Vialone nano protagonista di tre ricette di Leandro Luppi – Vecchia Malcesine (Verona)

Vialone nano protagonista di tre ricette di Leandro Luppi – Vecchia Malcesine (Verona)

Tiene bene la cottura ed è ricchissimo di amido, due caratteristiche che lo rendono perfetto per i risotti e adatto a essere usato anche come base per i dolci. Ottimo per le insalate e addirittura soffiato. Il suo regno è nella pianura veronese ricca di risorgive dalle acque cristalline

Il chicco tondo, l’aspetto non completamente lucido e la lunga cottura di cui necessita avevano lasciato il riso Vialone nano in secondo piano rispetto al Carnaroli, dalle forme più allungate ed eleganti, che sembrava essere l’unica varietà adatta all’alta cucina. Non è così, e per fortuna la ristorazione di pregio si è ricreduta e sta riconsiderando le caratteristiche di questo prodotto molto amato nel Veneto, specie nell’areale veronese. Il perché è presto detto: il chicco ha un contenuto in amido molto elevato e per la cultura gastronomica che predilige i risotti morbidi o, come si dice in gergo tecnico, “all’onda”, è ciò che ci vuole. Occorre un po’ di pazienza se si vuole adottare in cottura la tecnica alla milanese, aggiungendo poca acqua alla volta, man mano che si asciuga, poiché si deve continuare a mescolare. Se invece si versa il riso nell’acqua o nel brodo bollente e lo si lascia cuocere da solo, l’impegno è minore. Questo tipo di preparazione viene chiamato “alla pilota”, riferendosi a chi lavora nelle pilerie, strutture dotate di macchinari che devono ripulire il riso dalle varie pellicine da cui è avvolto.

Una coltivazione di Vialone nano nel Veronese

Ora è tutto meccanizzato e computerizzato, ma un tempo si facevano girare gli ingranaggi con l’aiuto di ruote dentate che prendevano energia dal fiume e si eseguivano anche molti passaggi a mano. Il lavoro era faticoso e il tempo era poco. Prima si faceva bollire il liquido in dosi precise rispetto ai quantitativi di riso che successivamente veniva posto al centro del recipiente aiutandosi con un imbuto di carta grossa, in modo da formare un monticello, si faceva riprendere il bollore, si abbassava la fiamma e si copriva. Il riso continuava a cuocere ed era pronto quando l’acqua si era assorbita, dopo una mezz’oretta. Questo sistema di cottura è anche il più usato in Oriente.

La varietà del Vialone nano, dall’incrocio tra Vialone e Nano, fu creata nel 1937 e, come già accennato, prese piede nel Veronese, zona di tradizione risicola che risale ai tempi della Repubblica di Venezia. Quando la stella di questa potenza marinara iniziò a declinare, agli inizi del Seicento, a causa dei troppi concorrenti sulle vie del commercio con l’Oriente, l’amministrazione rivolse le sue attenzioni alla campagna e favorì l’investimento fondiario dei cittadini veronesi e dei veneziani. I luoghi divennero residenze nobiliari con splendide ville, dotate di strutture legate all’agricoltura. La fonte principale di reddito divenne il riso. I terreni a Sud di Verona sono l’ideale per una pianta che ama l’acqua ma non per tutto l’anno. L’attuale Vialone nano ha il suo regno in poco più di una ventina di comuni, sparsi su un areale delimitato dal fiume Mincio a Ovest, dal confine regionale a Sud, dall’Adige a Nord e per buona parte ad Est, e che ha epicentro a Isola della Scala.

Un vecchio pestello per la pilatura. La lavorazione all'antica agisce in modo meno incisivo sul chicco, conservandone il germe

Qui è nata nel 1979 la volontà di difendere e proteggere un prodotto molto amato, richiedendone l’Igp. Il disciplinare è in realtà più simile alla Dop perchè la materia lavorata deve provenire dall’area produttiva. Per il presidente del Consorzio, Ernesto Artegiani, ci sono, oltre ai terreni, altri due punti fondamentali a garanzia della salubrità e bontà del Vialone nano Igp: la purezza delle acque di risorgiva e l’obbligo della rotazione delle colture nei campi, fattori che garantiscono una terra non impoverita e quindi un uso limitatissimo di eventuali diserbanti, i quali sono previsti infatti per un solo trattamento.

