Salumi d’Italia: la riscossa del guanciale
Reso celebre da piatti come la gricia e l’amatriciana, il guanciale è al centro di una felice riscoperta e viene sempre più apprezzato sia in Italia che all’estero. In questo articolo vi spieghiamo come e dove si produce, segnalandovi 7 aziende e salumifici meritevoli.
Grazie alla crescita della proposta di taglieri golosi per aperitivi o stuzzicherie, il guanciale sta vivendo una nuova vita. Le richieste sono in sensibile aumento, specie dall’estero. Tradizionalmente questo insaccato, costituito per buona parte di grasso, veniva utilizzato in cucina per condire e insaporire zuppe di legumi e verdure. La sua fama mondiale, però, è legata a due ricette della cucina capitolina: l’amatriciana e la gricia.
Dove si trova il guanciale
Il suo regno è l’Italia centrale, con focus in Abruzzo e in Lazio. Più precisamente in quella striscia di terra al confine tra le due regioni che fa perno sul comune di Amatrice. Nell’elenco dei Pat (Prodotti alimentari tradizionali) è citato anche in il Friuli, ma in una versione cotta e affumicata. E poi in Toscana, Umbria, Lazio (con quattro varianti), Campania, Abruzzo, Molise, Calabria e Sardegna. Il guanciale, però, è prodotto in molte altre regioni d’Italia, a cominciare dalle Marche, ma anche l’Emilia Romagna. Di fatto, non c’è tradizione del guanciale crudo solo a nord del Fiume Po. Un’ipotesi che spieghi la sua assenza? Sono territori in cui, come condimento e insaporitore, si è sempre usato il burro; e inoltre la cucina si basa su sapori più delicati.
Come si produce
La lavorazione del guanciale è simile a quella del prosciutto crudo. La porzione anatomica di riferimento – che non è il muscolo della guancia, ma una parte dalla forma triangolare che inizia dal collo per arrivare alla spalla e che racchiude un muscolo – si sala solitamente a secco e messa a riposare in vasche per circa una settimana. C’è chi, sin da subito, aggiunge erbe aromatiche e qualche spezia mescolate con il sale. Si passa al lavaggio dei pezzi, che poi vengono cosparsi con pepe macinato o con peperoncino. In alternativa si può usare una miscela di entrambi o anche solo erbe aromatiche; alcuni aggiungono aglio e vino. Segue la stagionatura, che può variare da pochi mesi all’ anno. Questa fase risente dei gusti della clientela, dell’umidità e della posizione dell’ambiente in cui il guanciale viene messo a riposare.
Come riconoscere il guanciale e abbinarlo
Al taglio si riconosce per una striscia di muscolo centrale, spesso marezzato (ossia intervallato da grasso), di colore rosa al centro e più scuro ai lati. Il gusto intenso può ricordare alcune note selvatiche. Il grasso è più strutturato rispetto a quello della pancetta e richiama il lardo. Nei primi piatti è consigliabile tagliato a listarelle prima di rosolarlo, non a cubetti. Essendo un salume ricco di grasso, gli si accordano bene gli spumanti Metodo Classico o anche i più semplici Charmat. Passando ai rossi, ogni regione predilige i suoi autoctoni, meglio se giovani; dal vitigno Sangiovese per la Toscana all’Aglianico per la Campania, solo per fare due esempi.
La nostra selezione
Macelleria Massimo Bacci, Montignoso (Massa Carrara)
Una lunga stagionatura, se possibile fino a un anno, e un mix di erbe aromatiche che insaporiscono con discrezione le carni dei guanciali, contraddistinguono lo stile produttivo di Massimo Bacci. Lui tiene molto ad ottenere una masticabilità piacevole tra carne e grasso; oltre a ricercare conferma dei profumi al gusto.
Poggio San Giorgio, Norcia (Perugia)
In Umbria il guanciale si chiama barbozzo ed Alessandro Perticoni ha voluto mantenerne la dicitura. Così come ha voluto mantenere l’antico iter di lavorazione di famiglia, utilizzando nella prima fase di macerazione nel sale anche aglio e vino. Il gusto deve essere ben delineato affinché dia carattere alle proposte in cucina.
Re Norcino, San Ginesio (Macerata)
Giuseppe Vitali e i suoi fratelli hanno un’attenzione speciale per il guanciale, frutto degli appassionati insegnamenti del loro nonno. Propongono tre tipologie: il tradizionale, la versione più semplice; il guanciale riserva, di pezzatura maggiore e più stagionato; fino ad arrivare alla chicca del semibrado, da una razza selezionata in azienda che ha un gusto unico.
Salumi Berardi, Campotosto (Aquila)
Il guanciale amatriciano di Ernesto Berardi e del figlio Remo viene lavorato come una volta. Si produce solo d’inverno e lo si asciuga con il calore del fuoco di legna, in stanze apposite. Per la speziatura si usa solo il peperoncino. Tutto ciò nasce per dare una materia prima pronta per piatti di pasta romani, nel rispetto della tradizione.
Scherzerino, Itri (Latina)
L’impegno della Scherzerino e della famiglia La Rocca è quello di riuscire a lavorare il più naturalmente possibile la materia prima per ottenere risultati di eccellenza. Accanto al classico uso della carne di maiale rosa, da vari anni si è aggiunta quella del nero, anzi grigio, casertano. Si preferisce evitare il pepe, usando soprattutto erbe aromatiche. La lunga stagionatura armonizza profumi e sapori sia del guanciale di maiale nero che di quello di maiale rosa.
Salumificio Grufà, Monte San Biagio (Latina)
In etichetta appare la specifica Valle Imperiale, una delle zone storiche di produzione del guanciale, che fa parte dei Monti Ausoni vicino ai Lepini. Vittorio Iacovacci mantiene la tradizione di una leggerissima affumicatura con piante della macchia mediterranea. Niente pepe ma solo erbe e qualche spezia per insaporire, il resto lo fa il tempo.
Masserie Masella, Cerreto Sannita (Benevento)
Dai maiali allevati in azienda, Daniele Zoccolillo ha realizzato di recente il guanciale al pepe nero. Le richieste della clientela miravano ad avere una versione classica, con la possibilità di un pezzo intero, accanto a quella proposta da sempre, che viene lavorata senza alcuna spezia e offerta già porzionata. Ottima da usare soprattutto in cucina.
Foto di apertura: in Umbria il guanciale si chiama barbozzo e Alessandro Perticoni di Poggio San Giorgio usa ancora questa dicitura
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© Riproduzione riservata - 26/02/2022