Food Food Maria Cristina Beretta

Le due Italie dell’olio

Le due Italie dell’olio

Per l’olio extravergine d’oliva è stata un’annata difficile al Sud e regolare al Nord. La produzione nazionale è più che dimezzata. Tra le problematiche il controllo dei parassiti e, in Puglia, l’incubo della Xylella. Ma crescono le aziende che investono in tecnologie.

Mai come quest’anno, a memoria dei produttori, l’andamento della raccolta delle olive si è dimostrato singolare. In negativo per il Sud e in positivo per il Nord. Ancora una volta è emerso come in Italia la coltura dell’ulivo sia per buona parte legata a chi fa olio come secondo lavoro o a chi ritiene di dover seguire schemi prefissati, senza volersi rendere conto che il clima è cambiato. Quest’anno, ad esempio, la produzione agricola interna aveva almeno due settimane di anticipo, se non una ventina di giorni. Per alcuni aspettare i tempi canonici della campagna ha significato perdere quasi completamente il raccolto. Nonostante ciò, i risultati al concorso internazionale Sol d’Oro 2019 hanno confermato l’alta qualità dell’olio prodotto nel Belpaese.

Al Sud raccolta anticipata a fine settembre

I bacini di maggior produzione quali Calabria e Puglia, che da soli costituiscono oltre il 60% dei quantitativi nazionali, si sono trovati a affrontare piogge continue in estate e un attacco tardivo di mosca tra la fine di settembre e la metà di ottobre. In molti casi le olive erano già pronte agli inizi di settembre e così chi ha voluto attendere, aggrappandosi al fatto che più il frutto è maturo più cresce la resa in olio (ma non è detto che la qualità sia migliore), ha visto andare in fumo la produzione. Questo è uno dei motivi che hanno influito sull’esito della raccolta, ma ce ne sono anche altri, quali lo scarso controllo su eventuali parassiti.

Un uliveto a Ostuni


Al Nord una stagione da manuale

Va detto che il tempo ha infierito pesantemente sulla campagna oleicola. Alcune gelate primaverili, seguite da piogge e basse temperature estive, hanno interessato l’intera fascia del Sud, con qualche eccezione in poche microaree, e in parte anche le regioni del Centro. Dall’Emilia Romagna in su l’andamento è stato da manuale e con quantitativi doppi, se non quasi tripli, rispetto all’anno scorso, come è capitato per la zona di Brisighella. Peccato che la produzione del Nord costituisca una media del 2% di quella nazionale.

Raccolta dimezzata rispetto al 2017

Secondo le stime Ismea, pubblicate i primi di ottobre, la raccolta 2018 ammonta a 265 mila tonnellate di olio, contro le 429 mila del 2017, ma è probabile che a conti fatti si arrivi a meno di 200 mila. Una vera battuta di arresto per il made in Italy che sull’extravergine sta avendo più successo all’estero che non in patria.

I nuovi frantoi sono all’avanguardia

Eppure tante cose sono migliorate, a partire dalle aziende che stanno investendo in frantoi più funzionali che permettono di regolare il sistema di frangitura a seconda della maturazione delle olive e che lavorano con poca acqua evitando la dispersione dei preziosi polifenoli.

L’olio a ultrasuoni

O, ancora, l’adozione di macchinari in grado di limitare l’ossidazione e il surriscaldamento della pasta da cui si estrarrà l’olio. Di recente è stata messa in commercio anche una nuova tecnologia basata sull’utilizzo degli ultrasuoni, che agiscono su due fronti: la pulitura delle olive da eventuali residui di fitofarmaci e la fuoriuscita dell’olio, recuperando più prodotto e accorciando i tempi di lavorazione.

Un’innovazione a portata di tutti

Secondo Maria Lisa Clodoveo, tecnologo alimentare all’Università di Bari, la bontà dell’innovazione sta nella possibilità di applicarla ai sistemi di frangitura aziendali già esistenti senza fare cambiamenti costosi e nel rispetto dell’ambiente.

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© Riproduzione riservata - 16/02/2019

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