In Italia In Italia Elena Erlicher

Incontri Rotaliani, Teroldego ed Etna idealmente uniti

Incontri Rotaliani, Teroldego ed Etna idealmente uniti

La terza edizione della manifestazione del principe dei rossi trentini apre le porte ai vini del vulcano. Più di 700 presenze per due giorni di convegni, masterclass e walk-around tasting. I punti in comune e le differenze di due territori di montagna.

Dopo essersi confrontata con i territori del mondo (Borgogna e Rioja), Incontri Rotaliani volge lo sguardo alla nostra Penisola e si misura, in questa terza edizione, con i vini dell’Etna. La manifestazione biennale trentina, che ogni due anni ospita un’area vitivinicola in uno stimolante gemellaggio, ha analizzato questa volta in parallelo le viticolture di due territori di montagna. L’evento diffuso tra i comuni di Mezzocorona, Mezzolombardo e San Michele all’Adige (Trento) ha riunito più di 700 professionisti e appassionati, che tra il 5 e 6 novembre si sono alternati tra due convegni, sei masterclass e due walk-around tasting, dove sono stati proposti in degustazione 50 vini e distillati da 25 aziende.

Una contaminazione che aiuta a crescere

«È bello essere qui insieme e condividere la passione che anima i nostri due territori», ha dichiarato Daniela Finardi, presidente del Consorzio Turistico Piana Rotaliana Königsberg, che ha organizzato la manifestazione con Apt Dolomiti Paganella, in collaborazione con l’associazione culturale Alteritas Trentino. «Questi “viaggi”, idealmente fatti a ogni edizione, sono un passo di crescita e sviluppo del nostro territorio alla scoperta di cosa c’è dietro il mondo del vino». «La Piana Rotaliana ha avuto il coraggio di aprirsi al mondo», ha commentato Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, media partner dell’evento. «Siamo in un fazzoletto di terra da 450 ettari vitati (quelli a Doc) che ci ha visto lungo e sta cavalcando il proprio desiderio di contaminazione con altri territori».

La ricerca dell’identità

Per conoscere e inquadrare i contesti in cui ci si è mossi nei due giorni di Incontri Rotaliani, sono stati invitati tre autori esperti (qui il link per la visione completa). «Il Teroldego è esso stesso frutto di contaminazioni», ha ricordato Nereo Pederzolli, autore di Raccontare il Trentino del vino (con Attilio Scienza e Rosa Roncador), «arrivato per vie misteriose dal Sud lungo il corso dell’Adige, insediatosi nel Campo Rotaliano e trovando qui un habitat preciso». La sfida, provocatoriamente lanciata dal giornalista e accolta oggi da altri studiosi e produttori, consiste in un cambio di nome, come “Rotaliano da uve Teroldego”, dove il territorio prenda il sopravvento sul vitigno. «Abbiamo poca consapevolezza del valore del nostro territorio. Bisogna invece cercare di sposare concetti come identità e unicità, cui si lega quello di esclusività del vino. In Trentino forse paghiamo lo scotto della dicotomia tra cooperazione e azienda privata».

Etna, la Borgogna del Sud

È questo che impedisce alla Piana Rotaliana di fare il salto che invece ha fatto un’altra area viticola come l’Etna, che in 20 anni è più che raddoppiata, passando da 600 a quasi 1.300 ettari vitati? «Chiamata la Borgogna del Sud, l’Etna ha conosciuto una crescita che non ha eguali», ha spiegato Massimo Zanichelli, autore di I quattro elementi del vino italiano. La montagna, «grazie a tre personalità dirompenti giunte da fuori, come Andrea Franchetti, Marc De Grazia (Tenuta delle Terre Nere) e Frank Cornelissen, e a realtà storiche autoctone come Murgo e Benanti, che da subito hanno creduto nel valore della loro terra».
La Borgogna, ospite della prima edizione di Incontri Rotaliani, è tornata anche quest’anno con un approfondimento a cura di Giampaolo Gravina. «Il cambiamento climatico spinge a ripensare una zona di pregio come questa», ha detto l’autore di Vini e terre di Borgogna (con Camillo Favaro). «In futuro un Premier Cru come Montrachet potrebbe non essere più tale. La Borgogna andrebbe ripensata partendo dalle zone oggi considerate più marginali, ma che domani si potrebbero rivelare straordinarie». Alla manifestazione era presente anche una delegazione dalla Borgogna con Catherine Girard, sindaco di Sampigny-Lès-Maranges (Premier Cru Maranges), e Bertrand Gauvrit, direttore dell’associazione Les Climats du vignoble de Bourgogne.

