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I mille per l’Aglianico – La sperimentazione (2ª puntata)

I mille per l’Aglianico – La sperimentazione (2ª puntata)

Case history: La Guardiense (2ª puntata)

La Cantina Cooperativa La Guardiense di Guardia Sanframondi, nel Beneventano, mille soci e due mila ettari di vigneto, è la protagonista di un rivoluzionario progetto di sperimentazione sull’Aglianico coordinato da due nomi d’eccezione: Riccardo Cotarella per la parte enologica e Attilio Scienza per quella agronomica. Entrambi hanno accettato la sfida: dimostrare che anche in una realtà di grandi dimensioni e nel meridione è possibile raggiungere altissimi livelli qualitativi con vitigni territoriali. Nella prima delle tre parti di questo servizio (uscito sul numero di novembre-dicembre 2011), abbiamo raccontato in esclusiva le basi su cui poggia il progetto. Ora ci addentriamo negli aspetti tecnici di questo intervento

 

Perché lavoriamo insieme per l’Aglianico

Lo sviluppo di un settore produttivo complesso come quello viti-enologico esige il coinvolgimento di competenze scientifiche e tecniche complementari. L’innovazione enologica nasce da un bisogno, dalla necessità di rispondere a delle precise domande dei produttori che sono indirizzate soprattutto verso il miglioramento della qualità del vino in funzione delle esigenze del mercato. Perché possa concretizzarsi, l’innovazione deve essere sostenuta dalla conoscenza. In questi anni, anche per l’apporto scientifico offerto dalla ricerca dei Paesi del Nuovo Mondo, molte informazioni scaturite dalle scoperte sulla fisiologia della vite e sulla biochimica delle sintesi e dai progressi delle tecniche analitiche, hanno consentito di sviluppare una nuova area di intervento innovativa rispetto al passato, rappresentata dall’interfaccia tra le fasi finali della maturazione dell’uva e i primi processi della fermentazione. La possibilità di influire sui processi di accumulo nella bacca attraverso la manipolazione della chioma in senso lato, ha dato all’enologo un mezzo determinante per l’interpretazione della materia prima, per indirizzare le sue scelte tecnologiche in funzione dell’obiettivo enologico. Con questo spirito e su questi presupposti, si configura la nostra collaborazione.

Riccardo Cotarella e Attilio Scienza


Questo è il mio metodo

Al fine di determinare l’epoca di raccolta ottimale per le uve Aglianico del vigneto sperimentale, sono stati presi in considerazione indici relativi alla maturità tecnologica e alla maturità fenolica e al fondamentale rapporto tra le due. Contenuto zuccherino (Grado Brix), acidità totale e ph per la maturità tecnologica; per la maturità fenolica abbiamo utilizzato il metodo di Glories il quale ci permette di fare una stima degli antociani estraibili e potenziali, dei polifenoli totali e di altri parametri che contribuiscono a valutare lo stato di maturazione delle uve. Abbiamo anche analizzato l’evoluzione del peso delle uve, considerando quello medio del grappolo e dell’acino. I campioni sono stati prelevati con cadenza settimanale, ma, per motivi di spazio, noi riporteremo i dati relativi a tre punti della curva di maturazione.

Riccardo Cotarella esamina lo stato di salute delle piante del vigneto sperimentale di Aglianico dando istruzioni a Marco Giulioli, enologo de La Guardiense

