Food Food Maria Cristina Beretta

Salumi d’Italia: alla scoperta di quelli dalle forme e dai nomi più curiosi

Salumi d’Italia: alla scoperta di quelli dalle forme e dai nomi più curiosi

Dal violino di capra ai salami senza pelle come pitina e la mortandela della Val di Non, passando per le varie versioni della carne secca, il prete emiliano e la salama da sugo ferrarese. Pronti a lasciarvi tentare? La nostra selezione (che chiude la rubrica dedicata al meglio della nostra norcineria).

Hanno formati particolari e sono produzioni limitate, per questo non sono facili da trovare. Richiedono a volte lunghe maturazioni, ma alla fine è un vero piacere assaggiarli in compagnia. In questo gruppo sono stati inseriti, partendo da Nord, il violino di capra, i salami senza pelle quali pitina e mortandela della Val di Non, la carne secca, nelle versioni dell’arco alpino ma anche laziali, il prete o giambotto o bracton, emiliano e la salama da sugo ferrarese. Ve li presentiamo uno per uno.

Il violino di capra

Fa perno nella Val Chiavenna lombarda ma si può trovare nell’intero arco alpino. Si tratta della coscia di capra matura, messa a marinare per circa una decina di giorni nel sale con spezie di vario genere ed eventualmente vino. Viene poi ripulita, a volte affumicata leggermente, ed infine messa a stagionare per 2-4 mesi. Non deve asciugarsi troppo: è solo muscolo, non c’è grasso. Si taglia a mano, a fette sottili, tenendo il pezzo a mo’ di contrabbasso, più che di violino!

salumi curiosi
Il violino di capra nasce dalla coscia di capra matura

La pitina e la mortandela della Val di Non

La prima è tipica friulana, la seconda è dei vicini di casa trentini. Nascono entrambe da una lavorazione manuale dell’impasto classico dei salami. Sono porzioni di 200-300 grammi che prima si lavorano a palla e poi appiattite. La pitina, che nel 2018 haricevuto il riconoscimento Igp, viene passata nella farina di mais macinata non troppo fine; la mortandela invece viene avvolta nella rete di maiale. Il salume trentino ha anche una versione da cuocere con lingua e cuore. Si passa all’affumicatura, di solito con legni dolci di faggio e/o di nocciolo. La stagionatura è di circa un mese.

La carne secca

In alcune aree del Friuli si chiamano pindules, mentre nel Lazio coppiette e in altre zone del territorio italiano semplicemente carne secca. Protagonisti sono il filetto di maiale, nelle versioni più raffinate e la lonza, muscoli che lavorano poco e quindi hanno fibre poco tenaci e zero grasso. I muscoli vengono tagliati ogni 25-30 centimetri e poi ridotti a strisce. Sono lasciati marinare per qualche giorno in una miscela di spezie sale e pepe. Nel Lazio, specie in provincia di Frosinone, si aggiunge il peperoncino per aiutarne la conservazione; mentre al Nord la conservazione è garantita dall’affumicatura. La stagionatura dura solo pochi giorni e poi la carne secca si degusta tagliata a pezzetti o tenendola in mano come grissini.

Il prete o bracton

I nomi di questa specialità si riferiscono alla forma, che può ricordare sia il cappello del prete che un paio di pantaloni corti. È costituito dai muscoli dello stinco anteriore del maiale racchiusi nella cotenna. Le due parti si salano singolarmente e dopo alcuni giorni legate e cucite. Il prete stagiona per circa un mese e cuoce per circa tre ore. Se messo in pentola fresco, non ha bisogno di ammollo. Si taglia a fette e si apprezza servito caldo.

La salama da sugo

Tipico di Ferrara, è uno dei salumi di cui si hanno testimonianze antiche, dato che è nominato da Cristoforo da Messisbugo, cuoco alla corte di Alfonso I d’Este, nel XVI secolo. Ha la forma di una grossa pera, poiché viene insaccato nella vescica, e ha una legatura a spicchi più una centrale. Nell’impasto ci sono anche alcune parti del quinto quarto e il vino rosso. La stagionatura può arrivare a tre anni. La cottura avviene al vapore per circa 8 ore, per evitare rotture del budello e fuoriuscita del sugo. Si mangia con il cucchiaio, meglio se col purè.  Quando è molto stagionato si gusta a fette sottili. Dal 2014 è stata riconosciuta l’Igp. Ha anche un suo monumento, in località Madonna dei Boschi, nel comune ferrarese di Poggio Renatico.