Terre di metamorfosi

Gli aspetti geomorfologici ed enologici della Piana Rotaliana e dell’Etna sono stati al centro del dibattito del secondo giorno alla Fondazione Mach di San Michele all’Adige (per la visione completa www.youtube.com/watch?v=uABcLvOLidM). Mentre in Piana Rotaliana la ricerca scientifica è in fase avanzata, «sull’Etna si è ancora agli albori», ha dichiarato Calogero Statella di Tenuta delle Terre Nere, «ma il desiderio è quello di proseguire il progetto di zonazione iniziato nel 2009. E ora per noi è iniziato anche il percorso per il riconoscimento della Docg».
Entrambe le zone, Piana Rotaliana ed Etna, sono contraddistinte da una grande variabilità. «Il clima della Piana Rotaliana è definito dall’andamento orografico simile alla dolina (cioè una conca chiusa)», ha spiegato Marco Stefanini di Fondazione E. Mach, «dove l’aria discende dalle montagne e dalla Val di Non, evitando stress alla pianta e temperature eccessive. I suoli di origine fluviale sono differenti tra Mezzolombardo, con presenza maggiore di sabbie o ciottoli, e Mezzocorona con terreni più drenanti e suscettibili alla siccità. Così come cambia anche l’insolazione: al mattino a Mezzolombardo, al pomeriggio a Mezzocorona».

I parametri in comune

«A causa delle continue eruzioni (solo nel 2021 ce ne sono state 51) e del materiale trasportato dal vento, i versanti dell’Etna hanno una morfologia assai differenziata», ha spiegato Giovanni Marletta di Benanti, «l’influenza del clima, differente tra un versante e l’altro, rende anche i vini molto diversi tra loro. Mentre il Nerello Mascalese si esprime meglio a nord, il Carricante trova il suo habitat ideale a est».
Da uno studio sulla variabilità dei parametri chimici dei vini (Giacosa et al., Food Research International 143, 2021), riportato da Fulvio Mattivi di Fondazione Mach, «Teroldego e Nerello Mascalese condividono vari aspetti: tendono ad avere un grado alcolico equilibrato e omogeneo, valori intermedi di estratto secco e acidità, valori alti di pH. Hanno anche un peso del tannino simile, ma i contenuti di tannino sono maggiori nel Nerello Mascalese; mentre nel Teroldego domina l’astringenza».

Incontri Rotaliani
Alessandro Torcoli di Civiltà del bere e Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio Etna Doc © N. Cagol

LE MASTERCLASS

Ad approfondire la conoscenza dei territori protagonisti della manifestazione ci hanno pensato le sei masterclass condotte da opinion leader del mondo enologico. Le prime tre si sono svolte a Cantina Martinelli di Mezzocorona, le altre tre alla Biblioteca intercomunale di Mezzolombardo.

Teroldego Rotaliano e Etna si incontrano

Dapprima abbiamo assaggiato in anteprima 7 Riserve di Teroldego Rotaliano Doc, che devono invecchiare per almeno 2 anni. Guidati da Stefania Vinciguerra, caporedattore di Doctor Wine, siamo passati dalla più fredda e quantitativamente esigua annata 2021, con Dorigati e Mezzacorona, alla più calda ma piovosa 2020, con Cantina Rotaliana, De Vigili ed Endrizzi, per finire con la più tardiva 2019, con Zeni Roberto ed Endrizzi Elio e F.lli. I vini, pur nella differenza di stili (e di prezzi, che vanno dai 12 ai 40 euro), si sono dimostrati ancora freschi e dal sorso teso con tannini ben integrati, lasciando presagire la loro ottima potenzialità d’invecchiamento.

Con Cristina Mercuri, wine educator e candidata MW, abbiamo osservato le “Geometrie variabili” della Piana Rotaliana e dell’Etna. La prima paragonata a una sfera, per l’avvolgenza e l’accoglienza al palato dei suoi vini, qui rappresentati dai campioni di Breccia, De Vescovi Ulzbach, Redondel e Foradori. E “A Muntagna” equiparata a un cono, non tanto per la sua forma, ma per la pungenza (sulla cima) e la gentilezza (alle pendici) dei Nerello Mascalese di Tenuta delle Terre Nere, Passopisciaro – Vini Franchetti, Barone di Villagrande e Masseria Setteporte, «che si distinguono per la loro grazia “allungata”».