Oltre che al contenuto zuccherino, particolare attenzione è stata volta alla pienezza dei tannini, sia dei vinaccioli sia della buccia, alla ricchezza fenolica, nonché al profilo antocianico e al suo indice di estraibilità. Da una prima analisi dei dati di maturazione, tecnologica e fenolica, possiamo subito affermare che le tre sperimentazioni sono qualitativamente migliori rispetto al testimone. Contenuto zuccherino maggiore e un profilo antocianico non trascurabile delle due tesi di “Diradato post-invaiatura” rispetto al “Diradato pre-invaiatura” mettono da subito in risalto la validità della sperimentazione (vedi la tabella sotto). Informazioni molto interessanti si evincono dall’esame del peso medio del grappolo e dell’acino nei diversi segmenti della sperimentazione. Il campione diradato pre-invaiatura, praticamente, mantiene quasi inalterati i valori rispetto al testimone, mentre si rileva una diminuzione dei dati nel diradato post-invaiatura e ancor più nel diradato post-invaiatura, con i grappoli privati delle punte e delle ali. Questo dipende dal fatto che gli acini posti alle estremità del grappolo sono più ricchi in acqua, più pesanti e grandi, quindi meno interessanti dal punto di vista della concentrazione degli zuccheri e dei polifenoli.
La raccolta è stata effettuata il 13 ottobre 2011 nelle prime ore del giorno con temperature ottimali; le uve sono state riposte in cassette e trasportate in cantina in perfetto stato. Il protocollo di vinificazione adottato è identico per tutte le tesi della sperimentazione; questo ha previsto un aggiunta di 5 g/hl di metabisolfito di potassio direttamente sulle uve, che successivamente sono state pigia-diraspate. Al fine di estrarre tutta la componente varietale dell’Aglianico, è stata effettuata una criomacerazione pre-fermentativa portando la temperatura del pigiato, mediante scambio termico, a 3 °C che è stata mantenuta per 36 ore.
Al termine si è provveduto a un graduale aumento fino al valore desiderato di 24-25 °C, dopo di che la fermentazione è partita senza l’ausilio di lieviti selezionati, ed è stata condotta interamente in tini di legno. Sono state fatte piccole e ripetute aggiunte di sostanze azotate per agevolare l’attività dei lieviti indigeni che hanno lavorato in maniera egregia, dando luogo a una fermentazione lenta, continua e costante durata 18 giorni. Durante questo periodo sono stati fatti due rimontaggi e due follature manuali al giorno, per consentire la cessione del colore e delle sostanze fenoliche.

Al termine della fermentazione alcolica è stata impostata una macerazione post-fermentativa, durata 10 giorni, mantenendo la temperatura a 27 – 28 °C al fine di favorire la cessione dell’ultima frazione pregiata dei tannini dalle bucce. La perfetta condizione fisico-chimica delle uve ha permesso lo svolgimento di questa macerazione; in particolar modo il basso valore di ph ha inibito l’inizio della malolattica durante la macerazione stessa, impedendo così sgraditi fenomeni dovuti all’attività batterica particolarmente pericolosi in questa delicata fase. Successivamente le masse sono state svinate e poste in barrique da 225 litri e in tonneau da 500 litri, avendo cura di trasferire la quasi totalità delle fecce e stoccate in ambiente termo-condizionato con una temperatura di 10 °C, per non favorire l’avvio della fermentazione malolattica che verrà agevolata durante la primavera 2012. Da una prima analisi dei risultati ottenuti al termine della fermentazione alcolica possiamo mettere in risalto la validità e l’efficacia della sperimentazione. Osservando i dati relativi alla maturità tecnologica delle uve si evince che il testimone, rispetto alle tre tesi sperimentali, presenta una differenza media di 4 °Brix e, in generale, una marcata immaturità tecnologica visti i valori eccessivi di acidità e ph, che male si accostano all’ottenimento di vini di pregio e struttura. Analizzando il profilo fenolico del testimone rispetto agli altri tre, si osserva che mediamente la differenza si attesta sui 250-300 mg/l sia per gli antociani potenziali che estraibili, dato di enorme significato soprattutto se correlato con i valori della componente fenolica; inoltre si nota che l’estraibilità degli antociani migliora notevolmente dal testimone alle sperimentazioni.