Di solito il riso non viene lavorato subito dopo la raccolta, ma riposa qualche mese. Di recente alcune aziende hanno iniziato a prolungare il periodo ad alcuni anni, conservandolo in silos ventilati e al fresco. È loro opinione che il gusto migliori, idea supportata anche da testimonianze che volevano presente sulle tavole dell’imperatore in Cina solo riso stagionato a lungo.

Nella lavorazione si asporta per prima la pellicina più dura, detta pula, ottenendo il riso integrale, poi si toglie una serie di altre pellicine che costituiscono la lolla e che, a seconda del numero di strati eliminati, daranno il riso semintegrale o il riso brillato. In questa fase viene via anche la parte del germe, che racchiude proteine e vitamine. Per risolvere il problema un’azienda piemontese ha cercato di reintrodurlo nel chicco con sistemi meccanici innovativi. Di solito il germe rimane nei chicchi se la pilatura è fatta all’antica, con vecchi pestelli che agiscono in modo meno incisivo rispetto alle macchine.

Alcune pilerie sbiancano eccessivamente il riso e ciò incide sia sul gusto sia sulla cottura. Uno dei motivi per preferire il riso a brillatura leggera, che appare con colore leggermente ambrato e su cui si intravedono piccole striature, secondo Paolo Pavan, uno dei produttori del Consorzio di Grumolo delle Abbadesse, piccola realtà del Vialone nano tra Vicenza e Padova, è che ha più sapore anche perché grazie alle piccole graffiature in superficie trattiene sughi e liquidi.

 

Leandro Luppi – Vecchia Malcesine (Malcesine, Verona)

Lo chef Leandro Luppi, del ristorante Vecchia Malcesine (Malcesine, Verona)

Questa tipologia di Vialone nano è l’unica a essere usata da Leandro Luppi, titolare del ristorante Vecchia Malcesine (www.vecchiamalcesine.com) a Malcesine, sulla sponda veronese del lago di Garda, quasi al confine con il Trentino. «La mia scelta della tipologia di Vialone nano», spiega, «è per un riso non eccessivamente brillato e la conferma sulla bontà della decisione arriva dai miei clienti che lo riconoscono come prodotto superiore». Originario di Bolzano, Leandro Luppi ha scelto dal 1991 di vivere vicino al lago con la famiglia, lasciando La Greppia, locale che aveva aperto nel 1986 nella città natale. Nel 1996 inaugura Vecchia Malcesine e inizia un percorso che trasformerà la trattoria turistica in un ristorante gourmet. Da dieci mesi ha avviato un altro locale, sempre nel Veronese, ad Affi, chiamandolo Locanda Moscal, pensato per un’offerta più disinvolta, a prezzi contenuti, ma con la stessa qualità delle materie prime, magari utilizzando ingredienti meno nobili, ma non per questo meno gustosi. La sua idea di cucina si basa su ricette con sapori netti, in cui emergano caratteristiche e profumi di ciascun ingrediente, senza creare troppe sovrapposizioni. Un chiaro esempio è la sua preparazione del risotto in cui non c’è mescolanza ma stratificazione; il compito del riso è di armonizzare gusti differenti.

RISOTTO BIANCO CON CAFFÈ, CAPPERI E BOTTARGA DI LUCCIO

«Il caffè sotto il riso viene scaldato e lascia emergere la parte speziata. I capperi danno una nota mediterranea gradevole, mentre la bottarga può essere sostituita da pesce di lago affumicato, sminuzzato e saltato in padella».

Si prepara il burro acido facendo insaporire 200 g di scalogno in 20 g di burro, si bagna con 100 g di vino bianco e 100 g di aceto bianco. Si lascia ridurre per circa un terzo. Si aggiungono 200 g di burro lasciandolo sciogliere. Si filtra, si pone in una tazza e si lascia addensare in frigo. Si tostano 240 g di Vialone nano in poco olio extravergine, si sfuma con 50 g di vino bianco e si continua la cottura bagnando con circa 1 litro di brodo vegetale. Si manteca il riso con 80 g di burro, 50 g di burro acido e 30 g di capperi di Pantelleria dissalati. Si spolvera il fondo del piatto con polvere di caffè del Kenia o di altre provenienze con caratteristiche di bassa acidità. Si sistema il riso sopra il caffè e si decora con scaglie di bottarga di luccio.

