Rafano, una radice “ingombrante” che aggiunge personalità ai piatti
Il rafano è un ingrediente dall’aromaticità intensa e pungente, ma se dosato con attenzione dona un sapore unico a salse, minestre, frittate e vinaigrette. In Basilicata viene preparata la Rafanata, negli States si abbina alle ostriche. Le proposte d’autore degli chef Stylianos Sakalis e Theo Penati.
Allorché il rafano entra in scena, o meglio s’affaccia in un piatto sulla tavola, occorre tutta la saggezza della tradizione popolare come l’estro illuminato di un grande chef per ritagliargli quel ruolo che merita senza per questo trasformarlo in una presenza troppo ingombrante. Non già di un protagonista stiamo parlando, questo non lo sarà mai per via del suo caratteraccio. Con quell’aroma intenso e così pungente non può infatti che accompagnarsi a sapori che ne reggono l’impatto, come carni bollite o affumicate e formaggi piccanti.
Alle origini della pianta
Ed è del resto, il suo, un meccanismo di difesa, quello di rilasciare elementi piccanti e amari che fanno piangere gli occhi e bruciare le narici, quando viene tagliato o grattugiato. Per Niki Segnit, autrice del libro La grammatica dei sapori, “il rafano è un attaccabrighe con un lato gentile”. Appartiene alla famiglia delle Crucifere ed è una pianta perenne e spontanea, alta sino a 80 cm, di cui si consuma prevalentemente la grossa radice bianca di forma cilindrica. Originario dell’Europa dell’Est, ma diffuso anche nel Nord Italia e con una presenza importante in Basilicata (il rafano lucano è incluso dei Pat, i Prodotti Agroalimentari Tradizionali, regionali), cresce soprattutto in ambienti umidi e freschi. Lo si può trovare, selvatico, vicino ai corsi d’acqua.
Storie di successo
Il successo riscosso in giro per il mondo dal nostro simpatico “bullo” merita attenzione perché ci avvicina al suo segreto. In Inghilterra è amatissimo al punto che lo chef Jamie Oliver nel volume Il mio giro d’Italia, best seller venduto in molte lingue e milioni di copie, sceglie la Rafanata tipica della Basilicata (con uova e pecorino) tra gli antipasti rappresentativi del Belpaese. A New Orleans le ostriche vengono condite con rafano e ketchup. Lo troviamo nella composta tradizionale ucraina tsvikili, mescolato alla panna acida in un boršč russo, o nel chrain, un condimento classico della cucina ebraica ashkenazita. Da noi la radice fresca viene grattugiata direttamente su salse, minestre, frittate, vinaigrette.
La versione dello chef Stylianos Sakalis
A svelare l’arcano, ci soccorre lo chef Stylianos Sakalis, stella Michelin del ristorante Il Pievano all’interno della cornice incantata del Castello di Spaltenna a Gaiole in Chianti (Siena). I suoi Bottoni di pasta fresca con le erbe sono ripieni del formaggio della sua Grecia, il manouri, cui s’aggiunge il rafano che “tira su il sapore”. E questo, ci confida lo chef, perché il «rafano fa “bonding” di tutti gli ingredienti. Stabilisce un legame profondo, quasi come quello di una madre con il proprio neonato, grazie alla sua grande capacità comunicativa e istintiva». Un accompagnamento interessante è con l’ Uccellanda, Curtefranca Bianco Doc 2015 di Bellavista. Il bouquet ricco, con le sue note di frutta e agrumi maturi, accoglie le suggestioni del piatto in un abbraccio cremoso e avvolgente.
La proposta dello chef Theo Penati
Il rafano sostiene poi una creazione dall’intensità equilibrata come l’Insalata di seppie, la crema di avocado, l’alga nori e l’olio al rafano dello chef Theo Penati del ristorante stellato Pierino Penati a Viganò, nella Brianza lecchese. Un abbinamento consigliato? Il Trentodoc Brut Nature 2015 di Moser, con oltre 60 mesi di maturazione sui lieviti; è il pendant ideale in armonia tra freschezza e piacevole sapidità.
Foto di apertura: il rafano ha un aroma intenso e pungente e deve accompagnarsi a sapori che ne reggono l’impatto © Sokor Sapce – Shutterstock
Tag: Bellavista, Il Pievano, Moser Brut Natir, Pierino Penati, Rafano, Stylianos Sakalis, Theo Penati, Uccellanda© Riproduzione riservata - 29/03/2022