In Italia In Italia Alessandro Torcoli

Previsioni vendemmiali 2023: produrremo meno vino. Stavolta siamo felici che la Francia ci batta

Previsioni vendemmiali 2023: produrremo meno vino. Stavolta siamo felici che la Francia ci batta

A margine dell’incontro a Roma sono emersi i timori per il calo generale dei consumi e per le giacenze in cantina (equivalenti a un’intera vendemmia). Riflessioni sul cambiamento climatico e sull’importanza di tecnici qualificati e di una decisa spinta innovativa.

Il 12 settembre, al ministero dell’Agricoltura di via XX Settembre a Roma, i vertici di Unione Italiana Vini (Uiv), Assoenologi e Ismea hanno presentato le previsioni vendemmiali 2023, realizzate dal loro Osservatorio.
In sintesi, produrremo meno e con 44 milioni di ettolitri (versus 50 milioni del 2022, -12%) cediamo lo scettro alla Francia, che ne porterà in cantina circa 45 milioni. E lo facciamo volentieri, come ribadito da tutti gli intervenuti, poiché i trend di mercato internazionale e il cambiamento nelle abitudini dei consumatori chiedono meno vino. La guerra quindi si combatte con il valore e la qualità, non con la quantità.
Prima di passare ai dettagli, partiamo da una domanda che potrebbe interessare i lettori curiosi, ma fuori dalle dinamiche di settore; perché da alcuni anni diramiamo i dati previsionali sulla vendemmia ancora in corso? Non possiamo attendere quelli definitivi? Specialmente in un’annata come questa, generalmente tardiva, come ha sottolineato Paolo Brigioni, direttore generale Assoenologi: «a causa delle piogge primaverili e degli eccessi di calore estivi si sono protratti i periodi di allegagione e invaiatura, e ora la raccolta è in ritardo rispetto alle annate precedenti. Questa settimana si avvia al grosso».

A cosa servono le previsioni

In questi giorni i media riportano le stime sull’andamento economico dei Paesi europei. La previsione in questo caso serve soprattutto ai Governi nazionali per regolarsi rispetto alle leggi di bilancio, da varare entro la fine dell’anno, perché ad esempio se l’economia generale cala, diminuisce il gettito fiscale e di conseguenza mancano le coperture per determinate attività. Insomma, sono utili nella preparazione del budget di spesa. Ma nel mondo del vino, a chi giova sapere in anticipo se in Toscana o Piemonte si produrrà il 5% in più o in meno?
La risposta è: a molti operatori economici, in primis agli imprenditori di settore che possono anticipare i trend dei prezzi delle uve o del vino, se ne comprano o ne vendono. Ma le previsioni interessano anche chi fa i conti con le sue sole uve e può prevedere se la domanda del proprio vino crescerà oppure diminuirà, con conseguenze nelle trattative.  

previsioni vendemmiali 2023
Lamberto Frescobaldi, presidente Uiv

Le previsioni sono utili e oneste, alcuni produttori meno

Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv, sostiene che pur essendo un dato provvisorio ha un grande valore. Sarà trasmesso ad esempio all’Unione europea per la valutazione degli stock di prodotto sul mercato. E – come detto – ha valore di mercato, utile in fase di contrattazione. Ad esempio: se c’è carenza di prodotto, le aziende possono spuntare un prezzo migliore con la Grande distribuzione, altrimenti succede il contrario. Ovviamente è utile anche per chiedere aiuti di distillazione in caso di eccesso produttivo e crisi nelle vendite.
Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi, sostiene allo stesso modo che si tratti di «un segnale utile per le imprese, considerato che devono stilare i propri budget».
Lamberto Frescobaldi, presidente Uiv, tiene però a sottolineare che «a gennaio si dovrebbero confrontare previsioni e saldo, poiché certi scostamenti risultano un po’ irritanti»; alludendo con ciò non a errori e difetti nella metodologia di raccolta dei dati, ma a talune scorrettezze che si verificano in cantina, poiché alcuni operatori disonesti giocherebbero tra uva da vino e uva da tavola. Infine, Ignacio Sáncez Recarte, segretario generale del Comité Européen des Entreprises Vins, ribadisce che le previsioni hanno anche valore politico.
«Sono un messaggio», dice, «che lanciamo anche alle istituzioni europee quando abbiamo bisogno aiuto, per mancanza o eccesso di prodotto, soprattutto oggi che siamo pesantemente nelle mani del clima».

