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Catalanesca, ex uva da tavola

20 Ottobre 2019 Roger Sesto
Catalanesca, ex uva da tavola

La Catalanesca, di antiche origini iberiche, si diffuse nel XIV secolo nel comprensorio vesuviano, trovando lì il suo habitat ottimale. Fino a qualche anno fa era classificata solo come uva da tavola, finché non è stata registrata anche come cultivar da vino dal 2005.

Cantine Olivella di Andrea Cozzolino e i soci Ciro Giordano e Domenico Ceriello, sita a Sant’Anastasia (Napoli) nel Parco nazionale del Vesuvio, con il suo Katà, Catalenesca del Monte Somma Igt è stata la prima – nel 2011, anno di iscrizione del vitigno nella citata Igt – a vinificare e imbottigliare questa bacca bianca. Il progetto prende le mosse negli anni Novanta, con il ripristino di una vecchia vigna e le prime artigianali sperimentazioni di vinificazione. L’obiettivo era trasformare il “vino del contadino” in un nettare interessante anche commercialmente. Il tutto col supporto, tra il 1995 e il 1999, dell’ente regionale SeSirca e di Luigi Moio. Nel 2004 nasce Cantine Olivella, ritenuta la vera promotrice di questo misconosciuto vitigno.

Grappoli di Catalanesca


Katà, da viti di Catalanesca a piede franco

La Catalanesca impiegata in purezza per il Katà, che matura tardivamente nella prima decade di ottobre, proviene da vigne a piede franco alle pendici del Monte Somma (3-600 m). Basse rese, suoli vulcanici, e una lunga permanenza sulle fecce fini conferiscono al vino mineralità, freschezza, longevità.

Nella foto: Ciro Giordano

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