Come riconoscerli ed abbinarli

La carta vincente è sempre conoscere il produttore sapendo come lavora e quali materie prime usa (vanno dichiarate in etichetta). Quanto all’accostamento con i vini, trattandosi di tipologie di salumi molto diverse tra loro, indichiamo un compromesso valido per tutte. Risultano indicati vini bianchi importanti di qualche vendemmia, rossi morbidi e strutturati ma non troppo evoluti e Metodo Classico millesimati tipologia Brut. Da rivalutare sono sempre i vini del territorio, come il Fortana nel caso della salama da sugo.

La nostra selezione

Pian del Lares, Maccagno con Pino e Veddasca (Varese)

La capra razza nera di Verzasca e la camosciata delle Alpi devono essere state a lungo al pascolo per fornire la materia prima per i violini. Sono pochi i pezzi prodotti all’anno, in previsione delle feste natalizie, che Flavio Carraro marina con spezie e vino bianco e matura per oltre un mese. Meglio prenotarli.

Ma! Officina Gastronomica, Nuova Olonio, Dubino (Sondrio)

Con la preparazione di violino della Val Chiavenna e della Spalletta, Stefano Ciabarri dà valore al suo territorio. La razza di capre scelta, infatti, è l’Orobica, da animali che pascolano per buona parte dell’anno. Alla sua produzione di insaccati ha aggiunto anche quella del salame nella crosta di polenta, rifacendosi allo stile della pitina.

Dal Massimo Goloso, Coredo (Trento)

Fumelli è il nome che Massimo Corrà ha dato alla sua carne secca, molto ricercata dai più giovani che la gustano avvolta nei grissini. La sua produzione si allarga anche alla mortandela della Val di Non, di cui ha inserito anche la versione storica che prevede anche lingua e cuore e un filo di grasso in più, perfetta da cuocere con i crauti.

La Tana delle Pitine, Tramonti di Sopra (Pordenone), 393.1477733

Le pitine di Manuel Gambon sono preparate quasi esclusivamente con le sue capre. Lui è molto esigente sulla qualità della carne, così come per il lardo del maiale, che deve essere allevato in Friuli, perfetto anche per le pindules. L’affumicatura per entrambe avviene a freddo e con legno di nocciolo, un tocco personale e gradevole.

Al Castelu-La dimora del gusto, Montereale Valcellina (Pordenone), 334.3562361
In Valcellina non si chiamano pindules ma carne secca. Il pezzo protagonista della versione di Simone Stefanutto è la lonza. Viene ripulita, tagliata, insaporita e affumicata con precise direttive per avere formati comodi da mettere in borsa, anzi nello zaino, dato che il prodotto è molto apprezzato da chi fa lunghe camminate.

Salumificio Squisito, Diolo di Soragna (Parma)

Alla preparazione del prete Angelo Capasso riserva i maiali allevati da lui e che normalmente superano i 300 chili. Per compattarne la carne preferisce evitare le stecche di legno e usare una salda legatura. Il suo consiglio è di gustarli a una quindicina di giorni dalla preparazione, ancora molto freschi, in modo da evitare l’ammollo precottura

Macelleria Rizzati, Villanova (Ferrara)

L’esperienza di vecchi norcini è stata preziosa per capire come realizzare una salama da sugo nel modo migliore. Così Giancarlo Rizzati ha deciso di limitare erbe, spezie e aromi nella sua preparazione e di far attenzione a tenerla sugosa e che possa maturare a lungo, fino a tre anni. Le più stagionate regalano sensazioni uniche, per intenditori.

Il Norcino Bernabei, Marino (Roma)

Dalla parte più pregiata del maiale, il filetto, nascono le coppiette. La scelta è voluta per avere un prodotto di una certa finezza che in bocca non rimanga tenace, anzi risulti morbido e perfettamente masticabile. Accanto alla nota tipologia mediamente piccante la famiglia Bernabei ne propone una più delicata.

Con questa puntata, termina lo speciale (iniziato nel 2021) di trentatré servizi sui salumi d’Italia (qui l’elenco completo), tutti prodotti da artigiani autentici, da materie prime più che valide e senza l’uso di conservanti. Per riconoscere un prodotto meritevole occorre leggere l’etichetta: più è corta meglio è. L’ideale sarebbe che indicasse solo il tipo di carne, sale, pepe e aromi con la specifica naturali. Se c’è vino occorre aggiungere solfiti, ma sono infinitesimi. Il prossimo viaggio sarà in un mondo altrettanto intrigante: quello dei formaggi.

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© Riproduzione riservata - 10/02/2024

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