La nostra cucina include e dà valore alle differenze
Pomodori, patate e melanzane: sono tanti i prodotti alla base dei piatti italiani della tradizione che provengono da altre culture. Così come molte sono le ricette introdotte da ebrei, arabi, greci, turchi, albanesi. Dal Nord al Sud dello Stivale, c’è un mondo.
Nella nostra esperienza di vita abbiamo modo di osservare una serie di mutamenti delle abitudini alimentari; cambiano le ricette, i modi di cucinare e di consumare i pasti, cambiano i prodotti. Ogni anno nel paniere Istat entrano nuovi ingredienti e ne escono altri.
Italia, crocevia di tradizioni culinarie dal mondo
Se avessimo la possibilità di viaggiare con la macchina del tempo per ripercorrere a ritroso la storia dell’umanità e della cucina italiana, arrivando fino alle epoche più remote, scopriremmo che quello che oggi chiamiamo Prodotto tipico, in una certa epoca storica rappresentava una specialità, frutto di un’invenzione o di una scoperta, spesso di origine “esotica”. Ciò che oggi consideriamo tradizione un tempo era innovazione. Lo stesso discorso vale per le coltivazioni, le tecniche di cucina, gli strumenti di cottura, il Galateo e l’etichetta. Gli studi di storici e antropologi dell’alimentazione testimoniano come nelle diverse epoche l’Italia, ancor prima del Regno, abbia saputo scambiare di tutto con le altre civiltà e culture, grazie alle scoperte geografiche, alle diverse invasioni e dominazioni e ai rapporti commerciali.
Pane, pasta e vino d’origine “esotica”
Nelle 468 ricette raccolte nel De Re Coquinaria di Apicio, un testo classico della letteratura gastronomica romana, vengono citate spezie e erbe aromatiche originarie del subcontinente indiano, che scompariranno dai ricettari nel Medioevo, per ricomparire solo nel XVI secolo, con l’inizio dell’epoca coloniale. Dagli antichi Egizi abbiamo imparato a fare il pane e la birra, mentre la prova più antica della produzione di vino è in Armenia e risale al 4100 a.C. Dalla dominazione mongola e dagli scambi lungo la Via della Seta abbiamo adottato la pasta e i ravioli ripieni. Passando dall’Impero Ottomano alla dominazione Normanna, dalla scoperta delle Americhe fino all’era della globalizzazione dei giorni nostri, ognuna di queste epoche ha contribuito in modo irreversibile a cambiare il volto della cucina italiana, arricchendola e facendone una delle migliori espressioni gastronomiche del pianeta.
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L’inventore Pellegrino Artusi
La cucina italiana si è sviluppata dunque attraverso secoli di cambiamenti politici e sociali. È stata influenzata dalla cucina dell’antica Grecia, dell’antica Roma, da quella bizantina, ebraica, araba, normanna, francese, spagnola, slava e austroungarica. Il merito di aver contribuito alla creazione del repertorio di un’unica cucina nazionale, quella italiana, è attribuito allo scrittore e gastronomo Pellegrino Artusi. Nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene, pubblicato per la prima volta nel 1891, Artusi pensò di mettere insieme in un unico puzzle i diversi tasselli delle tradizioni gastronomiche dei Regni di Sardegna, di Sicilia e di Napoli, del Granducato di Toscana, delle Repubbliche di Genova e Venezia oltre a tutta quella costellazione di Stati e staterelli “minori”.
Tag: Pellegrino Artusi, Radici in cucinaL’articolo prosegue su Civiltà del bere 2/2019 . Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com
© Riproduzione riservata - 04/06/2019