
È complicato, e un po’ imbarazzante, parlare di un proprio libro, ma sarebbe ipocrita se fingessi distacco. Infatti, sono particolarmente orgoglioso di quanto abbiamo realizzato Virginia Fovi, l’art director di Civiltà del bere, ed io per questa pubblicazione di Bur-Rizzoli, dal 25 novembre in tutte le librerie e on line dappertutto. Dopo il successo del primo Vinology, un long-seller con oltre 50mila copie vendute, e diverse declinazioni di modalità pop per avvicinare gli appassionati alla degustazione, è naturalmente arrivato il tempo di affrontare l’affascinante, ma complesso, tema dell’abbinamento.
Innanzitutto, ho affrontato la scarsa letteratura sul tema, scarsa per quantità non per qualità: il vate imprescindibile Gino Veronelli, il doctor Daniele Cernilli e il professor Giuseppe Vaccarini che, prima con Ais e poi con Aspi e sempre come docente di sommellerie in uno dei più prestigiosi istituti alberghieri milanesi, ha scritto molto sul tema, utilizzando il metodo che alla fine abbiamo rielaborato per giungere a un linguaggio visivo contemporaneo, ma che poggia sulle solide basi dei classici.
Il matrimonio perfetto cibo-vino esiste?
Poi sono andato a vedere come avevano impostato il discorso le scuole internazionali di sommellerie, francesi soprattutto, e mi sono reso conto che è squisitamente italiano il sogno del matrimonio perfetto, mentre all’estero – e lo racconto in un capitolo del libro – gli autori si preoccupano maggiormente di aspetti che non riguardano nello specifico l’abbinamento, commentano le modalità di consumo, suggeriscono sequenze di servizio, temperature e calici da utilizzare. D’altro canto, la scuola italiana risulta ai profani piuttosto complicata, adatta ai professionisti di sicuro, con valutazione di molti dettagli dei cibi e dei vini che però necessitano di ampie conoscenze di base.
Siamo comunque partiti da qui, ma abbiamo semplificato la teoria classica, mantenendo gli elementi imprescindibili e riconoscibili da un ampio pubblico nelle parti fondamentali, come ad esempio la struttura e il corpo rispettivamente di un piatto e di un vino, i livelli di untuosità e di grassezza di un cibo, l’acidità e la sapidità di un vino eccetera.
Vini specifici e vini per stile
Un ulteriore passaggio di riflessione, che è a mio avviso la parte più originale e utile al grande pubblico dei curiosi, riguarda la descrizione del vino in relazione al cibo, perché se è vero che tutti gli italiani, o quasi, sanno “pregustare” anche solo con la fantasia i caratteri organolettici di una lasagna o delle trofie al pesto, ciò non vale per il vino. Per questo abbiamo lavorato su due livelli: il suggerimento di vini specifici (generalmente Doc e Docg, per semplicità di reperimento e codifica), che sono spiegati con i loro caratteri precipui e relazionati alle pietanze (primo livello), poi accorpati per stile (secondo livello), concetto poco usato dalla letteratura enoica nazionale, ma in fin dei conti molto pratico e utile. Ovvero, potrebbe essere complicato trovare nel supermercato sotto casa il Riviera Ligure di Ponente Pigato Doc che suggerisco con le trofie, ma questo è un “bianco fermo secco giovane non aromatico” (uno dei 27 stili in cui ho categorizzato tutti i vini) per cui il lettore, come alternativa forse non altrettanto ideale, ma decorosa, potrà scegliere tra molti altri vini, che troverà nel capitolo dedicato agli stili del vino.