Fondata nel 1919, quest’azienda familiare ha contribuito in maniera determinante all’affermazione del Prosecco, portando in tutto il mondo la cultura autentica delle colline di Conegliano e Valdobbiadene. Un tasting fuori dall’ordinario, che riavvolge indietro il tempo fino al 1991
Ci sono persone che staremmo ad ascoltare per ore, incantati dalla loro capacità di affabulare con storie antiche eppure moderne, che attraversano i decenni fino ad aprire la porta dell’attualità. Primo Franco è una di queste e il suo racconto non può che girare intorno alle colline di Conegliano e Valdobbiadene e all’esplosione del fenomeno Prosecco. Non a caso nel 2019, in occasione del centenario della Cantina Nino Franco, il produttore ha riunito le memorie di famiglia in un libro emblematicamente intitolato: Prosecco way of life. Lo scorso 15 settembre all’Enoluogo di Milano, molte di quelle storie sono ritornate protagoniste. Con sua figlia Silvia, che dal 2006 lo affianca alla guida aziendale, e il direttore di Civiltà del bere Alessandro Torcoli, Primo Franco ha intrattenuto i giornalisti, sommelier e operatori trade presenti in sala rievocando gli albori della sua storia personale e professionale, legati a doppio filo al successo del Prosecco nel mondo.
Un po’ di storia aziendale
L’azienda viene fondata nel 1919 dal mercante di vino Antonio Franco e portata avanti dal figlio Giovanni, detto Nino, che avvia ufficialmentela produzione di vini bianchi e rossi. Ma è con il nipote Primo Franco che l’impresa di famiglia fa il grande balzo. Nel 1971, dopo il diploma alla Scuola enologica di Conegliano Veneto, Primo inizia a collaborare con il padre puntando sul Prosecco. Nei primi anni Ottanta eredita l’attività, cominciando a viaggiare in Italia e nel mondo per far conoscere la cultura del Prosecco e proporlo nei migliori ristoranti e wine bar della penisola e all’estero. Il 1983 segna la nascita del primo Prosecco a riportare in etichetta il millesimo e la firma del produttore. L’autorialità stilistica, unita all’esaltazione del territorio d’origine, restano ancora oggi il marchio di fabbrica della gamma. In perfetto equilibrio tra sperimentazione e tradizione, senza mai scendere a compromessi con l’eccellenza anche quando sarebbe stato decisamente più redditizio conformarsi alle logiche del mercato.

Rustico, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg
Il primo assaggio ci porta al cospetto del Rustico, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg: biglietto da visita e summa della filosofia aziendale. «È uno dei vini storici di Nino Franco. Lo produciamo dagli anni ’70; inizialmente come Prosecco Col fondo, un vino frizzante del contadino, poi dal ’79 come Metodo Charmat». La Glera proviene da diversi vigneti di proprietà di media collina, circa 30-40 parcelle, con suoli variegati per formazione geologica, composizione e altimetria. «C’è una parola inglese, quasi impossibile da tradurre, con cui io racconto questo vino: consistency. Vogliamo che sia sempre uguale, l’espressione coerente dello stile Nino Franco. Mi piace dire che rappresenta l’eleganza di Conegliano e la potenza di Valdobbiadene». Il dosaggio è Brut, il naso fruttato di pera Williams e fiori bianchi. Delicato al palato, con un attacco fresco e un finale avvolgente.
Vigneto della Riva di San Floriano, Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Docg 2024
La degustazione prosegue con due single vineyard. «Nel 1999 siamo stati tra i primi a imbottigliare le uve di una singola parcella di Glera proveniente dal Vigneto della Riva di San Floriano, nel comune di Valdobbiadene. Le pendenze assai ripide impongono un faticoso lavoro manuale e una costante presenza in campo. Qui il terreno, a prevalenza calcareo-marnosa, è protagonista e ci dona uno spumante dal carattere deciso, tenace, elegante. Vigneto della Riva di San Floriano Brut 2024 è un vero “figlio delle rive”».
