Biodiversità in vigna: a cosa serve (e perché continuiamo a studiarla)

Biodiversità in vigna: a cosa serve (e perché continuiamo a studiarla)

Non è semplicemente un termine di moda, ma un tema cruciale per il mondo del vino. La biodiversità in vigna è stata al centro di un convegno organizzato dall’associazione Le Donne della Vite, in collaborazione con BluAgri il 27 marzo alla Cantina di Negrar.

«La diversità paesaggistica è collegata alla biodiversità degli ambienti viticoli. Di qui la necessità di conoscere a livello tecnico-scientifico l’ecosistema, le caratteristiche del terreno e le pratiche agronomiche che possono aiutarci a ottenere un ambiente e un vino più sani» ha introdotto Valeria Fasoli, presidente de Le Donne della Vite. «Dietro a un grande paesaggio c’è un grande vino», ha aggiunto Daniele Accordini, direttore della Cantina di Negrar. «Il nostro dovere è tutelarlo per consegnarlo alle future generazioni in condizioni migliori di come lo abbiamo trovato».

Lo studio sui vigneti dei Colli Euganei e Berici

Prendendo in considerazione il microbioma del vigneto, tipicità e qualità del suolo sono espressi da specifiche comunità microbiche. L’università di Padova le ha studiate in 12 vigneti dei Colli Euganei e Berici, approfondendone la biodiversità, in relazione alle diverse stagioni. Tenendo conto dell’impatto di terreni incolti o boschetti adiacenti e dell’impiego di sistemi di coltivazione tradizionali o biologici. Attraverso l’estrazione del Dna dal terreno e una serie di sequenziamenti metagenomici, lo studio ha rivelato come i microorganismi nei suoli contribuiscano a creare una etichetta molecolare dell’ambiente. 

La gestione del vigneto influenza la biodiversità

«Attraverso l’analisi di gruppi microbici di riferimento con caratteristiche simili (cluster) abbiamo potuto verificare i vigneti più simili e quelli caratteristici di determinate zone o terroir. Ma anche come la diversa gestione influisca sulla biodiversità, determinando una maggiore e minore resilienza dell’ambiente in caso di necessità», ha spiegato Andrea Squartini, del Dipartimento di agronomia, alimenti, animali, risorse naturali e ambiente Dafnae. Un ruolo importante viene giocato inoltre dai lombrichi menzionati da Darwin nel 1882, che rimescolano il suolo rendendolo ricco di sostanza organica e nutrienti, come ha sottolineato il docente di ecologia dell’Università di Padova Maurizio Guido Paoletti.

Come rendere i vigneti più resilienti

Dal microbioma al microbiota della vite. «La vite ospita numerosi microrganismi. Alcuni sono responsabili di malattie, molti contribuiscono a difendere le piante, mentre altri sono strategici per la vinificazione», ha detto Ilaria Pertot, docente all’Università di Trento e alla Fondazione Edmund Mach. «Dalla caratterizzazione del microbiota della vite ipotizziamo possano aprirsi nuove opportunità per un bio-controllo microbico più efficace. E per favorire la crescita degli antagonisti dei patogeni».

La biodiversità in vigna è immensa (e lo scopriamo solo ora)

In sostanza, la biodiversità microbica della vite è immensamente maggiore di quanto si immaginava solo pochi anni fa. E sembra avere una valenza molto ampia nelle funzioni dell’ecosistema. A molto possono contribuire pratiche agronomiche rispettose dell’ecosistema e del sistema vigneto. Non solo. «Occorre riprogettare i vigneti inserendo elementi di biodiversità, considerando anche che alcune specie antagoniste su altre piante possono esserlo anche sulla vite», ha spiegato Carlo Duso, presidente del corso di laurea in viticoltura all’Università di Padova.

Altri case history

Nel convegno sono anche stati presentati case history di monitoraggio e controllo dei fattori gestionali, ambientali e di paesaggio con impatto sulla biodiversità dei vigneti. Come l’esperienza in Canton Ticino testimoniata dall’Istituto federale di ricerca Wsl (Swiss federal institute for forest, snow and landscape research). Da BluAgri sono giunti esempi di stimolazione del microbiota del suolo e di recupero di fertilità in vigneto attraverso le pratiche delle aziende Inama (Soave) e Santa Sofia (Valpolicella).

Nuovi strumenti per misurare la biodiversità

Ulteriori contributi sono stati offerti da Biomemakers, che ha illustrato nuovi strumenti per mappare il microbioma e gestire il vigneto e la cantina, e da Global Diversity AssociationFondo Prognoi per certificare la biodiversità e la qualità di aria, acqua e suolo nel vigneto. Lo Studio Agronomico Sata, infine, ha elaborato con l’Università di Milano il Biodiversity Pass: un percorso che comprende la valutazione di indici di biodiversità strutturale, analisi chimico-fisiche del suolo e delle popolazioni animali e vegetali nel suolo. Per correlare la ricchezza biologica con la qualità delle pratiche agronomiche che impattano sull’ambiente e in vigneto.

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© Riproduzione riservata - 28/03/2018

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