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VinoVip al Forte: ripensiamo i concetti base dei grandi bianchi italiani

19 Giugno 2025 Elena Erlicher
VinoVip al Forte: ripensiamo i concetti base dei grandi bianchi italiani
Il giornalista Aldo Fiordelli con il direttore di Civiltà del bere Alessandro Torcoli durante la conferenza “Stili e tendenze dei grandi bianchi del mondo” Foto del servizio: © M. Cremonesi

Termini come longevità, esclusività, artigianalità e biodiversità, un tempo fondamentali nella definizione dei vini di pregio, oggi vanno riletti alla luce dei cambiamenti climatici e degli stili enologici. Dal palco al calice, per testare le tante moderne espressioni

Introdotta per la prima volta durante lo scorso VinoVip al Forte per il Vermentino, la formula “conferenza con degustazione” è stata riproposta anche in questa edizione con successo. Protagonisti della prima giornata della manifestazione, domenica 8 giugno, sono stati questa volta i grandi bianchi di pregio italiani. Alle 15, nel giardino dei Lecci della Fondazione Villa Bertelli, ne abbiamo parlato alla conferenza “Stili e tendenze dei grandi bianchi del mondo” con il giornalista Aldo Fiordelli, senior editor di JamesSuckling.com e autore di Civiltà del bere. A seguire, alle 16.30, nel giardino d’inverno della villa, abbiamo potuto assaggiare una sessantina di versioni di 32 aziende da tutta la Penisola, durante il walk-around tasting “I fine wines bianchi italiani”.

I grandi bianchi sono il futuro?

«Abbiamo scelto questo focus», esordisce Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, che ha moderato la conferenza, «perché siamo convinti che i grandi bianchi italiani rappresentino il futuro per stile e per potenziale, dato che non hanno ancora raggiunto i vertici di apprezzamento di altri fine wines internazionali, soprattutto francesi (Borgogna, Bordeaux blanc, Condrieu), e ancora non si avvicinano ai valori dei rossi in generale, se non in rari casi».

Il valore della longevità

In Italia, in effetti, il concetto di fine wines viene tradizionalmente associato ai vini rossi, come Supertuscan, Barolo, Barbaresco, Brunello… Inoltre siamo considerati un Paese rossista, anche perché la maggior parte delle nostre denominazioni lo sono. Secondo Fiordelli, la causa di questo divario tra rossi e bianchi è da ricercare in primis nella longevità, un termine chiave nella definizione di “vino di pregio”.
Ma la longevità è ancora un valore? E fino a che punto lo è oggigiorno? «Anche nelle denominazioni considerate austere e longeve, come il Barolo», spiega Fiordelli, «ora si producono vini pronti e godibili fin da subito. Da una parte, la longevità non è più così ricercata come metro per stabilire che un grande vino sia un fine wine. Dall’altra, si è compreso che anche i bianchi possono essere longevi e incarnare tutte le caratteristiche e le sfaccettature necessarie per rientrare nella classificazione».

VinoVip bianchi
Al walk-around tasting in assaggio una sessantina di etichette di 32 Cantine da tutta la Penisola

Il cambio di passo dei fine wines bianchi italiani

«Esiste ancora un pregiudizio nel mercato italiano sui vini bianchi invecchiati», dice Fiordelli, «ma sta avvenendo un cambiamento, che parte proprio dal mondo produttivo». Molte aziende stanno lavorando a bianchi late release, cioè messi in commercio più tardi rispetto ai tempi base di uscita. «Il segmento è in espansione, con risultati ragguardevoli e sorprendenti, come quelli della altoatesina Cantina Terlano o della marchigiana Umani Ronchi con il Verdicchio», continua Fiordelli, «ma bisogna anche saperli far comprendere ai ristoratori e ai clienti. Se, poi, anche la stampa ne darà eco, potrà cambiare anche la percezione da parte del mercato».  

Esclusività e artigianalità secondo le nuove generazioni

Dalla riflessione e rilettura del concetto di longevità, si è poi passati ad altri termini ugualmente oggetto di discussione, come “esclusività, artigianalità e biodiversità”. Per quanto riguarda l’esclusività, ha ancora senso che i fine wine oggi siano considerati unici e un privilegio riservato a pochi, difficilmente reperibile ed economicamente accessibile? «In un mondo in cui le nuove generazioni bevono sempre meno», spiega Fiordelli, «ai giovani non mancano certo l’interesse o la curiosità; piuttosto a mancar loro è il potere d’acquisto. I giovani devono poter avere accessibilità al vino o continueranno ad allontanarsene. Il prezzo è ancora un elemento distintivo per i fine wines, ma attenzione, perché potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio». Un vino come il Sauvignon Cloudy Bay, icona dell’enologia neozelandese e modello di riconoscibilità di un brand, è un best seller reperibile ovunque e ad un prezzo accessibile.
Anche il concetto di “artigianalità” potrebbe essere rivisitato, soprattutto alla luce del fatto che caratteristiche di un vino come concentrazione e persistenza si possono ritrovare anche in un prodotto industriale, grazie alle moderne tecniche di vinificazione.

La biodiversità tipica italiana

Veniamo, infine, alla “biodiversità”, che nella nostra Penisola spazia dagli aspetti climatici, a quelli geologici e ampelografici, dando vita a un ambiente particolarmente vocato alla produzione di grandi bianchi. «Territori come quello dell’Etna», ricorda Fiordelli, «negli ultimi anni hanno convinto più per la complessità dei propri vini bianchi, rispetto ai rossi». La strada da seguire, però, non dovrebbe essere quella di altri Paesi produttori, «come con lo Chardonnay in Borgogna o come si è tentato di fare in un recente passato puntando sul Viognier sulla costa toscana».

La ricerca della nostra strada

Anche i classici Chardonnay italiani negli anni hanno cambiato il loro stile, per esempio anticipando la raccolta delle uve o ricorrendo alla fermentazione, oltre che all’affinamento, in legno per una maggior integrazione del vino. È il caso del Cervaro della Sala dove, oltre a un anticipo di vendemmia, si è ridotta la percentuale di Grechetto nel blend – che lo rendeva più “grasso” – a vantaggio dello Chardonnay.
«Se in passato abbiamo dovuto assorbire dall’estero gli stili per fare grandi bianchi», conclude Fiordelli, «oggi abbiamo tutte le competenze enologiche per fare bianchi identitari in ogni nostro territorio vocato a questo tipo di produzione».  

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