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Menfi, Vittoria, Noto, Capo Milazzo. Quattro interpretazioni di Nero d’Avola Planeta

17 Novembre 2018 Civiltà del bere
Attraverso un tour internazionale per professionisti e wine lover, l’azienda siciliana ha fatto conoscere le sue produzioni d’eccellenza legate all’uva più diffusa dell’isola. Quattro le interpretazioni che mettono in luce l’unicità del Nero d'Avola dei diversi terroir, da Menfi a Vittoria, da Noto a Capo Milazzo.
È il più diffuso vitigno a bacca rossa della Sicilia, ma non ha ancora conquistato il posto di primo piano che si merita tra le varietà del Sud. Per questo la Casa vinicola Planeta ha scelto di dedicare al Nero d’Avola un progetto speciale. Lo scopo è valorizzare quest’uva antica e nobile, ricollocandola correttamente nel panorama delle cultivar più importanti dell’isola. L’iniziativa “Exploring Nero d’Avola” si è concretizzata in un tour internazionale nel corso del 2018. Seminari tematici e banchi di assaggio hanno permesso agli addetti ai lavori e al grande pubblico di scoprire i diversi vini a cui il vitigno dà origine, frutto di zone, microclimi e annate differenti.    

Sulle tracce dei Nero d'Avola Planeta

«Amiamo definire Planeta come un “viaggio in Sicilia”. Siamo guidati dal desiderio di produrre ciascun vino nel suo territorio d’elezione per offrire la migliore interpretazione delle principali varietà autoctone», spiega Alessio Planeta, a capo del marchio con i cugini Francesca e Santi. «Questo progetto si pone come una “esplorazione” sulle tracce del Nero d’Avola. È un'occasione per scoprire come quest’uva riesca a esprimersi ovunque in modo originale e sorprendente». Eccezion fatta per la tenuta sull’Etna, infatti, le altre Cantine di PlanetaUlmo e Dispensa a Menfi, Buonivini a Noto, Dorilli a Vittoria e La Baronia a Capo Milazzo – sono state protagoniste di un intenso e appassionato lavoro di ricerca sul Nero d’Avola negli ultimi anni.

Un vitigno già noto alla fine del Seicento

Il vitigno viene citato dal botanico Francesco Cupani nell’opera Hortus Catholicus (1696), ma le sue origini restano tuttora incerte. L’altro nome con cui è conosciuto, Calabrese, deriva probabilmente dalle antiche parole siciliane calea e Aulisi, ovvero uva di Avola, considerata la città natale di questa cultivar, che oggi è la prima per estensione sull’isola. «Da un punto di vista ampelografico, il Nero d’Avola si è rivelato più direttamente ricollegabile alle varietà georgiane e ai primi centri di domesticazione della vite rispetto alle altre uve autoctone siciliane», precisa Alessio Planeta. «Ad oggi se ne individuano almeno tre biotipi e numerosi cloni. Il Nero d’Avola peraltro fa registrare anche una notevole variabilità “intravarietale”, soprattutto rispetto alla morfologia del grappolo».

Le diverse caratteristiche a seconda del terroir

Il privilegio di produrlo in ben quattro differenti territori ha dato a Planeta la possibilità di studiarne le caratteristiche terroir per terroir. Tutto è cominciato da Menfi, il primo nucleo aziendale. «In provincia di Agrigento i suoli argilloso-calcarei regalano dei Nero d’Avola vivaci e succulenti, con note di prugna, cioccolato e menta». Completamente diverso è il profilo organolettico legato alle sabbie rosse di Vittoria, nel Ragusano, dove il Nero d’Avola entra da disciplinare nel blend del Cerasuolo di Vittoria Docg, esprimendo caratteristiche ben più giocose e fruttate, con note fresche di fragola e ciliegia.    

A Noto la culla del Nero d'Avola

Un capitolo a sé è rappresentato dalla punta nordest dell’Isola, il territorio di Capo Milazzo nel Messinese. «Qui i suoli alluvionali e la vicinanza del mare conducono a versioni più fresche e vellutate, dove i richiami di alga marina, tamarindo e agrumi appaiono ben più spiccati». E poi c’è Noto, la vera e propria culla del Nero d’Avola. «I suoi terreni interamente calcarei garantiscono prodotti dalla struttura nobile, balsamica, con sentori di ribes nero, carruba e incenso. Proprio come il Santa Cecilia, Noto Doc. Nero d’Avola in purezza, è il nostro rosso più rappresentativo. Abbiamo voluto rendere questo primato anche graficamente, apponendo il nome e lo stemma di famiglia in etichetta».

Il Mamertino amato da Giulio Cesare

Le uve di Nero d’Avola concorrono anche alla nascita del Mamertino Doc, lanciato sul mercato nel 2017 con l’annata 2015. Si tratta di una piccola ma preziosa produzione che affonda le radici in epoca romana. Allora i Mamertini producevano a Milazzo vino amatissimo da Giulio Cesare, che lo scelse insieme al Falerno per celebrare il suo terzo consolato.

Il vino dei guerrieri

«Dopo la dominazione greca, la Sicilia fu la prima delle conquiste di Roma a diventare provincia. Il Mamertino divenne il gioiello nella corona della viticoltura nell’isola. Con un nome che deriva probabilmente da Marte, era il vino dei guerrieri, ricordato come tale per le sue particolari caratteristiche», spiega Alessio Planeta. «Lo stesso Giulio Cesare veniva chiamato “il guardiano delle viti” poiché considerava la viticoltura non solo un legame straordinario tra l’uomo e la terra, ma anche un vero e proprio strumento di difesa. Erano i viticoltori, infatti, i primi a opporsi a qualunque invasione per proteggere le proprie vigne».    

Mamertino di Planeta, buono in ogni senso

Il forte interesse per questa storia antichissima ha spinto Planeta a realizzare un progetto di viticoltura sostenibile a Capo Milazzo, estrema propaggine a nordest dell’isola, dando un significativo contributo alla valorizzazione della Doc. La Baronia è la più piccola delle aziende di famiglia: 8 ettari di vigneto circondati da 20 ettari di oliveti secolari. È gestita in collaborazione con la Fondazione Barone Lucifero, che è proprietaria delle terre e utilizza parte del ricavato per attività socioculturali e ricreative dedicate ai bambini. Il Mamertino di Planeta è un blend di Nero d’Avola (60%) e Nocera (40%). Sono affinati 12 mesi in botti da 35 ettolitri nella piccola Cantina circondata dalle vigne che si affacciano sulla punta del Capo. Ha profumi esplosivi di macchia mediterranea, frutta a bacca blu e confettura. I tannini sono fitti ma non eccessivi, ben integrati con il legno.
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 5/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l'ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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