Anche la ricchezza fenolica registra un incremento nell’ordine di un +15%, percentuale non trascurabile, il che ci indica una quantità maggiore di sostanze fenoliche estraibili che presuppone l’ottenimento di vini con un corpo più deciso. Correlando maturità fenolica e tecnologica si evince facilmente che, oltre al raggiungimento di una gradazione alcolica maggiore, si avranno tannini molto più maturi con una sensibile diminuzione di quelli verdi, polverosi e duri, visto la diversità dello stato di maturazione tra il testimone e le tre tesi. Tutto questo evidenzia l’importante relazione tra entità del diradamento e qualità del prodotto finale. La tesi “Diradamento pre-invaiatura” si riferisce alla riduzione a chiusura del grappolo, che è stata fatta nell’ultima settimana di luglio eliminando il 40% della produzione; nei due segmenti successivi “Diradamento post-invaiatura” e “Diradamento post-invaiatura + ali” (con spuntatura del grappolo) è stato asportato il 40% della produzione e ciò è avvenuto a invaiatura conclusa nella penultima settimana di agosto. Analizzando i dati ottenuti dai vini, il “Diradato post-invaiatura” e “Diradato post-invaiatura + ali”, risultano essere i vini migliori, oltre che per ricchezza fenolica, anche per l’espressione organolettica varietale delle uve Aglianico e, come è lecito attendersi, là dove la sperimentazione ha inciso di più si rilevano i valori maggiori di intensità colorante, polifenoli e antociani. I risultati organolettici definitivi saranno discussi e analizzati a fermentazione malolattica conclusa, vale a dire nella primavera 2012.

Riccardo Cotarella

 

Il matrimonio tra uva e foglie

Attilio Scienza ha seguito la parte agronomica della sperimentazione

Nella gestione del rapporto tra uva e foglie si nasconde il segreto della qualità del vino. Il protocollo di sperimentazione ha posto come obiettivo, attraverso il diradamento, di portare il rapporto tra uva prodotta e parete fogliare intorno a 1. Questo non è stato facile da ottenere in questi anni, per le imprevedibili condizioni climatiche caratterizzate da temperature estive  e da radiazioni UVB molto elevate e da scarsità di precipitazioni durante l’estate, che hanno costretto i viticoltori a una gestione della chioma dalla conformazione spesso non ottimale per il raggiungimento di quell’equilibrio ideale tra foglie e uva. In particolare è mancato uno sviluppo estivo della fronda, adeguato alla produzione, per cui si è reso necessario il diradamento dei grappoli eccedenti dal rapporto ideale foglie/uva, tenendo conto del fatto che l’eccesso di radiazione e di temperatura a livello di quelli non protetti adeguatamente dalle foglie, comporta una minore sintesi di antociani e quindi di colore.
È un’operazione esclusivamente manuale che deve essere fatta, per sortire gli effetti desiderati sul piano qualitativo, da viticoltori molto esperti che conoscano il comportamento delle loro piante per averle potate durante l’inverno e concimate e difese dai parassiti durante l’estate, proprio come è avvenuto alla Guardiense.
Per l’Aglianico inoltre, che è un vitigno notoriamente ricco di tannini che rendono il vino astringente soprattutto da giovane, la riduzione di produzione/ceppo e il conseguente incremento di area fogliare hanno ridotto, non solo  il contenuto di questi composti nei vinaccioli, soprattutto quando non arrivano a una perfetta maturità, ma ne hanno modificato la struttura chimica, trasformandoli in aggregati più polimerizzati e quindi meno aggressivi al palato. Su questo dato è opportuno soffermarsi per capire come la pianta reagisca al diradamento. A livello fisiologico, ogni azione che si compie su quelle  parti della pianta che sono legate da forti rapporti di complementarietà, come la chioma e la produzione di uva, provoca una risposta che spesso è condizionata dal momento nel quale l’intervento è eseguito. Questa sperimentazione mette in evidenza, con una chiarezza didattica, questo assunto. Nelle bacche a maturità prodotte da viti diradate precocemente (prima dell’invaiatura) la risposta della pianta è stata quella di aumentare il peso medio degli acini dei grappoli rimasti, con la conseguenza che i contenuti di antociani si sono ridotti rispetto a quelli dei grappoli lasciati sulla pianta con il diradamento tardivo.
Infatti, il potenziale fotosintetico della vite per il mutato rapporto foglie/uva, ha consentito uno sviluppo maggiore delle bacche dei grappoli lasciati dal diradamento precoce, con la conseguenza di influenzare negativamente il rapporto tra le bucce (dove avviene la sintesi degli antociani) e la polpa. Quindi la sperimentazione ha indicato per i prossimi anni che il momento migliore per il diradamento è quello della post-invaiatura, perché la pianta non riesce a incrementare le dimensioni delle cellule degli acini rimasti e un ulteriore miglioramento della qualità si ottiene togliendo quelle parti di grappolo che raggiungono la maturità con più difficoltà.

