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Palazzone: amore viscerale per l’Orvieto

3 Settembre 2012 Roger Sesto
Annate storiche di vini mitici (17): Umbria II parte Acquistato nel 1969 da Angelo e Maria Dubini, a partire dal 1982 questo podere dell’Orvietano è gestito dai figli Giovanni e Lodovico, che hanno compiuto scelte radicali: nuova cantina, impianto di altri 6 ettari di vigna, basta sfuso e vinificazione e imbottigliamento di tutta la produzione. Oggi i vigneti aziendali insistono su 24 ettari, per 150.000 bottiglie l'anno soprattutto di bianchi di territorio. VALORIZZARE IL TERRITORIO - «Un vino longevo non nasce a tavolino» spiega pragmatico Giovanni Dubini «un vignaiolo deve conoscere il proprio lavoro e le peculiarità del suo areale. Dagli anni Ottanta studio il mio territorio, le vigne, le uve: errori e soddisfazioni mi hanno aiutato a capire la mia zona viticola e la sua capacità di generare vini di lungo corso. Ne ho preso coscienza, provando a vinificare un bianco in grado di esprimere e valorizzare l'Orvietano e di appagare la mia passione. Senza dimenticare l’importanza del vitigno e della conduzione della vigna. Ma date uno sguardo agli archivi storici: sul vino è già stato scritto tutto!». A proposito di archivi, ne avete uno con le vostre vecchie annate? «È il nostro vanto: abbiamo una biblioteca con tutti i millesimi di tutte le nostre etichette. Non è facile poter assaggiare un buon Orvieto di vent'anni. Dalla vendemmia 2009 accantoniamo un centinaio di casse l'anno delle nostre bottiglie più importanti, da riproporre sul mercato dopo dieci anni». ORVIETO CLASSICO SUPERIORE CAMPO DEL GUARDIANO - I millesimi entusiasmanti dell'Orvieto Classico Superiore Campo del Guardiano? «Il 1989, edizione d'esordio, oggi ancora vitale, ci ha convinti della bontà delle nostre scelte di fondo; interessante il 1991, più fresco che potente; nel 1993, aumentando la quota di uve aromatiche, e il vino s’è fatto più complesso, e più grasso per via dell'annata. Il 1996 si distingue al naso per le sue note minerali, mielate, tropicali. Ampio il 1997: floreale, agrumato, morbido di spezie, miele e mou. Austero, acido, minerale il 1999. Sontuoso il 2001 per ricchezza e complessità, dai ricordi speziati quasi da legno ma propri delle uve: i nostri Orvieto vedono solo inox. Non ha dubbi Dubini sull’annata del cuore: «La 1990, foriera di un Campo del Guardiano grandioso, potente, complesso, ancora freschissimo».

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