L’abbinamento di Giuseppe Vaccarini: questa preparazione si apprezza per il suo piacevole e accattivante gusto, caratterizzato da intensa e persistente dolcezza conferita principalmente dal riso e, in dose minore, dagli altri ingredienti. Per l’abbinamento occorre scegliere un vino effervescente e ben strutturato. La contrapposizione che esercita l’acidità sulla percezione dolce degli ingredienti, rafforzata dall’anidride carbonica e in aggiunta alle delicate note aromatiche e lunghe, crea una sorprendente armonizzazione con la struttura e i profumi dello spumante. Scegliere quindi l’Oltrepò Pavese Pinot Nero Rosé Metodo Classico, vino effervescente dal colore rosa tenue, ricco di bollicine fini e persistenti. All’olfatto schiude percezioni di raffinati e eleganti sentori di lamponi, amarene e fragoline di bosco, nonché sottili aromi di ciclamini e di lieviti. Al primo impatto in bocca, il gusto è dominato dalla presenza dell’anidride carbonica che sprigiona una stuzzicante freschezza supportata da una morbidezza che rende gradevole l’equilibrio e la struttura del corpo. Le sensazioni gusto-olfattive sono persistenti e terminano su fragranti note di frutta. Si apprezza soprattutto appena messo in commercio e non è adatto all’invecchiamento.

RISO LIQUIDO ALLO ZAFFERANO CON FOIE GRAS E CIOCCOLATO AMARO

«Il piatto è in carta da alcuni anni e nasce dall’idea di dare una versione insolita della ricetta lombarda, riproponendola come una ghiotta crema da gustare col cucchiaio, un gesto che ricorda l’infanzia».

Si cuociono 200 g di Vialone nano in 200 g di acqua e 200 g di latte per 40 minuti. A fine cottura si sala, si manteca con 50 g di burro e con la dose di zafferano in stimmi per 8 persone (0,5 g). Si lascia raffreddare e si frulla ottenendo una crema liquida abbastanza densa, si passa al colino e si tiene al caldo. Si scottano in padella antiaderente 4 fettine di foie gras di circa 40 g ciascuna. Si versa il riso liquido in una fondina, sopra si appoggia il foie gras e si decora con cioccolato fondente al 90 per cento di cacao grattugiato, calcolando circa 5 g a testa.

L’abbinamento di Giuseppe Vaccarini: questa curiosa preparazione è caratterizzata dalla ricca ed intensa dolcezza e della grassezza che ben si contrappongono all’acidità del vino che, grazie alla presenza dell’effervescenza, ha la funzione di pulire il palato per riportarlo alla normale soglia di percettibilità per proseguire con il boccone successivo. Il suo intenso ed accattivante gusto, reso ancora più piacevole dal tocco esotico del cioccolato con la tipica nota amarognola, deve essere ben bilanciato dall’equilibrio delle componenti del vino, inclusi gli zuccheri, nonché dalla sua delicata struttura che, unitamente ai variegati aromi degli ingredienti creano, forse inaspettatamente, l’accordo perfetto. Scegliere quindi per l’abbinamento il Piemonte Brachetto, vino dal colore cerasuolo tendente al rubino chiaro e dalla simpatica effervescenza che crea una persistente e finissima spuma. Al naso il bouquet è piacevolmente aromatico, con note di rosa e fragola unite a sfumature fruttate che ricordano la confettura di ciliegia. In bocca l’equilibrio tra dolcezza e freschezza lo rende di buona beva con finale pulito e persistenza di media durata.

GELATO DI RISO, CON CREMA DI RISO E PASSION FRUIT E RISO SOFFIATO

«Con il riso soffiato siamo riusciti a dare croccantezza senza rendere il piatto troppo zuccheroso, come capitava nelle vecchie ricette di dolci con il riso. Si può cambiare la frutta che però deve essere acida».