Un altro aspetto va sottolineato. Affinché l’operazione di sfoltimento possa sortire effetti significativi sulla qualità dei mosti è necessario che l’asportazione dei grappoli non sia inferiore al 40-60% dell’uva presente sulla pianta, perché solo così i rapporti tra chioma fogliare e produzione vengono condizionati a favore dei processi di accumulo nella bacca. Il progetto ha interessato 70 ettari coltivati ad Aglianico, biotipo Sannio, derivato da popolazioni insediate sul territorio da epoche molto antiche. Dato il successo della sperimentazione nei prossimi anni la superficie di vigneti che vi saranno sottoposti, crescerà significativamente. Dal punto di vista economico il diradamento rappresenta un aggravio significativo nei costi di produzione e una limitazione produttiva importante. Ma in questo caso, il Cda della cooperativa ha deciso di non buttare a terra i grappoli oggetto di diradamento, ma di vinificarli ottenendo una ottima base per vini spumanti, azzerando così le spese di questa operazione almeno in termini di produttività dei vigneti. La qualità del vino ottenuto che percepirà  il consumatore, non solo compenserà  le perdite ma darà un valore aggiunto al vino prodotto e quindi al vigneto.
I miglioramenti qualitativi raggiunti dai soci della Cantina La Guardiense con questa sperimentazione, (che diverrà con i prossimi anni una prassi ordinaria nella produzione dell’Aglianico e non solo), consentono di affermare, al di là dei significati simbolici di un’iniziativa non comune che ha coinvolto la base sociale in un’azione corale, che i successi ottenuti in termini qualitativi  collocheranno questi vini in una fascia di mercato capace di  valorizzare economicamente il lavoro svolto da appassionati viticoltori sanniti. I risultati, di grande valore conoscitivo, saranno un punto di riferimento per il futuro, per tutti quei produttori, anche non soci della Guardiense, che vorranno ottenere dall’Aglianico una performance qualitativa di cui, prima di questa sperimentazione, pochi erano a conoscenza.

Attilio Scienza


Il nostro impegno a favore dei soci

Nell’ambito della sperimentazione svolta presso i vigneti della Cooperativa agricola La Guardiense, il comitato tecnico composto da soci, ha svolto un’attività di selezione e controllo dei vigneti oggetto di sperimentazione. Le operazioni di scelta sono state effettuate su progetto di Riccardo Cotarella ed eseguite in collaborazione con il suo staff. Abbiamo iniziato i lavori nel maggio 2011 con una prima visita volta a censire le vigne di tutti i soci che hanno dato la loro disponibilità ad aderire all’iniziativa promossa da La Guardiense.

