Addio a Nicodemo Librandi, il professore dei vitigni calabresi dimenticati
Scomparso a fine agosto a causa di un male incurabile, Nicodemo Librandi ha lasciato un segno importante nella storia della Calabria del vino. Il nostro ricordo firmato dal giornalista Cesare Pillon
Lo chiamavano “professore” perché, laureato in Matematica all’Università La Sapienza di Roma, aveva insegnato per qualche anno prima che il fratello maggiore Antonio, detto Tonino, lo chiamasse a gestire insieme a lui l’azienda vitivinicola di famiglia. Designato giovanissimo per quel compito, Tonino soffriva per non aver potuto frequentare l’università, mentre Nicodemo si sentiva debitore nei suoi confronti per aver goduto di quel privilegio. Sarà anche per questo intreccio di sentimenti che i due fratelli si sono impegnati con tale intensità per lo sviluppo della Spa Antonio e Nicodemo Librandi da imprimerle un tasso di crescita senza uguali.
Il convegno del 2003 sugli autoctoni dimenticati
Io li ho conosciuti nel settembre 2003, quando partecipai a un’iniziativa che avevano organizzato nel municipio di Cirò Marina; un convegno scientifico sul recupero nella vitivinicoltura dei nostri giorni di vitigni autoctoni dimenticati che rischiavano l’estinzione. La sala del palazzo comunale era gremita di gente attratta da una straordinaria esposizione allestita nell’atrio. 25 grappoli d’uva, presentati su un piatto con il nome dei vitigni che li avevano generati, la maggior parte dei quali sconosciuti anche agli esperti.
Una esposizione come quella non s’era mai vista in Italia, e raramente s’erano visti tutti insieme tanti protagonisti della ricerca viti-enologica. Dal professor Mario Fregoni dell’Università di Piacenza a Franco Mannini e Anna Schneider del Cnr di Torino; da Stella Grando dell’Istituto agrario di San Michele all’Adige a Donato Antonacci del Cra di Turi. Per non parlare dell’enologo Donato Lanati, che dal 1998, con la sua collaboratrice Dora Marchi, è il consulente scientifico della loro azienda.
Un impegno concreto per il bene comune
Oggi lo straordinario patrimonio di 184 vitigni dimenticati che Nicodemo Librandi ha rintracciato con una rigorosa ricerca, ispezionando gli angoli più sperduti della regione, è stato analizzatosotto il profilo viticolo e vinicolo, storico, economico, genetico, ampelografico, dai più qualificati studiosi italiani: erano i più negletti della Penisola e adesso sono quelli studiati più a fondo.
Naturalmente Nicodemo ha continuato a prendere queste iniziative anche dopo la scomparsa di Tonino nel 2012 nell’interesse dell’azienda, ma poiché il suo obiettivo era di mettere a disposizione della collettività i risultati che avrebbe ottenuto, è riuscito a coniugare l’interesse privato con il bene comune, coinvolgendo le istituzioni pubbliche invece di surrogarle. Secondo lo scrittore Roberto Saviano la storia d’Italia, soprattutto nel Sud, è una storia di pieni e di vuoti; in particolare di vuoti, che però non restano tali a lungo perché hanno un valore economico, per cui prima o poi vengono occupati dalla malavita organizzata. Con le sue iniziative, Nicodemo Librandi ha riempito il vuoto in cui era stato abbandonato il vino della Calabria con il seme più efficace per assicurare una crescita positiva: la cultura.
A Raffaele, Paolo, Francesco, Teresa, Walter e Daniela Librandi e alla sua famiglia tutta vanno le più sentite condoglianze della direzione e della redazione di Civiltà del bere.
© Riproduzione riservata - 06/09/2023