Gli ibridi da Vitis vinifera x vite americana sono vitigni resistenti alle malattie che limitano fino all’85% l’utilizzo di zolfo e rame in vigna. Aumentano gli studi e le applicazioni pratiche e per molti è arrivato il momento di farli entrare nei disciplinari Doc e comunicarli al meglio.
L’articolo fa parte della Monografia “Resistenza!”
(Civiltà del bere 1/2021)
Per combattere le principali malattie della vite, oidio e peronospora, il protocollo bio prevede l’uso di rame e zolfo. Ma, abusando di queste sostanze, si rischia di avere un loro accumulo nel terreno. Se si riuscisse a trovare la soluzione per farne a meno? Ed ecco che entrano in scena i vitigni ibridi, detti Piwi, dal tedesco pilzwiderstandfähig (resistente ai funghi). Varietà ottenute tramite impollinazione tra Vitis vinifera e vite americana che, ibridazione dopo ibridazione, si è scoperto essere capaci di opporsi in modo naturale alle malattie fungine. Tale loro peculiarità consente di limitare i trattamenti con rame e zolfo a due-quattro l’anno, con un netto beneficio in termini di impatto ambientale. Peccato che, nonostante siano stati approvati da alcuni anni, e un discreto numero di essi sia già stato iscritto nel Registro nazionale delle varietà di vite, siano ancora poco impiegati.
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