Questo articolo, intitolato “Quanto vino nel bicchiere del bambino?” e scritto nel 1982 dal medico e neurologo Roberto Morgante, ci fa riflettere su quanto siano cambiate le tradizioni familiari, le dinamiche sociali e le conoscenze scientifiche nel corso degli ultimi quarant’anni
In Emilia-Romagna è stata fatta una singolare indagine statistica in ambito scolastico: si trattava di stabilire se i bambini bevono, e quanto bevono (di vino, chiaramente). Orbene il 18 per cento di essi si limita a berne un dito al mattino, il 16 per cento un mezzo bicchiere, il 4 per cento un bicchiere. Gli altri, tutti ad acqua o Coca-Cola. Si deve gridare all’alcolismo? Noi medici pratici, che in corsia ospedaliera avviciniamo bambini e giovani, non troviamo piccoli alcolizzati. Oltre a tutto i pediatri concordano sul fatto che il bambino d’oggi è certamente meglio nutrito, più vigoroso e sano rispetto a quello delle precedenti generazioni.
Gli incidenti domestici
È eccezionale che al bambino italiano venga dato vino a volontà, e semmai il fenomeno ha caratteri di accidentalità. Per accidentalità s’intende questo: casi isolati di ubriacatura acuta, dovuta ad ingestioni furtive di alcolici in bimbi e ragazzetti, in effetti arrivano ai Pronto Soccorso di tutta Italia (ma anche in Francia, è segnalata la cosa). Si tratta di infanti che di nascosto si arrampicano su credenze e armadi, e in qualche modo riescono ad afferrare e arraffare una bottiglia di vino (specie di Vermut). Non tutti riescono ad aprirla, ma se è facile farlo, oppure se è già cominciata, il portarla alla bocca traendone ampie sorsate è tutt’uno. Se per caso il vino è da dessert e liquoroso, quindi immediatamente gradevole, l’ingestione può essere massiccia. E il bambino tutto solo e silenzioso, tracanna facilmente.
La lavanda gastrica
Ci si chiederà: come fa il bambino a ingollare sorsate di vino liquoroso e discretamente alcolico? Sicuramente la mucosa gastrica lì per lì tollera assai bene. I guai succedono quando il vino viene assimilato dalle vie digestive. A questo punto qualcuno si rende conto che la cosa più sensata da fare è quella di portare il bambino al Pronto Soccorso per immediata lavanda gastrica. Se la dose di alcolico è eccessiva, bisogna darsi da fare contro il tempo. Se è trascorso un certo tempo, egualmente all’ospedale per smaltire con fleboclisi o altro la bevanda a cui il bambino non è abituato. Una cura “mirata” agirà in senso antialcol, con farmaci antagonisti. In queste condizioni si trovano in genere bambini piccoli, scarsamente sorvegliati, e che hanno bottiglie a portata di mano facile.
Quantità e limiti in base all’età
Finora abbiamo parlato di infortuni tra pareti domestiche, abbastanza eccezionali. Ma si sa che il vino è anche alimento, e non tossico, come più volte ripetuto con convinzione ed onestà su “Civiltà del bere”. E allora chi legge si chiederà: ma si può dare vino-alimento al ragazzo? Da che età? In quali circostanze? Quando il bambino ha 7-8 anni, la “nuvoletta” nel bicchiere (poche gocce disperse di vino genuino) è ammessa anche dai medici. Conferisce colore al bicchiere d’acqua, ed è soltanto una questione di attrattiva psicologica. Le tracce d’alcol somministrate non sono nemmeno valutabili. Personalmente quando il ragazzo ha dodici anni, concediamo due dita di vino in acqua, al massimo un terzo bicchiere costantemente miscelato all’acqua. La “nuvoletta” la disegna meglio il vino rosso, che quello bianco.
A 18 anni l’adolescente è (fisicamente) un uomo, e può consumare la sua razione ai pasti nella misura di un bicchiere, un bicchiere e mezzo. Poi, col passare degli anni, deciderà lui, per non oltrepassare quel livello di guardia che resta fissato sui sessanta grammi di alcol pro die, che è il limite universalmente accettato dagli esperti di salute.
Ecco che allora il vino assume il ruolo tipico di integrante dell’alimentazione, con quelle azioni su organi e apparati favorevoli di cui abbiamo più volte parlato. Mai travalicare i limiti, peraltro. Possibilmente non bere a stomaco vuoto. Stare alle regole, insomma.
False credenze da sfatare
Circa i pregiudizi, le false credenze popolari diffuse in sperduti paesi di montagna, vi è da dare qualche consiglio ammonitivo. Qualche popolazione disinformata ritiene che al bambino in preda a febbre morbillosa, sia utile dare vino schietto e forte, e soltanto “rosso”. Come si sa il morbillo provoca quelle chiazze di vistoso arrossamento che invadono tutta la superficie corporea. È abbinando il concetto di “rosso”, cioè di “sfogo”, che il vino scaccerebbe il virus morbilloso. Così non è, e certamente anche il presupposto che l’alcol di vino disinfetti “dal di dentro” l’organismo, fa tenerezza più che raziocinio terapeutico. Del resto il virus se ne fregherebbe completamente dell’azione dell’alcol. Se lo beve anche lui – il virus – facendo cin-cin. Insomma: l’assioma disinfezione dall’interno, oppure “luce rossa – ambiente rosso – vino rosso” = rapida guarigione, appartiene al rango delle stregonerie.
Questioni metaboliche da valutare
Tornando all’argomento vino ai bambini, il lettore si chiederà se il medico può far luce e approfondimento ulteriore sull’impatto metabolico dell’alcol nell’organismo infantile in evoluzione. Questo, perché biochimici ed epatologi ci avvisano che un enzima specifico – l’alcol-deidrogenasi (ADH) – consente all’organismo adulto di smaltire in via enzimatica l’alcol, a ritmo calcolato in 7-9 grammi all’ora.
Orbene è altrettanto noto che i bambini scarseggiano di questo sistema enzimatico. Ne conseguirebbe che l’alcol assunto non potrebbe venir compiutamente metabolizzato. Così in realtà non è, perché esistono, oltre all’alcol-deidrogenasi-, sistemi enzimatici assai più importanti, messi in luce da autorevolissimi studi di Lieber, del Mount Sinai Hospital di New York. Lieber ha dimostrato recentemente l’esistenza del sistema enzimatico “MEOS” (microsomal ehanol oxidizing system), che risulta essere il massimo responsabile del ciclo metabolico dell’alcol.
Ed è importante aggiungere che la quantità di MEOS aumenta in parallelo con l’assunzione di alcolici. Quindi quando il bambino beve il dosato mezzo bicchiere, miscelato ad altrettanta acqua, “allena” per così dire il MEOS a funzionare per quando sarà adulto. Un terzo sistema enzimatico completa l’operazione metabolica, ed è la catalisi.
Tutti questi sistemi intervengono nella ossidazione dell’alcol. Insomma: è una questione del quanto e del quando concedere vino misurato al giovane e all’adolescente. Con le premesse sopra riportate, l’uomo (il genitore, nel caso specifico) resta filosoficamente misura di tutte le cose.
Roberto Morgante, medico e neurologo