Correva l’anno 1982 quando lo scrittore e giornalista Sergio Saviane parlava di una “campagna contro l’alcol, anzi contro il vino”. Mutatis mutandis, la situazione attuale non si delinea così diversa da quella di quaranta anni fa. Un articolo per certi aspetti paradossale e non privo di esagerazioni, ma pieno di spunti interessanti, come la proposta di istituire un “ministero Vini e vigneti”
Continua in televisione la campagna contro l’alcol, anzi, contro il vino. L’ultimo attacco frontale l’abbiamo ascoltato lunedì 24 maggio nel settimanale di medicina di Luciano Onder, “Trentatré”. Hanno parlato medici, vinologi, ubriachi e fiaschi in primo piano. E tutti contro il vino. Il professor Forleo ha detto che non bisogna bere più di mezzo litro al giorno, ma deve aver detto una bugia, a fin di bene, perché a vederlo, non sembra uomo da un solo mezzolitro al giorno. Anche Luciano Onder, con quel cognome da trentino, dev’essere uno che trinca. Ma potremmo anche sbagliarci.
La diffamazione da parte dei mass media
Sarà anche giusto predicare contro l’alcol. Ma qui c’è di mezzo tutta l’Italia. Cosa possono fare i cittadini per consolarsi di governi incompetenti, ministri peculatori, cantautori intronati, romanzi fumeggianti, tasse e rincari? Ci hanno detto a scuola che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Sarà anche vero. Ma chi la mantiene in vita però è ancora il vino, questo elemento e alimento così importante e, chissà perché, così vituperato dalla televisione e dai giornali. Infatti, a differenza del lavoro, che occupa le prime pagine dei giornali e telegiornali, fa esplodere bottiglie Molotov, mobilita e fa baruffare sindacati, uomini politici, studenti, operai e mette a sconquasso tutta l’Italia, il vino non ha bisogno dei sindacati e della cassa integrazione, dei dibattiti televisivi, delle sfilate con i cartelli. Mai visto colonne di gente che sfila sulle piazze e per le strade con le scritte: “È ora, è ora – il vino a chi lavora”. Il vino sta buono nelle botti e nei fiaschi, non parla mai, non fa le rivoluzioni, non va a donne, non auspica o ribadisce, non fa il peculato, non fa lo sciopero, le istanze; si accontenta solo di essere bevuto e fa risparmiare l’acqua, un altro elemento così prezioso. Solo in Francia ha provocato scontri imbecilli e anche quella volta ci ha rimesso perché è stato buttato sulle strade. Un delitto.
L’Enotria e le nuove forme di vendita
In tutti i dépliant turistici distribuiti nei Paesi stranieri, domina sempre il fiasco, come attrazione di prestigio. Non per niente una volta l’Italia era chiamata Enotria. Ed è un Paese così ben radicato nelle vite che il vino è arrivato perfino sulle strade e presto conquisterà le consolari e le autostrade al pavesino. A Padova, nella zona dell’Arcella, chi vuol bere mezzo litro non va più in osteria, ma al distributore automatico. Sceglie il Raboso del Piave, il Tocai-normale, il Clinton-super, il Cabernet-miscela o il Merlot-supersprint, controlla il tassametro, paga e poi beve. Si tratta di vere e proprie pompe a manovella (come si usava una volta per la benzina) o ad elettricità, che funzionano giorno e notte anche quando le osterie sono chiuse.
L’idea di trasformare gli italiani in pompieri è nata da sé, nelle osterie, dove palpita il cuore dei veneti, e anche di molti italiani, forse per far fronte al forte consumo che si fa, nella terra dei preti e delle vigne, della popolare antica e allegra bevanda chiamata “scàbio”. Nel Veneto c’è un proverbio che va bene per tutta l’Italia e che dice: “Pan e vin la vita del fantolin”.
La delicata questione vino e bambini…
Oggi il fantolino veneto o piemontese viene tirato su con gli omogenizzati o con la nutella, ma, fino a dieci-quindici anni fa (e ancora oggi), specie fra i contadini, un bambino la sua ombretta di vino o di graspa se la faceva sempre, mangiando, ma anche a stomaco vuoto nel caffelatte del mattino, prima di andare a scuola. E non è da dire che i bambini al plasmon siano migliori, più vispi e intelligenti di quelli tirati su col vino. Non si potrà mica dire che Bisaglia, Rumor, Ferrari Aggradi, la Tina Anselmi, o l’onorevole borraccia Flaminio Piccoli, che sono stati allevati come tutti i fantolini veneti, siano lenti di riflessi nella conquista dei feudi scudocrociati o nel traffico delle bustarelle Lockheed. Va bene che Rumor adesso ha perso la memoria, ma dategli mezzo litro di Raboso e vedrete come diventa sveglio. È diventato così importante il vino, che bisognerebbe istituire subito un ministero “Vini e vigneti”.
… anche tra le sale del Parlamento
Tornando ai bambini, l’unico imprevisto era che ne bevevano così tanto che la deputatessa democristiana Maria Pia Dal Canton, di Treviso, fu costretta nel primo dopoguerra a fare un’interpellanza alla Camera perché si provvedesse subito a fare una legge contro l’abitudine di nutrire i neonati e i bambini col vino o la graspa con lo zucchero, come se il governo potesse far diventare astemi tutto d’un colpo i bambini della terra di Bisaglia e i loro genitori. Infatti l’interpellanza della deputata non ebbe fortuna: anzi, forse fu controproducente. Sta di fatto che oggi le osterie non bastano più, e occorrono urgentemente le pompe a mano per il vino.
Tutte le funzioni del nettare di Bacco
A Belluno, la provincia italiana (e anche europea) col più alto tasso di alcolismo, ma anche in tutta l’Alta Italia, in Toscana, e nella capitale italiana del vino, Marsala, dove si fa lo squisito Montalto secco e il Vergine Rallo, famosi in tutto il mondo, il vino non è un passatempo dopolavoristico, non è una bibita per cantare in compagnia, un espediente per fare amicizia, un antidoto contro la solitudine, e tanto meno è alcolismo, ma un mezzo antico e contemporaneo di sostentamento, con altre funzioni sociali e politiche, oltre che di antigelo, che serve a tenere in piedi chi lavora e chi non lavora, il benestante e il povero, il parroco e il suo sagrestano, il deputato scudocrociato e il proletario, con tutti i loro fantolini.
La dimensione religiosa
È insomma proteina, vitamina, simpamina e anche cocaina. Fino al primo dopoguerra era l’alimento principale, come il pane, la carne, il latte o il formaggio. Oggi che le cose sono un po’ cambiate (ma di poco), pur rimanendo proteina, nei luoghi più depressi e isolati è anche cinema, teatro, messa ultima, giornali, libri e televisione. Il vino regola la nascita, la vita e la morte. Si beve al mattino, alla sera, di notte, e il giorno dopo si ricomincia all’alba, perché fa bene ai polmoni e perché il fiume non si arresti mai. Perché come dicono in chiesa, il vino è il sangue di Cristo. E Cristo, in Veneto soprattutto, non bisogna mai tradirlo, né in osteria, né dentro la cabina del voto.
Sergio Saviane, scrittore e giornalista (1923-2001)