Il contesto: sofferenza del mercato

Veniamo ai dati. Fabio Del Bravo, direzione servizi per lo sviluppo rurale di Ismea, ha chiarito dapprima il contesto di mercato: i produttori di vino da gennaio ad agosto 2023 hanno sofferto gli incrementi dei costi nella Grande distribuzione, come si evince dalla differenza tra la spesa in vino (+3,1%) e l’aumento dei listini di origine (+7,1%), dato che dimostra un assorbimento parziale dei rincari. In volume, tutte le tipologie, ad eccezione degli spumanti sono in calo. Una buona resistenza hanno dimostrato anche i vini a Doc e Docg. A livello di export si ripete lo stesso schema, con il vino a +0,4% di fatturato, ma le Dop segnano un -5% volume e un +1% a valore. Anche in questo caso, l’aumento dei listini non è stato del tutto assorbito.

La vendemmia: in calo il Centro-Sud, stabile il Nord

Per il vino si registravano a luglio giacenze di 44,5 milioni di ettolitri, ossia il valore di una vendemmia, dato in aumento dal 2018. Le stime per la raccolta 2023 in definitiva sono di 43,9 milioni di ettolitri,  -12% rispetto al 2022. Guardando alle macroaree il Nord segna +0,8, il Centro -21,1%, il Sud -28,8%. Analizzando l’andamento regionale però questi dati si dimostrano poco omogenei all’interno: al Nord la Lombardia recupera un +15%, il Friuli Venezia Giulia segna un -10%.
Paolo Brogioni, direttore generale Assoenologi, ha descritto il quadro climatico e qualitativo. L’inverno è stato mite, con scarsità idrica fino primavera; poi le temperature sono tornate nella media e da maggio si sono verificate diverse anomalie, con piogge e alluvioni (non dimentichiamo quanto accaduto in Emilia-Romagna) e un abbassamento delle temperature; l’estate ha portato forte umidità e caldo con picchi anomali.
«Si è verificato il record ventennale di ore di stress da caldo oltre 40°, in particolare Sardegna», ha sottolineato Brogioni. «L’andamento pluviometrico dal 1° marzo al 10 agosto ha colpito soprattutto il Sud, Calabria e Basilicata in particolare. Per quanto riguarda gli aspetti fenologici, si sono protratte allegagione e invaiatura, e ora si raccoglie in ritardo rispetto alle annate precedenti».

Sergio Marchi, responsabile della segreteria tecnica del ministero

Le voci istituzionali: le carte sul tavolo del ministro

Durante la mattinata è intervenuto il capo della segreteria tecnica del ministero, Sergio Marchi, al posto del ministro Francesco Lollobrigida, che ha commentato: «Rispetto agli stoccaggi esistenti, il calo produttivo annunciato non è un dato negativo, a fronte di una qualità buona. Certo che sia stato provocato da una fitopatia non è positivo».
Marchi ha anche ricordato i principali dossier sul tavolo del ministero: le indicazioni in retro etichetta, l’agroindustria (e in particolare le norme sul packaging, di concerto con il ministero dell’Industria), il flagello peronospora, i sostegni al settore (tavolo congiunto con le Regioni) compresa la fiscalità (che può essere un aiuto alternativo, rispetto al sostegno diretto).
Livio Proietti, commissario straordinario Ismea, ha ribadito la centralità per il suo istituto di questo impegno annuale, «costitutivo per Ismea, che è la grande base dati a servizio dell’agroindustria». Ma ha messo sull’avviso i presenti «poiché le previsioni sono un campo scivoloso». Ha altresì rimarcato che «la sfida di fronte a noi è quella del consumo, in continua diminuzione e aumentano gli stoccaggi. Oggi si registra in giacenza nelle cantine il corrispettivo di un’intera vendemmia». La scommessa, per Proietti, sta nell’innovazione: «Abbiamo vigneti vecchi, sistemi agricoli non adeguati, una gestione del rischio non adeguata». Su questo tema, ha annunciato un nuovo imminente bando per le innovazioni.

