bisogna premiare ogni atteggiamento virtuoso. L’esperto ha presentato gli esiti della sua innovativa sperimentazione, la prima in Europa, su due vigneti, uno in Franciacorta, l’altro nel Veneziano, utilizzando la tecnica di monitoraggio dei gas serra Eddy covariance. «Da 15 anni misuro quanta CO2 assorbe il vigneto e quanta acqua perde. Effettuo bilanci annuali di quanto carbonio viene incorporato dal vigneto in foglie, rami, crescita, radici e uva; il mio scopo è capire la quantità che può rimanere in campagna al netto della vendemmia. I mutamenti climatici sono innescati dalle emissioni di anidride carbonica e solo la vegetazione terrestre può sequestrare carbonio. Per questo ogni viticoltore dovrebbe sentire la responsabilità di accumulare carbonio come sostanza organica ed essere premiato per il suo piccolo ma importante impegno».

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© Riproduzione riservata - 23/11/2019

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