Domizio Pigna e Salvatore Garofano, i vertici della Guardiense, Riccardo Cotarella, al centro, con lo staff tecnico della Falesco composto da Nicola Tarantini e Fabio Cimicchi. Nella foto anche alcuni soci storici: Elvio Plenzich, Eneo Mancinelli, Colangelo Giuseppe, Salvatore Garofano, Silvio di Lonardo, Amato Sebastianelli, Giuseppe Conte e l’enologo de La Guardiense Marco Giulioli

Tutti gli appezzamenti da visionare sono stati esaminati da una squadra composta da un membro del nostro comitato insieme a un tecnico del gruppo di Cotarella. Il risultato ottenuto è stato una suddivisione in classi qualitative, attraverso l’osservazione di parametri predeterminati come sistema di allevamento e di impianto, tipo di terreno, esposizione e numero di gemme per ceppo. Mediante l’analisi di questi dati, abbiamo fatto una prima scrematura dei vigneti, scartando quelli ritenuti non idonei.
Le visite si sono succedute con cadenza quindicinale. Inizialmente si è proceduto a un’ulteriore selezione per escludere gli appezzamenti di qualità inferiore. I sopralluoghi successivi hanno avuto come scopo il controllo delle operazioni colturali, così da verificare che fossero rispettate le direttive del progetto. Una volta individuati i vigneti idonei è stato fatto un lavoro di stima delle produzioni fondamentale per impostare le successive fasi di coltivazione. Gli accertamenti fatti dal mese di luglio in poi avevano come scopo quello di controllare l’avvenuta realizzazione del diradamento dei grappoli e della defogliazione così da segnalare prontamente eventuali irregolarità o l’efficacia della lavorazione. In tutte le visite è stata posta grande attenzione nei confronti dello stato fitosanitario dei vigneti.
La nostra collaborazione con i tecnici della Riccardo Cotarella & C srl ha permesso di selezionare, in maniera imparziale, gli appezzamenti tra un gran numero di particelle, grazie alla nostra esperienza e alla profonda conoscenza del territorio. Abbiamo riscontrato la completa disponibilità da parte dei partecipanti, che hanno agevolato notevolmente la realizzazione del progetto, di cui hanno subito compreso la grande utilità e importanza. Tutto questo impegno ha permesso di produrre un lavoro di indubbio valore tecnico e scientifico, nonché di valorizzazione del nostro territorio e del lavoro dei nostri produttori.

Il Comitato Tecnico: Giuseppe Conte, Silvio di Lonardo, Elvio Plenzich, Giovanni Salvatore, Amato Sebastianelli e Carlo Sebastianelli


L’esperienza dell’enologo

Quando durante la vendemmia 2010 Riccardo Cotarella, sulla case dei risultati del “modesto” diradamento di otto ettari, disse di volerne incrementare la superficie, mai mi sarei aspettato che quelle parole assumessero queste dimensioni. Lavorare a questo progetto è un’esperienza entusiasmante non solo per gli aspetti scientifici, ma soprattutto per il coinvolgimento emotivo che c’è stato in tutti i partecipanti. Quando leggiamo infatti mille soci pensiamo quasi esclusivamente a un numero, non immaginiamo che mille soci sono mille famiglie, molto più di mille vigneti e mille diversi modi di fare il proprio lavoro. Capire il potenziale enologico di un vigneto è un lavoro complesso, comporta uno studio di fattori agronomici, dell’esposizione, della giacitura e di molti altri parametri. L’elemento più importante è però quello umano. L’entusiasmo, il coinvolgimento e la voglia di sperimentare per migliorarsi sono sempre più rilevanti di un’esposizione o di un portainnesto, per questo lo staff di tecnici del gruppo Cotarella, Mourad Ovada, Franco Feliciotti, Massimo Bartolini, Roberto Muccifuori e Nicola Tantini nel vistare i vigneti ha sempre cercato il contatto con il viticoltore, per capire come avrebbe risposto ai protocolli da applicare.
Vinificare le uve di questo progetto è sicuramente un privilegio, di cui tutti noi percepiamo la responsabilità di fare bene e l’onore di esserci. I prodotti ottenuti stanno emozionando già dalle prime degustazioni, a dimostrazione che il grande affiatamento di tutta la squadra ha dato ottimi risultati.

Marco Giulioli, enologo de La Guardiense

 

Sullo stesso argomento vedi anche l’articolo: I mille per l’Aglianico (1ª puntata)


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© Riproduzione riservata - 23/02/2012

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