Si fanno bollire 50 g di Vialone nano in 100 g di acqua e 100 g di latte per 40 minuti. Si frulla, si incorporano 25 g di panna, 2 albumi montati a neve ferma e 40 g di 0. Si cuoce come una crema inglese, continuando a mescolare finché non si addensa. Si aggiunge mezzo foglio di gelatina di colla di pesce, ammollato e strizzato, si mescola, si pone nella gelatiera e si lascia riposare in freezer per almeno 12 ore. Si cuociono 50 g di Vialone nano in 200 g di acqua, 50 g di succo del frutto della passione e 30 g di zucchero per circa mezz’ora. Si frulla, si lascia raffreddare e si incorporano a freddo 30 g di Vialone nano soffiato bianco e 30 g di Vialone nano soffiato passato in 50 g di cioccolato fondente (90 per cento di cacao) sciolto. Si serve ponendo la crema alla frutta al centro del piatto e sopra una quenelle di gelato.

L’abbinamento di Giuseppe Vaccarini: il delicato e accattivante gusto di questo dessert è caratterizzato dall’intensa percezione dolce del riso e di tutti gli ingredienti, a cui seguono aromaticità, moderata grassezza e persistenza. La freschezza dell’acidità, rafforzata dalla presenza della CO2, è determinante nell’armonia delle sensazioni gustative poiché si contrappone a quelle della preparazione , mentre la ridotta presenza di zuccheri è in perfetta concordanza con il suo delicato gusto dolce. L’alcol, inoltre, dissolve la persistente nota di pastosità creata da alcuni ingredienti e contribuisce alla realizzazione dell’equilibrio gustativo e della sua finale armonizzazione. Scegliere quindi il Colli Bolognesi Pignoletto amabile frizzante, vino dal colore giallo paglierino quasi intenso ma luminoso ed un bouquet dal particolarissimo impatto olfattivo in cui si percepiscono profumi floreali intensi di biancospino che progressivamente svelano la fragranza delle note fruttate di mela, di banana acerba e di susina che si disperdono su un fondo di erbe aromatiche. L’entrata in bocca rivela una immediata nota pseudocalorica che viene subito bilanciata da una freschezza vivace, grazie anche alla sua effervescenza, ma anche dalla dolcezza che contribuisce alla piacevole chiusura finale.

Dieci regole d’oro

1. Per una tostatura corretta che mantenga le caratteristiche del chicco è preferibile tenere il fuoco basso e utilizzare olio extravergine d’oliva.

2. Il Vialone nano da insalata a chicchi sgranati va cotto alla pilaf, calcolando un volume di riso e uno e mezzo di liquido e mettendolo in forno, in pentola coperta, a 200 °C per circa 13 minuti.

3. Le spezie si abbinano bene con il riso, meno le erbe aromatiche che vanno dosate con attenzione.

4. Per togliere l’amido, in particolare se si vuole ottenere il riso soffiato, occorre sciacquare bene il Vialone nano sotto l’acqua fredda.

5. Pur essendo ottima base per qualsiasi risotto la resa migliore del Vialone nano è con sughi di carne, di pesce con carni grasse, di molluschi saporiti, formaggi e come base per creme e gelati.

6. Il tempo di cottura giusto per un risotto mantecato, mescolando il riso e con l’aggiunta di poco liquido di volta in volta, varia dai 18 ai 20 minuti.

7. La cottura alla pilota, altro sistema per fare i risotti, richiede un volume di riso e due volumi di liquido, non si deve mai mescolare.

8. Per una base di dessert o gelato si devono usare metà acqua e metà latte altrimenti il riso fa fatica a cuocere e ha troppi grassi.

9. L’abitudine nei risotti di bagnare con il vino, dopo la tostatura rischia di dare uno shock termico al chicco già caldo, che tende a scuocere esternamente.

10. Se nei risotti si utilizza il brodo filtrato di molluschi, che rilasciano sostanze naturalmente addensanti, si può evitare la mantecatura.

Tre diverse fasi di lavorazione del riso. Da sinistra: risone, riso semintegrale e riso brillato

 

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© Riproduzione riservata - 07/05/2012

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