Vino e birra. Stessa bottiglia?
L’ultimo trend del pianeta birra parla chiaro: la bottiglia da 0,75 litri sta diventando sinonimo di qualità. L’uso sempre più esteso del formato un tempo quasi esclusivamente dedicato al vino si registra soprattutto nelle produzioni artigianali o comunque di alto livello, che mirano a elevare le proprie birre verso uno status più prestigioso di “etichetta”.
IL BOOM AMERICANO – Ce ne stavamo accorgendo anche qui, ma la notizia arriva dagli Stati Uniti. Il New York Times registra un incremento nella diffusione di birra in large-format bottles, anche in altre dimensioni: dalle bombers da 22 once (circa 0,65 litri), la big size più diffusa, fino ad arrivare a jeroboam da tre litri. Un esempio del fenomeno? Dogfish Head, fra i più grandi e famosi birrifici artigianali americani, presto dedicherà esclusivamente una delle sue due linee di bottiglie al formato 0,75.
PRESTIGIO SÌ, MA A QUALE COSTO? – A questa capillare, entusiastica “wine-ification” da parte dei produttori di birra non corrisponde un adeguato entusiasmo tra i consumatori. È fondamentalmente una questione di costo (il prezzo di una birra da 0,75 litri è allineato con quello di una buona bottiglia di vino), ma anche di rapporto fra le dimensioni e l’elevato grado alcolico che solitamente contraddistigue queste birre, con l’ulteriore svantaggio che, a differenza del vino, queste ultime non si può richiudere e conservare una volta stappata. Resta da capire se questo è l’unico modo per distinguersi dal look più quotidiano e low profile della classica chiara da supermarket, oppure scegliere di esplorare, intanto, altre vie.
Tag: birrificio artigianale, bottiglia, New York Times, Usa© Riproduzione riservata - 05/04/2013