Solo 3 ettari di vigneti in Val Squaranto circondano una casa colonica del ’500. Dalla raccolta all’imbottigliamento, tutto il lavoro si svolge all’interno della proprietà. Il cuore della produzione è costituito da Amarone e Valpolicella Superiore, che riposano sia in barrique sia in anfora
Torre di Terzolan è il sogno enologico di Roberta Previdi, architetto di formazione, che all’inizio degli anni ’90 ha deciso di dare forma a un progetto capace di valorizzare una tenuta dal patrimonio storico e di biodiversità unico.
La casa colonica, oggi cuore produttivo dell’azienda, si trova in Val Squaranto, angolo meno noto rispetto alla vicina Valpantena ma non meno vocato alla viticoltura. La sua costruzione risale al XIV secolo e inizialmente aveva la funzione di torre di caccia per gli Scaligeri, dinastia che governò sulla città di Verona per 125 anni.
Le origini
Lo sviluppo della proprietà è legato alla famiglia Ridolfi, in particolare nel XIX secolo è stata la residenza del cardinale Gualfardo Ridolfi, amico di Napoleone e membro della Corona di ferro.
«Quella che oggi è la cantina venne realizzata sotto la casa colonica nel 1500», spiega Roberta Previdi. Attorno all’edificio, oltre al parco storico, si sviluppano i 3 ettari di vigneto, coltivati esclusivamente seguendo i dettami dell’agricoltura biologica, che danno vita a circa a 12-13 mila bottiglie, a seconda dell’annata, e 6 ettari di oliveto.
«Il processo di raccolta, vinificazione, affinamento e imbottigliamento è tutto svolto all’interno della proprietà: potremmo definirci quasi uno Château bordolese in Valpolicella», spiega Roberta che nel 2015 ha fondato la sua azienda, dopo aver rilevato dal resto della famiglia la tenuta.
Amarone e Valpolicella Superiore affinati in barrique e anfora
I quattro vigneti di Torre di Terzolan – Mezzaluna, Pala, Binte e Brolo – mantengono le varietà autoctone Corvina, Corvinone, Rondinella e Croatina. Amarone e Valpolicella Superiore sono il cuore della produzione. Due vini un po’ fuori dagli schemi classici della tipologia, che stupiscono per modernità, freschezza e beva, grazie anche all’affinamento prolungato (fino a 6 anni per l’Amarone) che sposa l’uso della barrique a quello dell’anfora, a partire dall’annata 2018.
L’ultimo nato è il Valpolicella Doc
Il Valpolicella Doc, battezzato con l’annata 2023 in appena 2 mila bottiglie, è invece l’ultimo nato della famiglia e mantiene uno stile fermentativo identico ai fratelli maggiori – con basse temperature, délestage, rimontaggi e malolattica svolta – ma si differenza per il passaggio esclusivamente in anfora, prima dell’affinamento in bottiglia.
«Volevamo completare la nostra linea di prodotti con un vino che non avesse alcuna influenza del legno. Ne è nata un’espressione immediata, pura ed essenziale del territorio e in particolare di suoli caratterizzati dalla presenza di un calcare bianco che conferiscono spiccata mineralità ai nostri vini», conclude Roberta Previdi.