L’utilizzo del luppolo fresco, appena raccolto, dà vita a birre dotate di una caratteristica e piacevole nota verde. Questa tecnica valorizza al massimo le componenti aromatiche e in Italia la sua coltivazione è in crescita. La nostra selezione di tre etichette
La biblioteca di Forlì custodisce un interessante articolo intitolato Del luppolo coltivato da Gaetano Pasqui da Forlì e pubblicato nel 1861 dalla rivista L’incoraggiamento – Giornale dell’Emilia di agricoltura, industria e commercio. Racconta dell’epopea di Pasqui che nel 1835 apre una fabbrica di birra e nei 12 anni di attività, per luppolare, deve ricorrere “alla compera di quello d’America o del selvatico che cresce spontaneo in alcune siepi, non avendo rinvenuto del germanico, preferito ad ogni altra qualità”. Questo lo spinge ad avventurarsi nella produzione del luppolo, che avvia nel 1857, ben attestata dai documenti dell’epoca. Nel 1853 ha già 720 piante (per un totale di 144 kg), nel 1860 sono 3.584 (per 338 kg). Il birrificio chiuderà i battenti nel 1879, ma la storia – ben descritta dal volumetto L’uomo della birra, CartaCanta, 2010 – dimostra come la coltivazione del luppolo sia stata una realtà, almeno per un breve periodo, in Italia. Una tradizione che si è purtroppo persa, fino a tempi recentissimi.
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