Nodi, Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Docg 2023
A mille metri di distanza in linea d’aria dal Vigneto della Riva di San Floriano sorge l’appezzamento del Nodi: 9 mila metri di cui solo la metà in piano, con terreni argillosi e piante molto vecchie, a partire dalle quali è stato fatto un certosino lavoro di selezione che permette di rimpiazzare le inevitabili fallanze mantenendo la biodiversità. «Il toponimo si chiama Col de Vent, un nome molto poetico ma anche molto simile a quello di una Cantina franciacortina. Così abbiamo scelto Nodi, che richiama l’unità di misura dei venti, che accarezzano regolarmente i filari, ma anche la nodosità dei ceppi di vite, alcuni dei quali superano i 100 anni e sono a piede franco». Il grande equilibrio vegetativo delle piante ci permette di scendere con il dosaggio e l’annata 2023, assaggiata in anteprima, affascina con un bouquet di glicine, rosa, uva spina, lime. La beva apporta tipicità e pienezza vellutata, sostenuta da una buona acidità.

Grave di Stecca, Vino Spumante Brut 2018, 2014 e 2010
La storia del Grave di Stecca è quella di un vigneto più unico che raro, in pratica l’unico clos del Valdobbiadene. È infatti circondato da un alto muro di pietra che lo protegge dall’ambiente esterno su tutti i lati. «È la “vigna di famiglia”, il cuore produttivo ubicato dentro le mura esterne di Villa Barberina. Il toponimo Grave, attestato già in epoca napoleonica, fa riferimento ai terreni di tipo alluvionale, formati dalla stratificazione di sassi e detriti giunti in loco per dilavamento ed erosione dei pendii montani». Fino al 2006 l’appezzamento è stato destinato alle sperimentazioni; con la vendemmia 2007 è diventata la culla di questo spumante fuori dagli schemi (e dalla Docg). Dopo la vinificazione, la temperatura viene abbassata intorno ai 5-6 °C e il vino viene lasciato tra i 5 e i 7 mesi sulle fecce fini, con continui rimontaggi per donargli complessità
La verticale e la Vendemmia Tardiva 1991
Il Grave di Stecca colpisce per la grande cremosità e la bella rotondità, già distintiva con la vendemmia appena messa in commercio (la 2018), ma che l’evoluzione mette ancora più in risalto nelle due vecchie annate in assaggio, la 2014 e la 2010. Quest’ultima, in particolare, si distingue per sontuosità e raffinatezza, con note terziarie di mela cotogna in confettura, noce Pecan, richiami minerali e di pasticceria. Il tutto senza perdere il suo tocco agile e vibrante. Tutte le annate del Grave di Stecca, dal 2007 ad oggi sono disponibili alla vendita. Ovviamente parliamo di numeri molto molto esigui. In degustazione, a riprova della longevità di questo vino, è stata aperta anche la versione Grave di Stecca Vendemmia Tardiva targata 1991. «Abbiamo continuato a produrla fino al 1994, poi abbiamo smesso ma di tanto in tanto ne stappiamo una per valutarla e dimostrare il potenziale di maturazione».
Primo Franco, Valdobbiadene Prosecco Superiore Dry Docg 2024, 2003 e 1992
Altra referenza, altra mini-verticale d’eccezione che dimostra come il Prosecco, se trattato bene, può cavalcare il passare degli anni con risultati sorprendenti. « Primo Franco è uno dei primi Prosecco millesimati e con la firma del produttore. La prima uscita risale al 1983. Volevano fare un prodotto in controtendenza, da bere a fine pasto, con un residuo zuccherino più alto rispetto alla moda del Cartizze che in quegli anni stava cominciando. All’inizio era un Demy Sec, poi siamo passati al Dry. L’idea mi arrivò assaggiando un vecchio vino del nonno al termine di una cena importante con amici produttori e distributori. Tutti rimasero spiazzati dalla sua tenuta…». Lo stesso stupore che ha colto i professionisti presenti all’Enoluogo, colpiti in particolare dai millesimi 2003 e 1992, rispettivamente con 22 e 33 anni sulle spalle. Colore da vino passito, terziario avvolgente, grande compostezza e profondità espressiva. Chapeau!