Cosa accade una volta che le uve Teroldego e Nerello Mascalese hanno dato vita al vino lo abbiamo scoperto con l’esperto di spirits Fiorenzo Detti, relatore Ais, che ci ha portati a scoprire l’arte della distillazione: discontinua con alambicco a bagnomaria e vinacce di Teroldego, nel caso della grappa trentina; sottovuoto con alambicco a sette colonne e vinacce di vitigni autoctoni, per quella siciliana. Dalle giovani (Distillerie Trentine e Distilleria Russo Siciliano da vinacce di Nerello Mascalese) alle invecchiate almeno 12 mesi in barrique (Bertagnolli e Distillerie Russo Siciliano da Nero d’Avola), fino alle Riserva con almeno 18 mesi in barrique (Stravecchia 2016 di Villa De Varda e Pini Pieno Grado di Zeni Roberto), tutte le grappe erano accomunate da grande eleganza e freschezza degli aromi tipici

A ciascuno il suo palcoscenico

Adua Villa, narratrice digitale e sommelier, ha presentato i 7 Teroldego vincitori del VI Concorso Vini Territorio di Fondazione Mach: Teroldego di Endrizzi Elio e F.lli, Teroldigo di Fedrizzi Cipriano, Castel Firmian Riserva di Mezzacorona, Lealbere di Zeni Roberto, Diedri Riserva di Dorigati, Vigilius di De Vescovi Ulzbach e Clesurae di Cantina Rotaliana, tutti annata 2020. Alla ricerca di un filo conduttore nel racconto dei vini degustati, «alcuni dei quali hanno evidenziato una chiara espressione del territorio, abbiamo intrapreso un percorso di piacevolezza, dalle interpretazioni più immediate e di grande bevibilità a quelle più intense e profonde», ha concluso Adua Villa.

Dal Campo Rotaliano siamo saliti sul vulcano siciliano con Alessandro Torcoli di Civiltà del bere e Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio Etna Doc, che hanno illustrato le peculiarità aromatiche e pedoclimatiche dei diversi versanti e contrade di provenienza dei 7 vini in degustazione. Da nord e nord-est, da suoli più antichi, profondi e fertili, arrivano i rossi Contrada Dafara Galluzzo di Benanti, San Lorenzo di Girolamo Russo, Moganazzi di Tenuta delle Terre Nere, Chiappemacine di Franchetti – Passopisciaro e Arcurìa di Graci. Dal piovoso est, da suoli più giovani, profondi, sabbiosi, proviene il bianco Contrada Villagrande di Barone di Villagrande. Dall’estremità calda e siccitosa a sud-ovest, da suoli più grossolani e meno fertili, giunge il bianco di Masseria Setteporte a Biancavilla.

Il giornalista enogastronomico Aldo Fiordelli ha condotto un “testa a testa” tra Teroldego ed Etna della stessa annata, la 2020, dall’andamento regolare, con primavera soleggiata, estate senza picchi e un autunno fresco, con qualche pioggia in vendemmia sul vulcano. Le differenze si colgono fin dal colore degli 8 vini proposti: cardinalizio porpora per i primi 4 Teroldego (Martinelli, De Vigili, Endrizzi e Donati Marco), rosso scarico, a ricordare il Nebbiolo o il Pinot nero, per gli altri 4 Etna da Nerello Mascalese (Benanti, Graci, Tenuta delle Terre nere e Girolamo Russo). Anche gli stili sono lontani con «i Teroldego che evidenziano un ingresso in bocca più rilassato e un’ottima acidità che arriva in progressione, e gli Etna dall’acidità impattante, più tartarica, percepita all’inizio del palato, e un tannino dalla texture quasi sabbiosa».

I produttori del Campo Rotaliano

Breccia
De Vescovi Ulzbach
De Vigili
Donati Marco
Dorigati
Endrizzi
Endrizzi Elio e F.lli
Fedrizzi Cipriano
Foradori
Martinelli
Mezzacorona
Redondèl
Rotaliana
Zeni Roberto

Le distillerie

Bertagnolli
Distillerie Trentine
Villa de Varda 

… e quelli dell’Etna

Barone di Villagrande
Benanti
Graci
Masseria Setteporte
Passopisciaro –  Vini Franchetti
Girolamo Russo
Terre Nere

La distilleria

Distilleria Russo 

Foto di apertura: sei masterclass di approfondimento sono state condotte da opinon leader
del settore © N. Cagol

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© Riproduzione riservata - 16/11/2023

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