In Georgia anche i viticoltori protestano
In un quadro politico molto complicato e dopo l’annuncio della sospensione dei colloqui con Bruxelles, anche i produttori di vino alzano la voce. Al centro delle contestazioni alcuni provvedimenti che potrebbero frenare la crescita del settore, negli ultimi anni sempre più orientato verso l’Europa e gli Stati Uniti e non solo allo storico mercato russo.
Per approfondimenti: Jancis Robinson, The New York Times, Georgian Wine, Meininger’s International e The drinks business
Dopo le ultime elezioni e l’annuncio della sospensione dei colloqui con Bruxelles, in Georgia sono scoppiate numerose proteste. Coinvolti anche i produttori di vino, protagonisti di un settore in crescita che da alcuni anni ha intensificato le esportazioni verso l’Europa e gli Stati Uniti, in parte slegandosi dal principale mercato storico, ovvero la Russia. Se, però, la Georgia non continuerà il suo percorso verso l’adesione all’Ue, diventerà molto più difficile per i produttori locali esportare vino verso Occidente.
Un Paese in bilico tra la Russia e l’Occidente
Da quando, nel 1991, la Georgia ottenne l’indipendenza dall’Unione Sovietica, il Paese iniziò a cercare l’integrazione europea. Il lungo cammino ancora oggi sostenuto dalla maggior parte dei georgiani (secondo i sondaggi oltre l’80%) ha, però, subìto una brusca frenata dopo le elezioni dello scorso ottobre e la vittoria del partito filorusso e anti-occidentale Sogno Georgiano – fondato da Bidzina Ivanishvili, la persona più ricca della Georgia, che ha fatto la sua fortuna in Russia – a cui si aggiunge la recente elezione del presidente Mikheil Kavelashvili, ex calciatore e sostenitore di Putin, nonché unico candidato a sostituzione del capo di Stato uscente, ovvero l’europeista Salomé Zourabichvili. Da allora, sono iniziate pesanti proteste che coinvolgono anche una delle principali produzioni della Georgia: il vino.
Una storia millenaria a rischio
Secondo Tina Kezeli, responsabile della Georgian Wine Association: «Si tratta di una vera rivolta popolare contro una brutale violazione dei diritti umani. La Georgia ha creato la cultura del vino e l’ha condivisa con il mondo, ma ora viene repressa per via del suo amore per la libertà». Queste ultime elezioni rischiano, infatti, di vanificare tutti gli sforzi fatti negli ultimi trent’anni per rimettere la Georgia e la sua storia vitivinicola millenaria sulla mappa mondiale del vino. Quando la Russia, dal 2006 al 2013, aveva vietato le importazioni di vino georgiano per il deterioramento delle relazioni tra il Cremlino e un nuovo governo filo-occidentale a Tbilisi, molti produttori hanno lavorato duramente per migliorare la qualità dei loro vini iniziando a esportare nell’Ue, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, arrivando anche a ottenere importanti risultati (Jancis Robinson).
L’importanza del mercato occidentale
A oggi, il 66% dell’export – per la maggior parte vino dolce e di produzione industriale – è ancora rivolto verso la Russia, che compra a prezzi inferiori alla media (come mostra il grafico di American Association of Wine Economists), ma i mercati occidentali rappresentano l’opportunità per i produttori più piccoli e giovani di rompere questa dipendenza concentrandosi sulla qualità a prezzi più alti (The New York Times). Inoltre, l’apprezzamento dei vini georgiani è cresciuto esponenzialmente: era, per esempio, di luglio la notizia sulle vendite da record di etichette provenienti dalla Georgia nel Regno Unito e il loro successo nei principali concorsi enologici (Georgian Wine).
«Il Sogno Georgiano è diventato un incubo»
Così descrive la situazione in Georgia il giornalista Robert Joseph, che su Meininger’s International ha raccontato le proteste in corso «contro un’elezione presumibilmente truccata». Durante il suo viaggio a Tbilisi, Joseph ha potuto constatare come la maggior parte dei professionisti del vino rifletta i sondaggi di opinione che hanno costantemente mostrato lo sguardo verso ovest. D’altronde: «il vino ha fatto un ottimo lavoro nell’introdurre la Georgia al resto del mondo», commenta il giornalista. Che continua: «I produttori stanno lavorando duramente per attrarre interesse sui vini prodotti nei qvevri (le grandi anfore interrate, ndr) e per ridurre la dipendenza dalle vendite in Russia. L’adesione all’Ue aveva lo scopo di aiutare questo processo e ridurre i costi di trasporto e burocrazia. Lo stop proposto dal nuovo partito al governo (…) sarà un problema per gli amanti del vino in tutto il mondo».
Un’annata 2024 eccezionale
Per giunta, l’annata 2024 caratterizzata da una produzione globale che ha toccato minimi storici, ha visto la Georgia andare in controtendenza superando del +20% la media quinquennale e del+ 27% la 2023, segnata da perdite significative dovute alla grandine. Intervistata da The drinks business Sarah Abbott MW, direttrice del piano promozionale Georgian Wine UK per conto della Georgian National Wine Agency, ha affermato: «Quest’anno la Georgia ha prodotto una qualità eccezionale, in particolare per quanto riguarda il vitigno Saperavi».
Foto di apertura: veduta di Tbilisi, la capitale della Georgia © D. Arslanbekov – Unsplash
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