Raboso o Friularo: storia del “vin moro” di Venezia
A Venezia, al tempo della Serenissima, era chiamato il “vin moro”, e altro non era che il Raboso, noto anche come Friularo, un rosso potente coltivato nelle vigne della laguna e nei territori confinanti della terraferma. Oggi la città di San Marco, attraverso il Consorzio Vini Venezia con la collaborazione dei Carmelitani Scalzi del locale convento, ha deciso non solo di rilanciare questo storico vino, ma anche di riscoprire gli antichi vitigni tuttora presenti nei fazzoletti di vigneto sparsi qua e là all’interno dei giardini dei conventi e delle ville patrizie in città e negli isolotti vicini. Per l’occasione è stato pubblicato anche un interessante volume dal titolo Quando Raboso e Friularo si chiamavano vin moro, opera dello scrittore e sociologo Ulderico Bernardi (Ed. Grafiche Antiga).
Due vigneti sperimentali nel cuore di Venezia
«Dal 2010 il Consorzio Vini Venezia, con il contributo del professor Attilio Scienza, delle università di Padova e di Milano e del Cra-Vit di Conegliano», ha spiegato il presidente Giorgio Piazza ai giornalisti invitati nella città lagunare per una due giorni di full immersion nella realtà non solo vitivinicola ma anche culturale, «ha dato vita all’ambizioso progetto di recupero della biodiversità vitivinicola a Venezia con due vigneti sperimentali nel cuore della città. Un progetto che ha portato alla creazione di un’importante collezione di viti che già oggi costituisce una banca genetica delle varietà presenti nel territorio veneziano, il tutto con l’obiettivo di scoprirne origini, provenienze e caratteristiche».
Mappati 70 vitigni, 3 sconosciuti
Sul piano pratico, il lavoro ha visto all’opera una squadra di tecnici che ha mappato le viti presenti nei broli, nei giardini pubblici e privati e nei conventi raccogliendo oltre settanta esemplari e individuando ben trenta varietà di cui ancora tre risultano sconosciute. Tra queste spiccano non solo alcune tipologie di Malvasia, ma anche Raboso, Tocai friulano, Incrocio Manzoni, Refosco, Verduzzo trevigiano, Pinot, Cabernet, Merlot e Chardonnay. Uno degli aspetti interessanti del progetto riguarda i luoghi dove queste varietà sono state raccolte per la messa in produzione: il cosiddetto “Giardino dei cinque sensi” (noto anche come “giardino mistico”) all’interno del convento dei Carmelitani Scalzi, di fianco alla stazione Santa Lucia, e un terreno della tenuta Baslini nell’isola di Torcello. Particolarmente suggestivo il vasto giardino dei religiosi, dove i frati si occupano di coltivare, oltre alla vite, anche erbe officinali secondo una religiosa e mistica cadenza numerologica.
I vini dei Carmelitani Scalzi
Ebbene, proprio da questi vigneti (circa 800 piante), ha annunciato il priore del convento, Pietro Rizza, il Consorzio realizzerà dalla vendemmia 2017 due vini, un bianco e un rosso che saranno in vendita nei primi mesi del 2018 anche nel piccolo negozio del convento. I nomi? Il bianco sarà etichettato Ad Messam e il rosso Prandium. Parte della produzione del primo (in tutto circa 1.500 bottiglie) è riservato ai Carmelitani e ad altri conventi per accompagnare la celebrazione della messa. Il vino proveniente dalle uve coltivate nella vigna della famiglia Baslini a Torcello si chiamerà invece Sangiuane.
Biodistretto Veneto e BioVenezia: il progetto
Da parte sua il Consorzio, attraverso la voce del vicepresidente Pierclaudio De Martin e del direttore Carlo Favero, ha annunciato anche che un altro importante progetto che sta portando avanti: la creazione del primo biodistretto veneto. Dal novembre 2016, infatti, è stata costituita l’associazione BioVenezia, su iniziativa non solo degli agricoltori biologici ma anche dei cittadini interessati alla sostenibilità e alla tutela della salute e dell’ambiente. Il BioVenezia è un’area che comprende le province di Treviso e Venezia interessando oltre 24 comuni.
Venezia alternativa: un percorso di visita
Al di là di questi aspetti prettamente vitivinicoli legati soprattutto alla prima edizione di #FeelVenice, evento degustazione con banchi d’assaggio aperto al pubblico dei vini di Venezia all’interno del convento dei Carmelitani Scalzi (con relativa degustazione verticale guidata di Raboso e Friularo delle annate dal 2007 al 2000 riservata ai giornalisti), l’incontro veneziano è stata l’occasione per visitare Venezia in un percorso “alternativo” delle peculiarità anche culturali, con visita alle fornaci del vetro artistico e al museo del vetro di Murano, all’isola di Torcello con la sua magnifica basilica di Santa Maria Assunta affrescata da stupendi mosaici dell’XI secolo e naturalmente al complesso conventuale dei Carmelitani con annessa chiesa di Santa Maria di Nazareth. Una ghiotta opportunità che il Consorzio Vini Venezia intende offrire a quel visitatore che non si accontenta di una visita fugace ai soliti, seppur stupendi, monumenti del capoluogo lagunare.
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