Food Food Maria Cristina Beretta

Viaggio nella materia prima (1): razza, un pesce da riscoprire

Viaggio nella materia prima (1): razza, un pesce da riscoprire

Ancora poco conosciuta, la razza è un pesce dai numerosi pregi, che si pulisce facilmente e ha costi contenuti. Le carni delicate hanno struttura e sapori unici e particolari. Si pesca tutto l’anno preferibilmente nei tratti sabbiosi.

Il sapore delicato e leggermente dolciastro della carne, che ha una lieve struttura fibrosa, quasi a ricordare più il petto di pollo che non il pesce, è una delle ragioni per riscoprire il valore della razza. Una spiegazione di questa evidente particolarità muscolare potrebbe dipendere dalla sua appartenenza al gruppo dei pesci cartilaginei, lo stesso degli squali. Si tratta di animali che hanno uno scheletro fatto di cartilagine e poche spine. Sono comparsi nei mari prima dei pesci a scheletro osseo, quelli maggiormente conosciuti e utilizzati in cucina, come la sardina, il dentice, l’orata e la cernia.

Bianca, stellata o chiodata, le tante specie

Gli antichi Romani già la pescavano e l’apprezzavano. I francesi la sublimano in diverse ricette. Fino a prima dello sviluppo dell’allevamento del pesce di mare, che ha modificato le scelte dei consumatori, la razza compariva sulla tavola degli italiani cucinata soprattutto in umido o fritta. Tra i classici della nostra cucina, si può trovare nella minestra di broccoli e arzilla (la razza), tipica di Roma.
La sua forma è simile a quella di un rombo e ha una coda lunga e sottile. Il corpo è largo e piatto, gli occhi sono ai lati della testa, sullo stesso piano, la bocca è ventrale. La conformazione è tale per lasciarle la possibilità di nascondersi velocemente sotto la sabbia. Ha la pelle ruvida, che ricorda la carta vetrata, e possiede alcune spine arrotondate sulla coda e sparse sul dorso, a volte anche sulle pinne laterali.
Queste sono molto ampie, simili ad ali, e costituiscono la parte commestibile. La razza è presente nelle coste sabbiose dei nostri mari, anche in tratti di zone rocciose ma a profondità maggiori, a seconda della specie.
Sapere con esattezza il nome di ciascuna specie non è semplice, dato che ci sono parecchie discordanze tra gli studiosi. Nei nostri mari sembra che ne circolino almeno quattro tra le più importanti: la Raja nasuta (di sabbia), la Raja clavata (petrosa o chiodata), la Raja asterias (stellata) e la Raja alba o marginata (bianca) che si trova anche sulle coste oceaniche di Francia. Le prime due sono le più comuni e vivono a profondità diverse. Entro i 60 metri la nasuta, fino a 300 l’altra. Il peso può variare da 800 grammi fino a qualche chilo.

I consigli dello chef

Gianfranco Pascucci, nel suo ristorante Pascucci al Porticciolo a Fiumicino (Roma), propone la razza in diversi modi. Lui l’acquista all’asta del mercato del pesce e sa bene quali sono le mosse giuste da fare per ottimizzare tempo e materia prima.
«Interiora e pelle vanno tolte subito», consiglia lo chef. «La pelle è mucillaginosa e non dà sapore. Occorre fare due tagli laterali alla spina dorsale, in modo da ottenere le due ali che vanno spellate sia dalla parte del dorso sia da quella del ventre. Poi si elimina la cartilagine delle ali e si ottengono dei filetti pulitissimi che di solito taglio a strisce larghe».
«La mia ricetta preferita è la razza arrosto laccata alle erbe di macchia», continua Pascucci. «Cuocio i filetti di razza in padella con poco olio insaporito da alloro, rosmarino, ginepro e lentisco per pochi minuti a fuoco medio-alto per fare la crosticina. Poi tolgo le erbe, li rigiro, aggiungo un pochino di brodo di pesce fatto con la testa e le classiche verdure e concludo la cottura in pochi minuti. Con succo di arancia, di pompelmo e brodo ristretto pratico una laccatura sui filetti. Si crea un contrasto piacevole di sensazioni.
Per l’abbinamento con il vino, consiglio il Biancolella Lazio Igt di Antiche Cantine Migliaccio».

© Photoneye – Shutterstock

I pescatori raccontano

Per Gennaro Rimoli, titolare di Amal Fish di Pozzuoli (Napoli), il cui lavoro si svolge da lì fino a Monopoli, in Puglia, c’è differenza tra le varietà dell’Adriatico, di solito più grandi che pesano normalmente più di 4 chili, e quelle tirreniche, più piccole. A suo parere l’Adriatico dà sapori più delicati. Lui segue barche che usano reti con ami sistemati a distanze determinate, dette palancari.
Luigi Sartor, pescatore nella Liguria di Levante, nel mar Tirreno nella zona tra Zoagli e Moneglia (Genova), usa reti da posta, che si lasciano in mare e si raccolgono a distanza di una notte o più. Secondo lui ci sono due stagioni più interessanti per la razza: una in primavera, in cui si usano le reti a maglia molto grande per intrappolare le femmine, le quali poi attirano i maschi. L’altra è a fine estate, con reti a maglie più piccole, in cui sono state inserite delle esche, di solito triglie, e attorno alle quali si sviluppa un percorso che impedisce alla razza di liberarsi. Altra occasione di pesca più facile può essere dopo una mareggiata che ha smosso il fondo del mare.
Essendo un pesce poco conosciuto, se si trova al mercato merita l’acquisto: è fresco. Inoltre i prezzi sono bassi, almeno un quarto rispetto a una spesa di una varietà comune sulle nostre tavole. Difficile trovarla nella grande distribuzione, più facilmente la si vede nei mercati settimanali rionali e dal pescivendolo di fiducia. Di interessante va segnalato che non è un pesce allevato e quindi si nutre in modo naturale. Le sue prede sono piccoli pesci, piccoli crostacei e molluschi. Un altro pregio della razza è che, avendo la carne concentrata lateralmente nelle ali, tagliate quelle si ha già la disponibilità per la cucina, la testa rimane sempre utile per fumetti.

Foto di apertura: un esemplare di razza nasuta (di sabbia), tra le più comuni, che vive a profondità non elevate entro i 60 metri

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© Riproduzione riservata - 23/07/2023

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