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Lumassina, un carro armato che patisce l’umidità

1 Novembre 2018 Roger Sesto

La Lumassina è un vitigno ormai sopravvissuto solo sulla costa tra Savona e Finale Ligure e nel relativo entroterra. È una varietà resistente alle malattie, a patto che non vi siano eccessive piogge, soprattutto alla flavescenza dorata e al mal dell’esca. Può raggiungere i 60-80 anni di vita ed è anche assai produttiva e fortemente vegetativa.

Morfologicamente il grappolo si presenta molto compatto, con acini piccoli e dalla buccia sottile. Da qui i suoi “mal di pancia” nelle annate piovose, quando il marciume è dietro l’angolo. Importante diventa quindi la potatura verde, per arieggiare il grappolo pur evitando di esporlo direttamente ai raggi solari, e aiutare la pelle dell’acino a ispessirsi.

La Lumassina ha bisogno di spazio

«Sono entusiasta di poter parlare della Lumassina (o Buzzetto, o Mataosso), che ormai si trova solo in questa zona ed è molto adatta per una sua vinificazione in purezza». Così esordisce Riccardo Sancio, titolare di Cantina Sancio di Spotorno (Savona). «Necessita di spazio tra una pianta e l’altra (almeno 1,20 m), mentre le alte densità sono controproducenti, anche per l’esuberanza della superficie fogliare; un tempo le piante più vecchie raggiungevano i 3 metri di altezza», aggiunge.

 

Il grappolo compatto dai piccoli acini di Lumassina

 

In vigna l’ideale è il Guyot bilaterale

D’altra parte tale vigoria non può essere contenuta con potature corte, ricorrendo magari al cordone speronato o all’alberello. Ciò perché la Lumassina, non avendo gemme basali fertili, non riuscirebbe in tal modo a produrre frutti; pertanto l’ideale è il Guyot bilaterale. «Tutto questo comporta che, per raggiungere una gradazione alcolica di almeno 11,5%, è necessario effettuare sostanziali diradamenti».

Le tre versioni di Cantina Sancio

«Produco tre Lumassina», racconta Sancio. «Una Colline Savonesi Igt, da uve raccolte tardivamente, non sottoposte a macerazione pellicolare (che infonderebbe sentori erbacei), vinificate in bianco a 16 °C e con affinamento sulle fecce fini sino a gennaio. Una versione frizzante, prodotta con il metodo Charmat, chiamata Lilaria, che purtroppo essendo imbottigliata fuori zona non può essere etichettata come Igt e non mi è permesso menzionare il nome del vitigno. E l’originale Marì, frutto della collaborazione con Cascina Praiè di Andora (Savona).

 

Riccardo Sancio in cantina

 

Lumassina Marì, vinificata a quattro mani

Marì è una Lumassina in purezza caratterizzato da un blocco fermentativo a freddo, quando vi sono ancora 14 g/l di zuccheri naturali da svolgere. Il vino così ottenuto viene inoculato con lieviti baianus e si imbottiglia senza l’aggiunta finale di solfiti, con una conseguente leggera rifermentazione e la presenza delle fecce fini in bottiglia».

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