Il paragone con il resto del mondo, e i cavalieri dell’apocalisse 

Ignacio Sáncez Recarte, segretario generale del Comité Européen des Entreprises Vins, ha riassunto dati interessanti sul contesto internazionale. In generale i Paesi “Top 5” d’Europa registrano -10,5 milioni di ettolitri, che equivale a circa la produzione della Germania intera.
L’Italia perde il primato, conquistato dalla Francia, «ma non è una cattiva notizia» («È ottima», gli fa eco Riccardo Cotarella). Quindi la Francia risulta primo produttore con 45 milioni di ettolitri di vino. Ma a leggere i dettagli si nota che la Champagne ne ha persi 2, Bordeaux 9, mentre la Borgogna cresce di 11 (ma, attenzione, compreso il Beaujolais). Anche i francesi si confrontano d’altra parte col calo dei consumi: per il rosso -38% negli ultimi 5 anni. Non a caso è stato programmato un espianto di 9.600 ettari.
«Il problema non sono le sovraproduzioni», ha commentato Sáncez Recarte, «ma la mancata capacità di vendita».
La Spagna registra un -12% (35 milioni di ettolitri); ma se al nord cresce la produzione, al sud e a est c’è stato un crollo (con la Catalogna a -28%). Sulle vendemmie all’estero sono disponibili qui i nostri recenti articoli su Francia e Spagna e su Nord Europa e California. Per quanto riguarda l’emisfero australe, che ha già vendemmiato da mesi (vedi anche qui), l’Argentina ha comunicato un -21%, l’Australia -13,1%, il Cile +1,3, la Nuova Zelanda -22,2, il Sud Africa -6%.
«Tutte diminuzioni conseguenti all’impatto climatico», sottolinea Recarte. Infine, ha ricordato le tre spade di Damocle che pendono sul settore: 1. il cambiamento climatico; 2. la diminuzione dei consumi e le prossime generazioni; 3. le azioni anti alcol. Da qui, la necessità di un piano strategico dell’Unione europea. «Eviterei di aggiungere il quarto problema (quello del packaging e dell’etichettatura)», chiosa Sáncez Recarte, «altrimenti mi parrebbe di schierare i quattro cavalieri dell’apocalisse».

Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi

Calo produttivo, ma qualità buona. Grazie ai tecnici in campo

Per il presidente di AssoenologiRiccardo Cotarella: «È una vendemmia caratterizzata dagli effetti dei cambiamenti climatici. La fotografia che emerge dalle previsioni ci indica un calo della produzione di uve significativo, soprattutto laddove la vite è stata ripetutamente attaccata dalla malattia. Dalla vendemmia 2023 otterremo sicuramente vini di buona qualità, con punte di eccellenza. Molto», ha concluso il presidente di Assoenologi, «dipenderà dal lavoro, a cominciare da quello degli enologi, eseguito in vigna e in cantina. È proprio in queste annate così strane che occorre introdurre tutte le conoscenze tecniche e scientifiche per mitigare i danni di un clima sempre più pazzo».
Per il presidente di Unione italiana viniLamberto Frescobaldi: «Non ci possiamo più permettere di produrre 50 milioni di ettolitri come nelle ultime vendemmie; e non può essere una malattia fungina a riequilibrare una situazione. Oggi più che mai si impongono scelte politiche di medio e lungo periodo, a favore della qualità e di una riforma strutturale del settore. Tra le priorità, occorre chiudere finalmente il decreto sulla sostenibilità e ammodernare il vigneto Italia, mediamente vecchio, difficile da meccanizzare e costoso da gestire».
Serve anche revisionare i criteri per l’autorizzazione “a pioggia” di nuovi vigneti in base alle performance delle denominazioni, oltre a ridurre le rese dei vini generici e rivedere il sistema delle Dop e Igp, compresa la loro gestione di mercato. Questi sono gli strumenti per consentire al vino italiano di fare il salto di qualità necessario ad affrontare sia la situazione congiunturale dei mercati che i cambiamenti strutturali della domanda e delle abitudini di consumo. Infine, ha concluso Frescobaldi, «occorrerà cambiare marcia sul piano commerciale, a partire dalla semplificazione dell’Ocm Promozione e da una promozione di bandiera capace di coinvolgere le imprese sin dalla sua pianificazione».

Foto di apertura: le previsioni vendemmiali 2023 ci dicono che produrremo meno, con un calo del -12% © Toscana Promozione

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© Riproduzione riservata - 13/09/2023

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