Food Food Maria Cristina Beretta

Salumi d’Italia: alla scoperta della coppa di testa

Salumi d’Italia: alla scoperta della coppa di testa

Considerato un insaccato povero, la coppa di testa è però ricca di sfumature al gusto e con un’antica storia da raccontare, fatta di usi e varianti regionali. I segreti per abbinarla e la nostra selezione di prodotti da tutta Italia.

All’aspetto la coppa di testa è singolare, fatta di parti così diverse fra loro per colore e forma. Al profumo e al gusto, però, si rivela in tutta la sua complessità e bontà. Come il resto dei prodotti nati dalla lavorazione delle parti del maiale non utilizzate negli insaccati di maggior pregio (quali prosciutto, spalla, capocollo e via dicendo) può racchiudere, proprio per questa diversità, una ricchezza organolettica intrigante, che invita all’assaggio.

Un prodotto, tanti nomi regionali

Trattandosi di un insaccato povero, lo si trova in tutta Italia con diversi nomi. In Piemonte si ha la testa in cassetta così chiamata perché le carni venivano sistemate in contenitori di legno, oggi sostituiti con alluminio o acciaio. Lo stesso nome vale per la Liguria, mentre in Toscana si ha la soppressata. Scendendo al sud della regione si trova la testa fredda o testaccia, mentre spostandosi verso la fascia adriatica, in Emilia Romagna, si utilizza l’espressione coppa di testa, così come nelle Marche.
Più o meno lo stesso epiteto viene mantenuto al Sud, anche se qui, specie in Basilicata e Calabria, la tradizione è per un prodotto che racchiude più liquidi di cottura e non si può affettare. Viene conservata in contenitori di vetro o di coccio. È chiamata jelatina o gelatina, data la ricchezza di cartilagine contenuta. Nell’elenco dei Pat la coppa di testa si trova citata in molte regioni, persino in Sardegna; peccato che la sua produzione stia diventando sempre più rara: richiede, infatti, molto lavoro manuale.

La produzione della coppa di testa sta diventando sempre più rara perché richiede molto lavoro manuale.

Come si produce la coppa di testa

Protagonista è la testa del maiale, che si pulisce accuratamente e poi si cuoce, spolpata, tagliata a coltello, insaporita con spezie erbe e aromi naturali, insaccata e cotta ancora. Le varianti sono tante in ciascun passaggio della lavorazione. C’è chi assieme alla carne della testa aggiunge altri tagli; viceversa alcuni tolgono alcune parti della testa per rendere l’insaccato più essenziale. La cottura è in acqua, oppure a bagnomaria per diverse ore, specie quando avviene negli appositi contenitori (in questo caso la carne è già spolpata).
Diversamente si separa la carne dalle ossa della testa – un’operazione che richiede pazienza – e si passa al taglio manuale dei pezzi a media grossezza. Poi si condisce con sale, pepe, spezie, poche erbe aromatiche e in diversi casi con la buccia degli agrumi. Qualcuno aggiunge mandorle, pistacchi o olive; aglio e vino non sempre sono utilizzati. L’impasto viene insaccato a mano, pressato per alcune ore e deve riposare almeno una notte in frigo. Trattandosi di un salume cotto va consumato entro pochi giorni. La durata sottovuoto è di un mese in media.

Come riconoscerla

Al taglio il colore della coppa di testa dovrebbe essere un rosa grigio, se è troppo rosata significa che potrebbero essere stati aggiunti conservanti. Al gusto alterna la morbidezza della cartilagine ad una masticabilità più consistente di parti più tenaci. Si scioglie facilmente con il caldo. La si apprezza soprattutto d’inverno, ma in diversi la preparano tutto l’anno. Si serve a fette sottili.

E come abbinarla

Per il vino d’accompagnamento la scelta è ampia, proprio perché la ricetta ha diverse varianti. La presenza di più ingredienti, ad esempio, richiede vini di maggior complessità. Le bollicine di uno Spumante Brut Metodo Classico sono le preferite, anche in versione Rosé.  Molto validi anche i bianchi strutturati di qualche vendemmia precedente. Sui rossi la preferenza dovrebbe andare verso i vivaci che “puliscono la bocca”, come i Lambruschi.

La nostra selezione

Testa in cassetta – Da Pina, Molo Val Borbera (Alessandria)
Le cassettine di legno usate dal fondatore a fine anni Settanta sono state rinnovate  da contenitori di acciaio dotati di molle per premere delicatamente l’impasto. Per il resto la ricetta è rimasta uguale, compresa l’aggiunta di carote e pistacchi. L’impegno è dei fratelli Moro, i quali, con i rispettivi figlioli, hanno fatto di questo salume un prodotto di punta. 

Testa in cassetta Macelleria-Salumeria Giacobbe, Sassello (Savona)
Accanto alla tradizionale versione di famiglia, più essenziale nelle spezie e nelle erbe, Giovanni Giacobbe ne ha introdotte altre tre, giocando sugli aromi di agrumi, quali il bergamotto della sua Liguria oppure l’arancia o il limone. Lui preferisce cuocere l’impasto direttamente nei contenitori, cercando di valorizzare il sapore delle materie prime.

Coppa di testa, Antichi Salumi – Le Terre del Bio, Alfonsine (Ravenna),
Solo sale, pepe ed aglio sono gli aromi naturali che Andrea Brunelli utilizza nella preparazione dell’insaccato. Lui ha preferito aumentare nell’impasto la percentuale di carne inserendo altre parti dell’animale e diminuire la cartilagine. È molto orgoglioso della selezione fatta, che ritiene vincente.

Soppressata – Macelleria Bacci, Montignoso (Massa Carrara)
Della ricetta che risale al nonno, Massimo Bacci non ha cambiato nemmeno una virgola. Ci tiene a raccontare il territorio attraverso i prodotti che hanno fatto la storia della gastronomia. Nella sua soppressata preferisce poche spezie e un tocco di erbe aromatiche. Si mangia freschissima il giorno dopo.

Soppressata – Sergio Falaschi dal 1925, San Miniato (Pisa)
La legatura dei teli tenuta ben salda permette di far uscire dall’impasto caldo e piuttosto grasso e buona parte della gelatina. In questo modo Sergio Falaschi e il figlio Andrea puntano ad avere una soppressata più digeribile e in cui emergono i profumi della carne.  Le loro spezie infatti sono solo tre: pepe, aglio e scorza di limone, sale a parte.

Coppa di testa – Re Norcino, San Ginesio (Macerata)
Nell’impasto della coppa di testa non possono mancare olive con mandorle, pistacchi e buccia di arancia. Ingredienti che si amalgamano bene con la carne della testa e anche di qualche ritaglio in più; il che rende il salume ricco al naso e al gusto. La famiglia Vitali sa che la preparazione richiede pazienza, ma vi si impegna volentieri, visto il risultato.

Coppa di testa – Brigante Lucano, Vaglio Basilicata (Potenza)
Per rendere il prodotto adatto ad affettare, Giuseppe Avigliano ha scelto di ridurre i liquidi mantenuti nella ricetta del territorio, di diminuire l’aceto e di aggiungere altre spezie e aromi naturali di bucce di agrumi. La materia prima è preziosa, trattandosi di maiali neri di razza apulo calabrese allevati in azienda, e la si lavora solo nei mesi freddi.

Foto di apertura: la coppa di testa è un salume povere che si trova in tutta Italia con diversi nomi

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© Riproduzione riservata - 15/10/2022

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