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Giovani produttori: riscoprire l’Oltrepò Pavese con i fratelli Calatroni

22 Febbraio 2016 Jessica Bordoni
Le due facce di una stessa Cantina. I fratelli Stefano e Cristian Calatroni, rispettivamente classe 1985 e 1981 (in foto), sono i giovani titolari della Calatroni Vini di Versiggia, in Alta Valle Versa. «Siamo figli di un viticoltore che ha sempre creduto fortemente nell’Oltrepò Pavese e ci ha trasmesso la passione per questa terra», spiega Cristian. «Non ci nascondiamo dietro un dito», spiega Cristian. «Siamo consapevoli che l’Oltrepò Pavese oggi non goda di grande appeal. Le scelte di mercato hanno puntato su prezzi bassi, privilegiando l’entrata nel canale della Grande Distribuzione a discapito della qualità». La Calatroni Vini è tra le Cantine che hanno deciso di uscire dal Consorzio di tutela e, nel 2012, hanno fondato il Distretto del vino di Qualità Oltrepò Pavese, che punta alla valorizzazioni delle due Denominazioni principali: il Pinot nero e la Bonarda, a base Croatina. «Siamo tutte aziende agricole che seguono personalmente l’intero percorso di filiera e sostengono il binomio vino e territorio, con particolare attenzione all’ambiente, alle tradizioni e al turismo enogastronomico».

 I due volti dell'azienda Calatroni

Come sono giunti fin qui Cristian e Stefano Calatroni? «Io ho frequentato la scuola enologica di Alba, in Piemonte» spiega Cristian. «Stefano ha dovuto fare un po’ meno strada perché è andato all’istituto agrario Gallini di Voghera. Dopo le superiori, abbiamo scelto due strade differenti: io mi sono laureato in Viticoltura ed Enologia all’Università Statale di Milano con il grande Attilio Scienza; mio fratello ha seguito una serie di corsi privati di economia aziendale, marketing e internazionalizzazione d’impresa, trasferendosi sei mesi in Australia per imparare l’inglese». Finiti gli studi, per entrambi la decisione di lavorare a tempo pieno in azienda, anche se con ruoli diversi: Cristian in vigna e alla produzione, Stefano alla guida del commerciale e della comunicazione, senza dimenticare la gestione dell’agriturismo di famiglia Calice dei Cherubini, proprio di fianco alla Cantina.

L’Oltrepò è sul Parallelo del Vino

«C’e poco da girarci intorno: siamo profondamente innamorati dell’Oltrepò, pur con tutte le sue contraddizioni», afferma Stefano. «Non tutti sanno che le nostre colline sono attraversate dal 45esimo parallelo Nord, il cosiddetto parallelo del Vino, che passa anche da Bordeaux e dall’Oregon». Dopo il Chianti e l’Astigiano, l’Oltrepò Pavese rappresenta la terza area di produzione italiana di vini certificati per numero di ettari iscritti all’Albo ed è il primo bacino vitivinicolo della Lombardia. Oggi occupa circa il 63% della superficie vitata e produce il 55% del vino regionale. L’inizio del secolo scorso ha segnato la nascita delle Cantine sociali, che ancora oggi costituiscono una realtà significativa della zona; ma sono soprattutto le aziende familiari di piccole dimensioni a farsi carico del difficile e ambizioso processo di rilancio dell’enologia locale a livello nazionale e all’estero.

Un po’ di storia oltrepadana

«Qui la vite risale al VI secolo a.C, quando gli Etruschi introdussero il sistema con potatura lunga e maritata, valorizzando le cultivar locali e compiendo delle selezioni dei vitigni», prosegue Stefano. Dopo la caduta dell’impero romano, arrivarono i Longobardi, che scelsero Pavia come capitale del Regno. Un ruolo chiave ebbe poi il Monastero di Bobbio: «Nel VIII secolo la Regina Teodolinda concesse ai monaci irlandesi dell’abbazia di San Colombano alcuni terreni da coltivare. I monaci, che si erano fermati 20 anni in Borgogna, ripristinarono la coltura della vite nelle terre devastate dalle scorribande barbariche e da lì tutto ripartì». A metà del Settecento, l’Oltrepò entrò a far parte del Regno di Sardegna (ancora oggi alcuni lo definiscono Antico Piemonte) e nell’Ottocento partì la produzione e la commercializzazione vinicola. «Prima dell’attacco della fillossera c’erano oltre 200 vitigni autoctoni, oggi sono circa una dozzina, tra cui la Croatina, la Moradella e l’Uva di Mornico».

L’impegno per il rilancio della Bonarda

L’ultima iniziativa del Distretto del vino di Qualità Oltrepò Pavese, sostenuta da una ventina di Cantine, è il progetto Bonarda dei Produttori, un marchio di qualità che garantisce standard di produzione più alti, grazie all’adozione di parametri più restrittivi rispetto a quelli imposti dal disciplinare della Doc (rese per ettaro e uva/vino più basse, minore aggiunta di solfiti, obbligo di una certificazione esterna…). «Abbiamo realizzato anche un’apposita bottiglia, la Marasca. Il nome richiama uno dei profumi tipici della Bonarda, qui in versione rigorosamente frizzante per esaltare la tipicità dell’uva Croatina. Il prezzo consigliato non può mai essere inferiore ai 5 euro a bottiglia. Anche con il costo, volutamente maggiore rispetto alla media, vogliamo mettere in evidenza la distanza tra noi e chi pensa solo alle quantità». Come dire: in Oltrepò è arrivato il momento di guardare oltre, e c’è chi lo sta già facendo.

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